LUCA GOLDONI
C’era proprio bisogno di introdurre nelle scuole questa nuova materia d’insegnamento? Non sarebbe stato meglio potenziare lezioni ridotte al lumicino come quelle di musica e storia dell’arte? Con chi ce l’ha, nel suo articolo sul Corriere della sera, lamia amica e collega Isabella Bossi Fedrigotti? Basta leggere le prime righe per scoprire qual è l’esperimento pedagogico introdotto in alcune scuole italiane: «Trovare tempo e spazio per insegnare agli scolaretti la caccia, con l’aiuto di fucili veri e poveri simulacri di animali imbalsamati e polverosi, neanche si trattasse di una conoscenza fondamentale per l’intera
società? Non sarebbe più utile, tanto per dire, un ciclo di lezioni sul pronto soccorso?». Concordo in pieno con lo stupore risentito di Isabella: insegnare ai ragazzini come si spara correttamente alle allodole mi sembra più un soggetto da vignetta satirica che un programma scolastico. Non amo la caccia e se non ne scrivo mai è per risparmiare un ulteriore motivo di lite furibonda a questo paese sempre fulmineo nel dividersi su tutto, panettone o pandoro, Salvini o Di Maio, sci o snowboard, ragù o aglio olio e peperoncino, ecc. Ho una buona mira ma sparo soltanto – su suggerimento delle guardie ecologiche – alle processionarie, quei grossi bruchi che divorano gli alberi. Non amo la caccia, dicevo, ma ho tanti amici cacciatori. Il segreto è firmare un armistizio. Per esempio, io ascolto i loro racconti nell’aspetto romantico-pittoresco (le lunghe attese dell’alba in botte fra i canneti alla foce del Po, riconoscendo nel buio del cielo le specie di uccelli dal frullo delle ali). Loro in cambio si lasciano bonariamente sfottere per la scelta dell’abbigliamento. Non c’è categoria che, come cacciatori, ami travestirsi da paradadutisi o incursori con tutamimetica e giaccone centotasche.
Strano. Non devono difendersi da lepri feroci o fagiani sanguinari, ma piuttosto dalle fucilate di colleghi precipitosi e distratti. E allorami chiedo perché, invece di mimetizzarsi, non si rendono vistosamente riconoscibili indossando i corsetti fosforescenti dell’Anas?