MARIA VENTURI
ANCHE IL MARITO CHE CI SCRIVE FA QUESTA CONFUSIONE. ESORTARE A CURARSI CHI HA SUBITO UNA GRAVE PERDITA, INVECE DI DARE AIUTO, OFFENDE E AGGRAVALE FERITE
Cara Maria
il nostro unico bambino è morto di meningite a quattro anni. Tredici mesi dopo, miamoglie è ancora sprofondata in una depressione che sta devastando anche il nostro matrimonio. Ha lasciato il lavoro, trascorre le giornate abulicamente e alla sera si imbottisce di pillole per dormire. Io ho 37 anni e lei 32. La nostra vita non deve finire così, potremmo avere un altro figlio, aiutarci. Ma quando glielo dico, reagisce come una furia. E quando la supplico di farsi curare, mi accusa di essere insensibile e senza cuore. Francesco, Rieti
Il tuo sfogo, che a molti può apparire ai limiti del cinismo, per me è desolante. Ami tua moglie e in buona fede credi di aver fatto di tutto per scuoterla, ma adesso stai per arrenderti. Un matrimonio come quello che descrivi, flagellato dal dolore e svuotato di ogni intimità, è fatalmente avviato alla fine.
Hai aiutato te stesso con l’arma della razionalità. Dici bene: la vita non può finire in età giovane come la vostra. E ti dà ragione l’istinto di sopravvivenza fisica connaturato in noi tutti. Si può essere angosciati per una perdita straziante o per un evento terribile come la figlia adolescente sparita da mesi ma, trascorsi alcuni giorni, si ricomincia a mangiare e a bere.
Ognuno di noi ha una percezione diversa del tempo e tu, non riuscendo a spiegarti perché dopo 13 mesi tua moglie è ancora inconsolabile, sei arrivato alla diagnosi: è malata, ha bisogno di farsi curare. Confondere il dolore con la depressione è purtroppo un errore diffuso e grave: acuisce la sofferenza e crea l’abisso dell’incomprensione e del rancore. Tua moglie ha bisogno di altro tempo. Ma la migliormedicina è, nel frattempo, stringerle una mano e tacere. Hai capito cosa intendo dire?