Oggi

Se la donna è un oggetto da possedere e distrugger­e

LA TRAGEDIA DI PAMELA MASTROPIET­RO MOSTRA IL LATO PIÙ FEROCE DELLA VIOLENZA

- Giulia Bongiorno

Ho seguito la vicenda della ragazza uccisa e poi fatta a pezzi, ritrovati in due valigie abbandonat­e per strada. Mi ha turbato perché credevo che certe cose succedesse­ro soltanto nei film dell’orrore.

Si sono tenuti a Roma i funerali di Pamela Mastropiet­ro, la diciottenn­e il cui cadavere era stato ritrovato a pezzi nelle campagne di Pollenza (Macerata), lo scorso 30 gennaio. Secondo la Procura della Repubblica di Macerata, Pamela - tossicodip­endente - sarebbe stata violentata dal nigeriano Innocent Oseghale mentre era in condizioni fisiche menomate per avere assunto eroina. I risultati degli esami del Ris hanno evidenziat­o un rapporto sessuale completo tra i due, ma il gip di Macerata ha ritenuto che non vi fossero gravi indizi di colpevolez­za per l’accusa di violenza, ipotizzand­o che tra loro si fosse creato un “clima amicale”. Per la Procura, invece, l’accusa di abuso sessuale sarebbe avvalorata dalla “cura maniacale” con cui Oseghale ha cercato di far sparire le tracce del rapporto violento, lavando il cadavere con la candeggina e asportando gli organi genitali. Su diversi elementi, dunque, non vi è ancora certezza: c’è stato anche chi - forse per tranquilli­zzare la comunità, o forse per non alimentare polemi- che sull’immigrazio­ne clandestin­a - ha tentato di far risalire la morte di Pamela Mastropiet­ro a un’overdose. Io sono dell’idea che, se da un lato non bisogna alimentare il razzismo, dall’altro - di fronte a un problema drammatico come la violenza sulle

donne - sarebbe sbagliato fingere di non vedere o analizzare i dati con superficia­lità. Il caso di Pamela Mastropiet­ro impone una riflession­e anche sulle diverse forme che la violenza può assumere: al di là dei tratti comuni, ogni cultura ha infatti modi peculiari di esprimerla. Pamela forse è stata stuprata, ma di certo sul suo cadavere ci si è accaniti con una crudeltà inimmagina­bile: è stata scuoiata, scarnifica­ta e smembrata in una specie di esecuzione rituale; quel che è peggio, tra il nigeriano indagato insieme a Oseghale e il suo compagno di cella è stata intercetta­ta una conversazi­one in cui i due parlano tranquilla­mente di comeOsegha­le avrebbe potuto fare sparire il corpo, accennando a modalità orripilant­i, cannibalis­mo incluso. Ho sempre detto che non ha senso classifica­re le violenze in base all’efferatezz­a o allemotiva­zioni, che sono tutte ugualmente gravi e da condannare senza distinzion­i; di certo, però, lo scempio è per noi una forma di violenza particolar­e e nuova. Proprio due settimane fa avevamo scritto di Sana Cheema, lagiovane di origini pakistane residente a Brescia, uccisa perché amava un ragazzo italiano. Queste notizie provocano in noi una specie di cortocircu­ito: vediamo accadere nel nostro Paese violenze di un’efferatezz­a per noi “esotica”, e altre che ci riprecipit­ano in un passato oscuro dal quale credevamo di esserci affrancati. Le une e le altre ci disorienta­no e ci sconvolgon­o perché forte e netta si avverte in esse la ferocia dell’uomo che si sente onnipotent­e e crede di poter non solo dominare ma addirittur­a annientare - distruggen­dola - una donna.

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Sopra, la bresciana Sana Cheema, uccisa dai familiari in Pakistan: aveva rifiutato un matrimonio combinato.

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