Oggi

Ma, a differenza degli adulti, i bambini non provano panico?

IRENE, 8 ANNI, È RIUSCITAAD­ABBASSARE ILFINESTRI­NO MENTREL’AUTO, CONLEI E LAMAMMA, FINIVANELL’ACQUA

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Forse, mentre si trovano nella macchina sommersa da acqua e fango che stava lentamente affondando, proprio le parole della mamma hanno dato a Irene, 8 anni, la lucida forza, la prontezza che è dei bambini, di guardarsi intorno e individuar­e il pulsante dell’alzacrista­lli elettrico. Sua madre, nell’atroce confusione del momento, non ci aveva pensato. Invece d’istinto Irenel’hapremuto e ha salvato entrambe. Alla domanda della piccina, « Stiamo morendo?», la mamma aveva risposto: «Sì, Irene ma siamo insieme!». E salvarsi “insieme” è stata, per Irene, la parola chiave per reagire. Così reagiscono­ibambini proprio quando gli adulti, di fronte a eventi drammatici e senza speranza, come dolore, disperazio­ne, sciagure, malat- tie e morte, si arrendono. È in questi momenti che i bambini fannoda“contenitor­i” all’impotenzad­egliadulti. L’hoverifica­to più volte assistendo bambini in terapia oncologica, i quali trovanoilm­odoper sostenere, per trovare soluzioni, per sacrificar­si. In una parola, per risolvere. Proprio come ha fatto Irene che, a suo dire, in quel momentonon­avevapaura ma era solo « spaventata » . È costume dei bambini “abitare” la paura e affrontarl­a come fanno i piccoli personaggi delle fiabe, attraversa­ndo il bosco dell’esistenza e riuscendo a battere i timori con la forza di ogni immaginari­a

astuzia. Alla fine, quando ce la fanno, festeggian­o il successo della loroimpres­aincompagn­ia di amici, parenti e doni. E così è stato anche per Irene.

 ??  ?? CON L’ELMETTO Legnago (Verona). Irene, 8 anni, come “premio” per il coraggio ha fatto visita alla caserma dei Vigili del Fuoco. Qui è a bordo del camion.
CON L’ELMETTO Legnago (Verona). Irene, 8 anni, come “premio” per il coraggio ha fatto visita alla caserma dei Vigili del Fuoco. Qui è a bordo del camion.
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LA MACCHINA FINITA NEL CANALE
 ??  ?? RISPONDE Maria Rita Parsi psicoterap­euta
RISPONDE Maria Rita Parsi psicoterap­euta

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