EDITORIALE
LAPOLITICA È IN STATODI TOTALE CONFUSIONE. A NOINONRESTACHEDISTRARCI UN PO’...
Alcuni lettori mi hanno scritto per chiedermi come mai ci occupiamo poco di politica, limitandoci il più delle volte alle notizie essenziali, tipo cade il governo, si dimette Renzi, chi ha vinto le elezioni. Una prima risposta sta proprio in quelle «notizie essenziali», che poi, a ben guardare, saranno pure essenziali ma tanto «notizie» non sono. Prendete il governo Gentiloni: è dal dicembre scorso, quando il capo dello Stato ha sciolto le Camere, che di fatto l’esecutivo non c’è più. Eppure, dopo cinque mesi, Gentiloni e i suoi ministri sono ancora lì, a «sbrigare gli affari correnti», in attesa della faticosissima nascita del governo grillo-leghista o di nuove elezioni in estate (mentre scrivo è tutto in altomare). Quanto a Renzi, si è dimesso addirittura due volte da segretario delPd (dopo il referendumedopo le elezioni), ma è ancora lui a tenere in mano il pallino: cioè, si è dimesso o non si è dimesso? Boh. E le elezioni chi le ha vinte? DiMaio? Salvini? Salvini più Berlusconi? Di sicuro si sa soltanto chi le ha perse.
Insomma, è tutto così complicato… Che invidia per gli americani e i francesi! Vanno alle urne, votano e il giorno dopo hanno un capo, il quale, bello o brutto che sia, resterà in carica rispettivamente quattro e cinque anni. Stop, fine dei giochi, nessunamelina, niente incarichi esplorativi, governi neutrali, contratti, corteggiamenti, veti, trattative sfibranti. Per questo, per semplificarci la vita, eravamo favorevoli al famoso referendumcostituzionale del 4 dicembre 2016, che aveva il principale difetto di essere stato proposto daRenzima ci avrebbe regalato qualche certezza. Invece niente: abbiamo la legge elettorale (inventata dal Pd!) più idiota delmondo occidentale e ora ci dobbiamo sorbire esasperanti balletti sul «toto-nomi», il «toto-temi» (copyright Di Maio) e il «toto-cose» (Salvini).
Poi, certo, Oggi ha circa 2 milioni di lettori, e tra loro (tra voi) ci sono grillini, leghisti, berlusconiani, meloniani, piddini, radicali e leuisti (si dirà così?). Le idee di ciascuno vanno rispettate, ma in questo clima di intolleranza generalizzata sembra diventato impossibile perfino discuterle. Così, se scrivo che il reddito di cittadinanza è una bufala colossale si arrabbiano gli elettori pentastellati. Se dico che l’«invasione dei migranti» è una balla, un fenomeno reale ma gonfiato per acchiappare voti, si inviperiscono i salviniani. E se sostengo che la sinistra è morta e sepolta si imbizzarriscono quelli del Partito democratico (anzi, no, scusate, loro no: si trovano momentaneamente in catalessi).
C’è anche, in questo particolare periodo, un problema di tempistica: i leader in campo sembrano cambiare idea a ogni stormir di fronda, e non è facile seguire i loro percorsi mentali. Per cui, chi è chiamato a fare informazione rischia sempre di trovarsi un passo indietro. Quotidiani e tg annunciano che basta, non c’è accordo, si ri-vota il 22 luglio, e la mattina dopo ci si sveglia conDiMaio e Salvini che amoreggiano, salvo poi chiedere altro tempo e separarsi di nuovo. Un giorno il premier è Luigino, il giorno dopoMatteuccio, e l’indomani ancora sbuca fuori il terzo uomo, che è Giulio Sapelli, ma anche no, siamo su Scherzi a parte. Intanto si ragiona di flat tax, che però tanto flat non sarà, anzi ci saranno due aliquote, o tre, ma dal 2019 oppure, chissà, dal 2020. E via così. Voi capite che non è semplice districarsi in questo caos: non ci riescono gli esperti, i politologi, gli osservatori e i giornalisti specializzati, non penserete seriamente che ce la possa fare io…
Io mi limito a sperare, tenendo le dita incrociate, che il primo governo populista dell’Occidente avanzato, nato dalle insofferenze, dalla rabbia e dai rancori di metà dell’elettorato italiano, tenga sempre conto che esiste anche l’altra metà, non faccia danni irreparabili (tipo uscire dall’euro o dallaNato) e ci regali un periodo se non di prosperità almeno di tranquillità. Francamente ne ho fin sopra i capelli di questo stato di tensione permanente. Von Clausewitz diceva che «la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi». Ecco, forse bisognerebbe spiegare ai nostri cari leader che non è vero il contrario. Li abbiamo votati per fare politica, cioè governare: che lo facciano, ci lascino in pace e ci permettano di distrarci un po’ con le nozze di Meghan, il Grande Fratello e la telenovela di Al Bano. (Al Bano premier? Sarebbe un’idea…).