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Sulletracc­edelCanaro­Unfilm riporta a galla il delitto del 1988

UN FILMDIMATT­EOGARRONE RIPORTA A GALLA UN DELITTODEL 1988 DI INAUDITA CRUDELTÀ. VIRACCONTI­AMOCOMEVIV­ECHI LOCOMMISEE­COSAPENSAN­ODILUI I VICINI DI IERI E DI OGGI

- di Marianna Aprile

Assolutame­nte no, grazie». Risponde così, con tono fermoma gentile, PietroDe Negri, quando gli chiediamo di raccontarc­i chi è e che fa oggi lui che per tutti e per sempre sarà Er Canaro dellaMagli­ana. Il nomignolo, tra dialetto e toponomast­ica, evoca uno dei fatti di cronaca più cruenti della storia d’Italia, l’omicidio dell’ex pugile dilettante Giancarlo Ricci nel negozio di toelettatu­ra per cani in via dellaMagli­ana 253L, a opera proprio di De Negri, il 18 febbraio 1988. Per quel delitto, Er Canaro è stato condannato a 24 anni (gli è stata riconosciu­ta la parziale infermità mentale), ne ha scontati 16 e nel 2005 è uscito per buona condotta, tornando a una vita anonima e tranquilla in una casa popolare gialla nel quartiere delQuartac­cio. Ma quando a 30 anni dal delitto Matteo Garrone decide di girare un film ispirato alla sua storia, Dogman (in sala dal 17 maggio), quella vita ha smesso di essere tranquilla, anche se cerca di restare anonima.

«È UN UOMO MITE»

Tutto comincia negli Anni 80 alla Magliana, ma la “banda” non c’entra. Giancarlo Ricci era il terrore del quartiere e lo è rimasto nei ricordi di chi ancora vive e lavora attorno al civico 253L. «Menava tutti, ma la vittima preferita era Er Canaro. Quando nun sapeva che fa’, je menava. Oppure prendeva la moto e puntava le vecchiette, frenava a un metro per spaventarl­e», raccontano. Lo temevano tutti, per l’arroganza e la gratuità delle sue angherie. Prima di esserne

il carnefice, insomma, De Negri fu vittima di Ricci. Di cocaina qui ne girava e se ne tirava tanta, il che non aiutava: «Pietro nun avrebbe fatto male a nessuno. Ma a ‘n certo punto nun je l’ha fatta più e l’ha ammazzato… stava gonfio de cocaina pure lui ». Il moto di rabbia e ribellione di unmite. Che come ogni esplosione parossisti­ca ha raggiunto vette di crudeltà di cui nessuno lo avrebbe mai ritenuto capace. Stando alla sua confession­e, De Negri attirò Ricci nel suo negozio, lo chiuse in una gabbia e lo torturò per

sette ore prima di portarlo in discarica e dargli fuoco. In realtà, perizie medico-legali dimostrera­nno che l’agonia di Ricci durò meno di un’ora, che le mutilazion­i gli furono inflitte tutte post mortem e che in quella gabbia non c’è mai entrato. Per qualcuno, le incongruen­ze sono la prova che De Negri ha sempre coperto i veri autori del delitto; per altri, a fargli dare quella confession­e sgangherat­a fu la cocaina assunta quella notte. In ogni caso, per la giustizia il colpevole è Er Canaro, che la galera l’ha fatta.

LA PASSIONE PER I PC

In carcere, De Negri tiene un profilo basso: fa volontaria­to coi detenuti malati di Aids, scrive lettere per quelli che non sanno farlo, studia informatic­a. Esce prima per buona condotta e torna nell’arido scacchiere di case gialle Anni 70 dove vive adesso, al Quartaccio. Qui, per descrivere Er Canaro di oggi usano le stesse parole di chi alla Magliana racconta Er Canaro di ieri: «Uno tranquillo, che je daresti da tene’ i figli, se lo vedessi nun lo diresti mai che è lui ». Vederlo però non è semplice. Esce poco, vive all’ultimo piano con la moglie, al bar non ci va, scende a comprare le sigarette, per fare due passi va fino al panettiere. O da qualche cliente, ora che ha iniziato a riparare computer a domicilio. La moglie Paola lavora, quindi è sua figlia che lo porta in ospedale per i controlli (non sta bene). Quella figlia che lo ha reso nonno e di cui De Negri ha sempre cercato di nascondere il vero nome. Una cortesia che anche i suoi vicini le usano, citandola ora come Erika, ora come

«LA SUA STORIA INSEGNA CHE UNA SECONDA POSSIBILIT­À C’È PER TUTTI

Giovanna. Non sono molti quelli che accettano di parlare. «Sono omertosi, perché la maggior parte delle case qui sono occupate. E poi ci sono i “siciliani”, un gruppo legato allamafia di giù ma anche ai Di Silvio, aiCasamoni­ca. Parlare con gli sconosciut­i non è cosa consigliat­a», dice un negoziante di zona. Dicono anche che Pietro eviti il passato in ogni modo: «Se qualcuno parla di carcere, si allontana. Quando uscì il libro con la storia sua (Fattacci, di Vincenzo Cerami, ndr), s’è arrabbiato molto. Diceva: “Ma come, io ho rifiutato un sacco de sòrdi pur di non raccontare, e poi questo ce scrive un libro?”. Però quando una, tramite un ragazzo che lavora qua vicino, gli ha chiesto di autografar­lo lui lo ha fatto. Di soldi è vero che ne ha rifiutati tanti, e dire che je sarebbero serviti… ». Pietro vorrebbe davvero poter dimenticar­e, nasconders­i in quella vita anonima che è la sola protezione che può dare a figlia e nipoti. «Peccato che nun se faccia conosce pe’ come è oggi. Sarebbe utile a un sacco di ragazzetti balordi di qua», confida un ragazzo del quartiere, che spiega: « È ‘na persona buona che a ‘n certo punto ha fatto ‘na cosa terìbbile, ma è rimasto ‘na persona buona. S’è fatto la galera e c’ha avuto un’altra possibilit­à. Me piacerebbe che facesse capi’ a tutti ‘sti ragazzi che se credono persi che una seconda possibilit­à nella vita c’è sempre ». Pure per Er Canaro. Cinema permettend­o.

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Sopra, Edoardo Pesce, 37 (a destra), nei panni della vittima Giancarlo Ricci (nel riquadro), con Fonte-De Negri nel film. VITTIMA E CARNEFICE
 ??  ?? De Negri al momento del suo arresto
De Negri al momento del suo arresto
 ??  ?? La scena del crimine: un negozio per cani
La scena del crimine: un negozio per cani
 ??  ?? A sinistra, il quartiere romano dove vive De Negri oggi. Sopra, l’annuncio con cui si offe per l’assistenza e la riparazion­e di computer a domicilio. «È solo uno dei lavori che fa per mantenere la sua famiglia», dicono. PER VIVERE RIPARA COMPUTER
A sinistra, il quartiere romano dove vive De Negri oggi. Sopra, l’annuncio con cui si offe per l’assistenza e la riparazion­e di computer a domicilio. «È solo uno dei lavori che fa per mantenere la sua famiglia», dicono. PER VIVERE RIPARA COMPUTER

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