RIECCO IL VINO DELLA BIBBIA
ANTICHI SEMI, PRINCIPI KOSHER E IL LAVORO DEGLI ENOLOGI
Ritrovare i vitigni originali della Palestina, perché sulle tavole di Israele (e non solo) si possa bere il vino della Bibbia: questo è l’obiettivo a cui lavorano diversi enologi e botanici tra Galilea, Golan e deserto del Negev. Analizzano
antichi semi nei siti archeologici e cercano tra i vitigni autoctoni i più adatti a produrre vino, tentando di recuperare le colture che, per le vicende storiche del Paese, sono andate perdute. Se già Noè, circa 2.500 anni a.C. secondo la Genesi, assaporò il vino sul monte Ararat e lo gradì al punto da voler piantare una vigna,
con l’arrivo degli Arabi nel VII secolo la produzione si interruppe:
dato che il consumo di alcolici è proibito dal Corano, i vitigni da vino furono sradicati. Il Rinascimento enologico di Israele iniziò a fine Ottocento grazie al ricco barone
Edmond James de Rotshchild,
che costruì sul monte Carmelo quella che è ancora oggi la cantina più grande del Paese: coltivò vitigni europei
rispettando le regole della Torah.
Per esempio? L’uva può essere lavorata solo da ebrei osservanti, i vigneti devono riposare ogni sette anni, non possono essere impiegati lieviti di origine animale. E conformi ai dettami religiosi ( kosher) sono anche i primi vini da vitigni biblici: la ricerca dei semi antichi ha dato infatti i suoi primi frutti. Le uve (Hamdani e Jandali) sono state coltivate dalla RecanatiWinery, in Galilea, che ha iniziato la produzione dei primi vini salutati daimedia come “Vini della Bibbia”: il biancoMarawi e il rosso Bituni. Erika Riggi