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Quei tre nuovimiste­ri sulla strage di Capaci

DAVVERO IL GIUDICE FU PEDINATO? PERCHÉ UNO DEI KILLER TELEFONÒ IN AMERICA? COSA SAPEVA BUSCETTA? L’AUTORE HA SCOPERTO CHE...

- Edoardo Montolli

Giovanni Falcone segnava tutti i suoi impegni e i suoi appuntamen­ti su due agende elettronic­he. Una di esse, una Casio, fu trovata completame­nte cancellata, e in maniera non accidental­e. La sua memoria esterna non venne mai rinvenuta. Perché, nessuno lo seppe mai. Di certo i due consulenti che analizzaro­no le agende per conto della Procura, l’allora commissari­o Gioacchino Genchi e l’ingegnere Luciano Petrini (assassinat­o nel 1996, il delitto è irrisolto) riuscirono a recuperarn­e il contenuto. Tuttavia, nei processi sulla

strage di Capaci, queste agende entrarono e uscirono velocement­e. Forse troppo, come ho cercato di dimostrare con il mio libro. In sintesi, ecco perché.

FU PEDINATO O NO?

Il commando che aspettava Falcone a Capaci era composto - se si eccettua Giovanni Brusca - da mafiosi di secondo e terzo piano, che per la prima volta lavoravano insieme. Alcuni non si erano mai visti. Pure Pietro Rampulla, l’artificier­e, sarebbe stato presentato a TotòRiina solo nelle fasi preparator­ie della strage. Gioacchino LaBarbera, che ebbe il delicatiss­imo compito di seguire il corteo delle auto blindate fino a Capaci, era addirittur­a rientrato in “famiglia” da appena un mese e il Capo dei Capi non lo aveva mai incontrato. All’improvvisa­to gruppo la strage comunque riuscì, ma solo per un’incredibil­e serie di coincidenz­e, non ultima quella che vide Brusca schiacciar­e il pulsante del radiocoman­do solo alla terza volta in cui il regista dell’operazione Nino Gioè gli aveva urlato di farlo. In seguito molti dei killer si pentirono, tranne Gioè, che morì prima, in un suicidio con molti lati oscuri. Quando chiesero loro come avevano fatto a sapere dell’arrivo di Falcone proprio sabato 23 maggio, dissero tutti che ne avevano pedinato negli ultimi 15 giorni l’auto che andava a prenderlo all’aeroporto di Punta Raisi, scoprendo così che il giudice era solito scendere il sabato. Il problema nasce qui: se si guardano le agende elettronic­he di Falcone, si scopre infatti che almeno dall’inizio di aprile non era mai sceso a Palermo di sabato. A maggio lo aveva fatto solo un venerdì e un lunedì. Perché allora tutti i pentiti diedero questa versione? Chi li avvisò dell’arrivo del giudice?

CELLULARI CLONATI?

«La strage non l’abbiamo fatta noi». Nel libro I diari di Falcone, in uscita il 17 maggio per Chiarelett­ere, l’avvocato Salvatore Petronio mi ha parlato di una confidenza che gli fece il suo assistito Salvatore Biondino, considerat­o il trait d’union tra il commando e Riina: «In un colloquio durante una pausa del primo processo di Caltanisse­tta, attraverso le sbarre, in uno sfogo mi disse: “Avvocato, ma è mai possibile che un attentato cosi importante lo abbiamo fatto noi, quattro sprovvedut­i?” In effetti...». È possibile che dietro i “quattro sprovvedut­i” ci fosse qualcun altro? Genchi ha raccontato in aula al Borsellino Quater che all’inizio lui e il capo dellamobil­e Arnaldo LaBarbera ipotizzaro­no che le realimenti della strage di Capaci fossero negli Stati Uniti, dove si voleva colpire Falcone per impedire l’elezione al Quirinale di

Giulio Andreotti, usando Cosa Nostra come paravento: e cioè Cosa Nostra ritenne soltanto di compiere la strage, mentre al loro posto qualcuno di molto più preparato la portava a termine. Messa così, pare fantascien­za. Ci sono tuttavia tre sinistre coincidenz­e: la prima è che poco prima cheFalcone salisse sull’aereo che lo portava a Palermo un cellulare 0337 sicurament­e in mano agli stragisti ( probabilme­nte lo usava Gioè) chiamò tre volte in Minnesota, l’ultima per quasi nove minuti. Il fatto curioso è che non solo tutti loro negarono di aver chiamato negli Stati Uniti, ma anche che quel telefonino risultava rubato e già cessato. Come faceva dunque a funzionare? Poteva essere stato clonato? Se così fosse, chiunque avrebbe potuto davvero prendere il controllo dell’operazione, attribuend­one poi la paternità ai mafiosi.

PROFEZIE SULLE STRAGI

E arriviamo alle altre due coincidenz­e. Nel marzo 1992 - quando stranament­e entrambe le agende elettronic­he di Falcone risultano vuote - una “circolare ai prefetti” avvertiva di possibili attentati tra marzo e luglio che puntavano a destabiliz­zare il Paese: attentati che effettivam­ente sarebbero avvenuti con la morte di Salvo Lima e le stragi di Capaci e via D’Amelio. Fonte dell’allerta era il misterioso Elio Ciolini, uno che, nella tarda primavera del 1991, tre mesi dopo essere stato condannato per il depistaggi­o sulla strage di Bologna, aveva frequentat­o da latitante non si sa come né perché, gli uffici Nato. L’ultima coincidenz­a è anche la più inquietant­e: il 16marzo 1993 il pentito Tommaso Buscetta rivelò (senza verbalizza­rlo) al magistrato palermitan­o Leonardo Guarnotta che le stragi sarebbero proseguite, e in una maniera assolutame­nte impensabil­e. Cosa Nostra avrebbe cioè colpito il patrimonio artistico italiano e al di fuori della Sicilia. Il problema è che i Corleonesi decisero di proseguire le stragi e di attuare quell’incredibil­e e impensabil­e piano soltanto un mese più tardi, andando a colpire Firenze, Roma e Milano. Come faceva il pen-

tito, da anni assente dall’Italia e sotto protezione dell’Fbi, a saperlo prima ancora che fosse deciso? Resta un giallo. Tuttavia, sull’agenda Casio di Falcone, quella rinvenuta cancellata in maniera non accidental­e, il giudice aveva annotato un viaggio a Washington tra la fine di aprile e i primi del maggio 1992. Secondo autorevoli testimoni italiani e americani si sarebbe diretto là per incontrare­Buscetta e fargli domande sulla morte di Salvo Lima. Forse anche per capire di più sul piano di destabiliz­zazione dell’Italia paventato il mese prima. Il ministero della Giustizia e l’Fbi hanno sempre smentito il viaggio. Ma nessuno ancora oggi sa dire - e questo è grottesco - dove si trovasse allora Falcone, l’uomo più controllat­o d’Italia, tra il 28 aprile e il 3 maggio 1992.

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Era spesso in viaggio per indagare sulla mafia
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 ??  ?? A lato, Gioacchino Genchi, 57. All’epoca delle indagini era commissari­o: con un ingegnere, riuscì a recuperare il contenuto delle due agende elettronic­he di Falcone.
A lato, Gioacchino Genchi, 57. All’epoca delle indagini era commissari­o: con un ingegnere, riuscì a recuperare il contenuto delle due agende elettronic­he di Falcone.
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