L’INVENZIONE DELLO STRESS
Lo sappiamo da una vita che, quando si è stanchi, bisogna staccare. «Prenditi una vacanza» è un classico nei film polizieschi quando il subalterno va nel pallone. Sappiamo anche che nelle nostre ferie standard c’è posto per tutto
fuorché per il riposo. Si comincia dalla partenza intelligente o dimedia intelligenza. Poi in pieno esodo autostradale, la rubrica “viaggiare informati” recita la litania dei chilometri di code che ci attendono, equamente distribuite in tutta la penisola. Si continua in albergo, dove i pargoli urlano come reattori e le ragazze, che in strada calzano scarpe di gomma, appena nella stanza (di sopra), si mettono gli zoccoli. Sappiamo come gira il mondo d’estate e abbiamo imparato a sopportarlo con fatalismo e qualche momentanea insofferenza. A drammatizzare il tutto entrano a gamba tesa gli esperti in stress che ci terrorizzano da tv e rotocalchi. L’antichissimo choc da ritorno al lavoro viene trattato come una nuova sindrome devastante, una malattia che scassa fegato, coronarie, prostata, equilibrio neurovegetativo. Dopo l’elencazione dei sintomi – cefalee, insonnia, bruciori di stomaco, suscettibilità, capogiri – ecco i consigli per guarire. Si va dai fiori di Bach, agli infusi tibetani, alle essenze che ricreano gli odori della vacanza, ai nastri registrati con scampanii di pascolo. Una volta,
dicono, si vivevameglio. Mica vero. Ogni tanto gli uomini ricevevano una cartolina e finivano sul Carso, in Abissinia, in Spagna, in Libia, in Russia. Le donne a casamacinavano chilometri in bicicletta per trovare un pezzo di burro e la sera rivoltavano le giacche e i cappotti. E quando arrivò la pace, gli operai si consumavano in fabbrica o in miniera 12 ore senza settimana corta. E a scuola i genitori stavano sempre dalla parte degli insegnanti. E gli esami dimaturità erano mostruosi, ti chiedevano i programmi di tre anni. E i giornali non pubblicavano paginate di critiche ai temi del ministero e non facevano, come ora, l’esame agli esaminatori. E le ragazze bruttine si deprimevano perché sui settimanali non c’erano i consigli sul trucco e soprattutto non esistevano i miracoli del bisturi estetico. Era dura più di oggi, ma nessuno parlava di stress. Come annotò nel suo diario Cesare Pavese, si trattava semplicemente del mestiere di vivere.