LUCA GOLDONI
Nella bottega del fotografo d’arte entra una coppia con passeggino. Come sempre accade, la più disinibita è lei: «Quanto viene un book?». Il ritrattista osserva il pargolo di pochimesi, poi con tono quasi paterno dice che un book costa parecchio e aggiunge: «Il piccolo cresce in fretta, cambia espressione, luce negli occhi. Accontentatevi di qualche scatto da regalare ai nonni e agli zii. Per il book c’è tempo». Ma spesso vince la frenesia dei genitori che intravedono nel pargolo un investimento. E pianificano un piccolo astro nascente nel firmamento della pubblicità, e - forse, domani - un baby divo nell’olimpo della televisione. La madre è un caterpillar: «Intanto cominciamo qui, gli interni dello studio, e poi il gazebo, le aiuole…». Fa tutto lei, sceneggiatrice d’assalto. Il film cult di Visconti, Bellissima, impallidisce al confronto con questa ansia da book. Allora, in definitiva si trattava di un singolo concorso. Oggi la pubblicità divoramodelli a partire dai neonati, esonda su giornali e rotocalchi, mentre gli spot su abbigliamento e alimentari ci assediano dalla tv. A onor del vero i siti di internet invitano le mamme a non alimentare aspettative e a non trasmetterle ai loro pargoli, si tratta solo di un gioco che non deve stressarli sconvolgendo la serenità di infanzia e adolescenza. Ma sono pie illusioni. Come si fa a non montarsi la testa quando il divo di famiglia giganteggia nella pagina sui pannolini o assurge allo spot tv sulle merendine e piovono telefonate da parenti e amici - «Ma è un attore nato! Ha la recitazione nel sangue!» - come si fa a convincere il ragazzino (che viene riconosciuto per strada, che impara a firmare autografi), come si fa a convincerlo che il bel gioco dura poco e che il suo futuro è una scuola per geometri, o radiotecnici, o magari economisti e sociologi? E così migliaia di “buc” preparano ogni giorno nuove leve per la grande abbuffata dei reality e della macina pubblicitaria. Il Paese avrebbe bisogno di cervelli che non fuggano all’estero. Ma la società dell’applauso si accontenta di cervellini pieni di farfalle.