Oggi

Renzo Bossi La nuova vita del “Trota”

«LO HANNO FATTO ELEGGERE E POI LASCIATO SOLO », DICE L’ EX CONSIGLIER­E REGIONALE. CHE HA APPENA COMPIUTO 30 ANNI E HA GIÀ DUE VITE :« LA PRIMA, IN POLITICA, È FINITA. ORA C’ È LAMIA AZIENDA E QUELLO CHE MI INSEGNANO GLI ANIMALI », DICE. E SUI 49 MILIONI .

- di Marianna Aprile

Nelle settimane in cui Matteo Salvini veniva indagato per la vicenda della Nave Diciotti e la Lega condannata a restituire allo Stato 49 milioni di euro di rimborsi non dovuti (che non ha), nella vita del figlio più noto del fondatore Umberto Bossi, Renzo, “il Trota”, c’erano due novità. Ha compiuto 30 anni (l’8 settembre) e ha cambiato il proprio nome su Inst agra minTheImpo­rtan ce OfBeingBos­si,l’ importanza di essere Bossi.

Più che importante, è pesante. «Ma molto istruttivo. Sono due o tre anni che scrivo un libro in cui racconto quello che ho vissuto. Pensavo: “A 30 anni lo pubblicher­ò e lo titolerò I miei primi 40 anni. Ho un’esperienza insolita per la mia età, ho imparato a non farmi influenzar­e da nessuno. In passato è capitato sepsso che altri provassero a indirizzar­e le mie scelte. Ora, se sbaglio, sbaglio da solo».

A 30 anni, è alla seconda vita. La prima, da consiglier­e regionale in Lombardia, le ha lasciato una condanna in primo grado a 18 mesi per per appropriaz­ione

indebita. È pentito di qualcosa? «Ho fatto tutto credendoci. Se ho fatto errori è stato perché ho creduto alle persone sbagliate. Avevo 22 anni, oggi non ci cascherei più. Nonostante i problemi giudiziari, va bene così».

L’accusano di aver dilapidato in spese personali oltre 140 mila euro del partito. «Mi hanno contestato 20 episodi: per uno sono stato assolto, uno si è prescritto, otto sono stati derubricat­i in “tentativo di appropriaz­ione indebita” (qualunque cosa voglia dire). Per i restanti 10, ho dimostrato che quelle spese le avevo pagate di tascamia. Ma mi hanno condannato lo stesso».

Se l’hanno condannata, qualcosa sarà rimasto “indimostra­to”. «Vedremo in appello, a ottobre».

Nel 2012, Oggi pubblicò i video in cui il suo autista, Alessandro Marmello, le dava soldi che, disse, erano della Lega. «Spiegai ai Pm che quei soldi, prima, glieli avevo anticipati. Marmello ora vive in Thailandia, non è venuto a testimonia­re. Io alla Lega davo 2.400 euro almese e ho pagato i mobili del mio ufficio in Via Bellerio. Di cose false ne sono state scritte tante, ho fatto più di 100 querele ai giornali».

La Lega di Salvini non si è costituita parte civile. Perché? «Hanno visto le carte e hanno capito che non ho fatto nulla».

Non sarà stato calcolo politico o rispetto per suo padre? «Forse, ma non credo».

Esclude di tornare alla politica? «Faccio altro, dal 2012 ho un’azienda agricola con mio fratello Roberto. I miei primi 21 anni li ho vissuti immerso nella Lega, vivevo per quello, ho preso la patente per poter andare ad attaccare i manifesti. Ma è la mia vita di prima, è finita».

Però l’abbiamo vista accanto a suo padre, eletto al Senato. «Quando la Lega gli ha detto che non avrebbe più pagato un assistente per lui, ho deciso di farlo io. Per tre mesi l’ho accompagna­to a Roma, stando ore ad annoiarmi su quei divani e correndo perché questa cosa non impattasse troppo sulla mia azienda. Poi per fortuna papà ha trovato chi lo accompagna, pagato direttamen­te da lui, e sono tornato allamia vita».

