Credete a me: questaè una vera
«CON LE OVVIE DIFFERENZE, QUESTA SVOLTA È PARAGONABILE ALL’ IRROMPERE DEL FASCISMO », DICE IL CONDUTTORE DI PORTA A PORTA. ECCO I SUOI GIUDIZI
Ipresidente della “terzaCamera dello Stato” si è dimostrato, ancora una volta, il più contemporaneo tra i giornalisti televisivi. Il suo ultimo libro, Rivoluzione - Uomini e retroscena della Terza Repubblica, ricostruisce la storia dei due movimenti politici, Cinquestelle e Lega, che hanno dato vita al governo più insolito e passionale della Repubblica, capace di unire Giancarlo Giorgetti e Paola Taverna, Laura Castelli e Giulia Bongiorno. Bruno Vespa non ha dubbio alcuno: «È il più grande scovolgimento politico dell’Italia repubblicana». E se ad ammetterlo è il più longevo dei conduttori - quello che con puntualità e scaltrezza è riuscito a resistere (con non poca fatica) ai ripetuti e repentini cambi di governance della Rai - c’è da crederci senza batter ciglio. Vespa li ha ospitati tutti, una messa laica istituzionale, certo, ma con geniali contaminazioni pop: il contratto di Berlusconi firmato in favore di telecamera, la lavagna, i
plastici, gli opinionisti fissi che diventano fenomeni di costume. L’ex direttore del Tg1 ha fatto pace con le critiche più aspre, si è vaccinato contro le diffidenze di oppositori interni ed esterni alla tv di Stato, cuce e conduce Porta a Porta con la forza di chi ha le antenne sintonizzate con la pancia del pubblico e resta fermo sullo scranno del salotto mediatico più gettonato dai governanti di ogni generazione. C’è perfino chi lo avrebbe voluto in prima linea nella battaglia politica: «Non abbandonerò mai il giornalismo», aveva confidato a Oggi qualchemese fa. Confessione che anche in questa conversazione ribadisce con fermezza.
Il libro si chiama Rivoluzione: perché? «Quello che è successo il 4 marzo 2018 ha ridisegnato completamente la geografia politica del nostroPaese. Un evento di questo genere - con le ovvie differenze - c’è stato soltanto nella rivoluzione fascista che, inutile ricordarlo, fu molto più tramumatica. Un dato è chiaro: sono andati al potere due partiti antisistema».
Chi è il più rivoluzionario tra Salvini e Di Maio?
«Nelle intenzioni, Luigi Di Maio. Nella pratica, entrambi. Anche Matteo Salvini ha una forte volontà di cambiamento. Diciamo che lo scardinatore principale è il capo del MoVimento 5 Stelle perché ha tenuto fede a una sua proposta, il reddito di cittadinanza, che risale al 2013. Nessuno pensava che sarebbe andato al potere per realizzarla».
Di Maio è diventato ministro del Lavoro a 31 anni. È una rivoluzione bella o brutta? « Che vadano al potere persone molto giovani è una bella cosa: in tutto il mondo ci sono leader che hanno meno di 40 anni. Il problema non è tanto l’età, anche se va detto che un po’ di esperienza aiuta. Il vero tema è l’equilibrio necessario per governare. Nel mio libro Di Maio dice: “Fino al 4 marzo si pensava che l’unico modo di far politica fosse rispettare i conti, ma se l’ossessione dei conti te li fa preferire ai cittadini, sei morto”. In questo passaggio c’è tutta la chiave per capire la sfida dei Cinque Stelle».
Si mormora che la nuova classe dirigente venga a chiederle spesso consigli... ( Ride, ndr) «Ma no, non mi vengono certo a chiedere suggerimenti sulle cose da fare».
E su cosa? «Chiedono di fare dei paralleli con ciò che è successo in passato. Lo trovo naturale: mio malgrado, sono l’unico tra i giornalisti televisivi ad aver “vissuto” i politici a cavallo tra gli Anni 60 e i 70. Ho conosciuto tutti i presidenti del Consiglio dell’ultimo mezzo secolo: questo è utlile a fare raffronti».
Ha dato consigli anche a Giuseppe Conte? ( Ride, ndr) «Gli ho soltanto detto che nessun governo Prodi avrebbe potuto fare il decreto Dignità. Questo spiega il grado di avanzamento del nuovo corso».
La politica di oggi si fa molto sui social network. Vespa è messo al passo coi tempi? «No».
Li snobba? «Nemmeno, ci mancherebbe altro. Pur avendo 180 mila benemeriti follower su Twitter, faccio un post una volta al mese, forse anchemeno. Non sono su Facebook e su Instragram, anche se ho molti profili fake, falsi».
Paura della velocità dei social? «Tutt’altro: sono un ammiratore di chi li sa usare bene. Scrivendo ilmio ultimo libro, ho scoperto la figura di Luca Morisi, cui dedico parecchie pagine. Morisi è l’uomo social di Salvini: è riuscito a trasformare il leader della Lega, che viene da un partito tradizionale, in un moderno leader politico che riesce a battere su Twitter perfino chi inRete ci è nato, i Cinque Stelle. Oggi il ministro dell’Interno ha più interazioni di Donald Trump».
La vecchia politica - Berlusconi, Bersani, D’Alema - è morta? «Secondo me no. Certo, non è in ottima salute. Qualcuno che resiste c’è: Silvio Berlusconi, per esempio».
E Renzi che fa? Lo mettiamo già tra i vecchi o ha ancora diritto di cittadinanza tra i nuovi? «Renzi è un politico che può ancora fare e farà. È molto probabile che il suo orizzonte sia fuori dal Partito Democratico. La cosa non mi stupisce: è stato il primo e l’unico non comunista, al netto della breve parentesi di Dario Franceschini, a diventare segretario del Pd».
Si ricorda di quando i grillini sostenevano che Porta a porta fosse il simbolo dei programmi tv in cui non andare mai? «Certo. Per loro rappresentavo il vecchio regime. Nel tempo hanno capito che non lo rappresento, ma più semplicemente lo racconto».
Adesso i Cinque Stelle fanno la fila per venire a Porta a Porta: se lo aspettava? ( Ride, ndr) «Nessuno fa la fila per venire nostro ospite, siamo noi che li invitiamo. Certo: adesso partecipano più volentieri perché sanno che c’è rispetto per le opinioni di tutti. Del resto, fu proprio Rocco Casalino a dire davanti a Beppe Grillo che io sono il giornalista più corretto».
Il prossimo libro su cosa sarà? «Non ne ho la più pallida idea. In genere decido versomarzo. Mancano ancora tremesi e può accadere di tutto».
Anche che Vespa decida di fare politica? «Ecco, almeno questo posso escluderlo nella maniera più assoluta».
La vecchia politica non è certo in salute. Ma Berlusconi resiste