Omeopatia La condanna dei medici
«I SUOI MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO SONO CONTRARI ALLE LEGGI DELLA FISICA E DELLA CHIMICA », H ASCRITTO. SUSCITANDOLA PROTESTA DEGLI OMEOPATIE IL PLAUSO DEGLI SCIENZIATI. ANCHE SE, ALMENO UNA VITA, QUELLE BOCCETTE L’HANNO SALVATA...
L’omeopatia? No grazie, è praticamente una bufala. «Allo stato attuale non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche secondo i canoni classici della ricerca scientifica», si legge sul sito di Fnomceo, cioè la Federazione degli ordini dei medici italiani, nella sezione ideata per confutare tutte le leggende metropolitane che circolano on line e potrebbero rappresentare un danno per la salute delle persone. E ancora: «I meccanismi di presunto funzionamento dei cosiddetti farmaci omeopatici sono contrari alle leggi della fisica e della chimica. Diversi studi condotti con una metodologia rigorosa hanno evidenziato che nessuna patologia ottiene miglioramenti o guarigioni grazie ai rimedi omeopatici. Nella migliore delle ipotesi gli effetti sono simili a quelli che si ottengono con un placebo, cioè somministrando una sostanza inerte». Parole come macigni: se non è un epitaffio sulla reputazione di chi pratica da decenni questo tipo di trattamento sanitario, poco ci manca. E infatti i diretti interessati si ribellano: «Tutte le società scientifiche italiane che si occupano di medicina non convenzionale ( e sono ben nove, ndr) manifestano assoluto dissenso inmerito a quanto pubblicato
sul sito della Federazione degli ordini dei medici, opera peraltro di sedicenti esperti. Non è vero che non esistono prove scientifiche a sostegno dell’efficacia dell’omeopatia, come dimostrano gli studi rintracciabili su PubMed ( una banca dati internazionale che comprende oltre 28 milioni di citazioni a uso della letteratura biomedica, ndr) e su numerose riviste scientifiche».
UNA SPECIE DI ERESIA
Uno a uno e palla al centro. Del resto, basta una semplice ricerca su Go- ogle per verificare che non c’è anno che la polemica tra sostenitori e detrattori dell’omeopatia non divampi con scambi al vetriolo. In pratica, la diatriba nacque nel momento stesso in cui, nel 1810, il medico tedesco Samuel Hahnemann presentò le sue tecniche teraupetiche alternative. Per la scienza, l’omeopatia non era e non è altro che una specie di eresia basata su principi inammissibili. Gli studi farmacologici che nel corso dei secoli hanno consentito di curare un gran numero di malattie, più che raddop- piando le aspettative di vita, si basano infatti sulla teoria della concentrazione del principio attivo: ogni specifico farmaco ha il suo; piùcen’èemaggiori sono gli effetti, finché, superata una certa soglia massima, cessano i benefici e le medicine diventano tossiche. Secondo le teorie omeopatiche è vero l’esatto contrario: più il principio attivo è diluito, cioè, meno ce n’è, e più il farmaco è efficace, producendo un specie di risveglio dell’organismo che combatte da solo la malattia. È tutta una questione di chimica. Lo
spiega bene il noto virologo Roberto Burioni, nel suo La congiura dei somari (Rizzoli): «Quando avete in mano un farmaco omeopatico a una diluizione 15CH (diluita 15 volte per 100 volte), per bere una singola molecola del prodotto originale dovreste ingurgitare un’intera piscina olimpionica da 50 metri. In realtà, le diluizioni omeopatiche sono in genere 30CH, il che richiederebbe la somministrazione di due miliardi di dosi al secondo a sei miliardi di pazienti per quattro miliardi di anni, perché un paziente riesca ad assumere almeno una molecola del principio attivo». Ma davvero i farmaci omeopatici sono acqua fresca? «Assolutamente sì, se si valutano secondo i dettami della farmacologia tradizionale», ci dice il dottor Mariano Marotta, presidente di Aio, Associazione italiana omeopatia. «Ma non sono questi i criteri per valutare oggettivamente l’efficacia delle terapie omeopatiche». «Un medico tradizionalista che parla di omeopatia è come un vegano che valuta una bistecca: non potrà che dirne peste e corna», ci dice il dottor Gino Santini, omeopata tra i più famosi, nipote di Antonio Santini, il medico messinese che introdusse in Italia questa pratica medica. «La realtà è più complessa. Intanto, va sottolineato che l’omeopatia non è unamedicina alternativa, semmai complementare. Si curano principalmente malattie croniche. Per esempio, le allergie: è chiaro che se un paziente viene dame con una crisi in atto io gli prescrivo un antistaminico tradizionale; passata la fase acuta, gli propongo però una terapia omeopatica che potrebbe ridurre intensità e frequenza delle crisi e, in alcuni casi, anche farle scomparire. Credo che serva un dibattito pacato, senza pregiudizi. Le statistiche dicono che gli italiani che si curano assiduamente con farmaci omeopatici sono 7 milioni, cioè oltre il 10 per cento, mentre 12 mila sono i medici regolarmente iscritti all’Ordine che prescrivono i piani terapeutici. Ci sarà unmotivo?». Comunque, riconoscono i critici, non è vero che l’omeopatianonèmai riuscita a salvare una vita umana: nel dicembre del 2009, la 23enne Alexa Ray, figlia del famoso cantante americano Billy Joel, tentò il suicidio bevendo un intero flacone di quello che credeva essere un barbiturico. Fu portata a sirene spiegate in ospedale e dimessa, in perfetta forma, due ore dopo. Aveva infatti ingurgitato un semplice farmaco omeopatico che non produce alcun tipo di effetto overdose e stava benone.