Perché la Lega gli ha tolto i soldi per l’assistente? «Non m’interessa: non mi fisso sui problemi, cerco soluzioni».

E non volevano candidarlo. «Non frequento via Bellerio dal 2012, non so cosa sia accaduto con le liste». Lei rimarca la distanza tra la LegaNord e la Lega di Salvini, che però dovrà “accollarsi” quei 49

milioni da ridare allo Stato. «Io mi limito a dire che, quando mio padre è andato via, i soldi in cassa c’erano e questo è agli atti dal 2012. E non lo dico io, lo certifica il bilancio revisionat­o dalla PriceWater­house dopo le indagini. Cosa sia accaduto a quei soldi dopo, non lo so».

Si sente tradito da Salvini? «Diciamo che l’eleganza è un’altra cosa, ma non commento le sue uscite. A me la politica dei tweet non piace, preferisco quella dei progetti per il Paese. Non puoi fare cento cose, fanne solo due ma bene. La vera priorità è il rilancio della parte produttiva del Paese, unico modo per creare lavoro e far riprendere i consumi». E il reddito di cittadinan­za? «Costa e molto. Da noi si riparte solo se quell’euro che puoi spendere lo metti sui ragazzi che si rimboccano lemaniche per trasformar­e un’idea in

un’azienda. Io e mio fratello abbiamo costruito a mano la prima stalla, oggi abbiamo 30 maiali e 100 capre». Ma come le è venuto in mente? «È stato un modo per fermare tutto e ripartire, volevo capire chi ero, volevo qualcosa di faticoso. Nel 2012 da un giorno all’altro mi è cambiato il mondo. Anni difficili, in cui andavo in giro e provavano a mettermi le mani addosso. Volevo lasciare l’Italia. Lavorare con gli animali mi ha insegnato la pazienza, ad aspettare, accettare che le cose richiedono tempo. Da un po’ comunque ho ricomincia­to a percepire la simpatia delle persone. Il pregiudizi­o c’è ancora eh, ma va meglio. Qualcuno mi chiama ancora “Trota” ma per tutti sono “Bossi”». Merito del consenso di Salvini? «Il fatto che sia il primo partito può pesare ma non credo che la gente mi percepisca parte di questa Lega». Pesava di essere ritenuto sciocco? «So chi sono, il resto non interessa. Tutti si sentivano in diritto di giudicarmi ma oggi nonmi tocca più. Non si può tornare indietro. È stato un setaccio per i miei rapporti: persone cattive nella vita non ne voglio più». Anche le sue fidanzate erano al centro dell’attenzione. «Ne ho avuta una, Silvia, con cui ho convissuto 5 anni. Da due anni ho un amore, una cosa seria». Si sposa? «Non esageriamo… I30 anni però sono una riga che si tira, un passaggio. Oggimi sento più forte, usome stesso comemetro di giudizio sugli altri. Procedo per obiettivi: settimanal­i, mensili, a lungo termine. Mi scrivo tutto su un taccuino, in ordine». Cos’altro le ha insegnato la terra? «Che se si trovasse un connubio tra e-commerce e prodotti a chilometro zero come i miei, tutti potrebbero comprare le nostre eccellenze lì dove vengono prodotte, sostenendo le aziende locali, da nord a sud». Il figlio di Bossi vuole unire il Paese attraverso la Rete. Aiuto! «La Rete è piena di possibilit­à. Sto aiutando dei ragazzi con un progetto che permetterà a tutti di guadagnare dai dati che lasciamo in Rete navigando, sui social o acquistand­o on line. Altro che reddito di cittadinan­za. I dati sono il nuovo petrolio, valgono 1.100 miliardi di dollari e ciascuno di noi è un piccolo pozzo. Ma oggi a farsi ricchi sono solo i giganti delWeb. Bisogna redistribu­ire quei guadagni». Senta, ma lo pubblica il libro? «Eh, non lo so. Vorrei ma poi penso: lì dentro ci sono io. E mica lo so semi va di tornare a mettermi in piazza...».

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Si divide tra Milano e l’azienda agricola
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È in società con il fratello Roberto

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