MassimoPerla I segreti del trainer cinofilo di Guido Rubini
«L’ADDESTRAMEN TO È PARTICOLARE, MAÈ SOLOCONIL DIVERTIMENTOCHE IMPARANOA STARE TRANQUILLI NEL CAOS DEL SETE A SEMBRARE IN SIMBIOSI CONI PROTAGONISTI », DICE. QUI CI RACCONTA QUA LIRAZZE SONO PIÙ PORTATE. EL E CONFIDENZE DI GEORGECLOONEY
Mirto, il Golden Retriever che abbiamo visto nella fiction L’isola di Pietro 2, su Canale 5, accanto a Gianni Morandi, si chiama Kumash. È uno dei tanti esemplari di Mp Dog Star, la scuola di addestramento per cani fondata a Roma nel 1988 da Massimo Perla. «Sono trainer cinofilo da 43 anni», racconta il sessantenne direttore tecnico, responsabile nazionale e internazionale diAgility Dog. «Ho sviluppato questa passione da ragazzo, occupandomi dei cani dei vicini e dei parenti durante le vacanze estive». Dopo la gavetta a Villa Borghese, 30 anni fa, Perla decise di creare una sua scuola per fornire alla televisione e al cinema i suoii animali.ili «All’All’epoca, gli istruttori non avevano grande dimestichezza col cinema. Un giorno, il produttore Franco Cristaldi mi chiamò per C’era un castello con 40 cani. Totò Cascio, tra gli attori del cast, era piuttosto intimidito, ma riuscii a farlo recitare. Quel film mi consacrò». Da allora, Perla si è imposto nel panorama cinematografico nazionale ed estero, partecipando con i suoi amici a quattro zampe a oltre 700 film: da Cari fottutissimi amici, diMario-Monicelli, a Il divo, di Paolo Sorrentino, e a Go Go Tales, di Abel Ferrara. «Il primo lavoro importante arrivò nel 1983 con Andrej Tarkovskij: Nostalghia. Andrej mi fece fare oltre 25 pose, tanto gli piaceva come recitava il cane. Grazie a lui mi innamorai della macchina da presa». Ed è dietro alla macchina da presa che Massimo svolge il suo lavoro di direttore d’orchestra sul set, gesticolando all’indirizzo dei quadrupedi per suscitare le reazioni desiderate. «E sul set della fiction L’isola di Pietro 2, tra Mirto-Kumash e Morandi si è stabilita una bella intesa», dice Perla. I cani che vanno sul set fanno un addestramento particolare? «Certo, a meno che non si tratti di una semplice comparsata. Sul set si passa da situazioni di caos estremo a momenti di silenzio assordante. Tut-
to cambia in base alla parola magica “Motore”. Un cane non abituato, anche se bravo, potrebbe riservare brutte sorprese».
Qual è, dunque, il segreto? «È fondamentale che l’animale abbia una fiducia notevole nell’umano. Per esigenze di copione, magari, deve comportarsi come se vivesse con l’attore da anni. Ci sono dei giochi che utilizzo con lo scopo di creare tra i due un legame in poco tempo».
Esiste una razza particolarmente adatta al set? «Dipendemolto dal grado di apprendimento, ma anche dalla simpatia e dall’intraprendenza. Al primo posto c’è indubbiamente il Border Collie, poi vengono il Pastore tedesco, il Golden Retriever, i Labrador».
Se dovesse scegliere una star tra i suoi cani? «Direi Shonik, un Border Collie. Lo avete visto accanto a Gigi Proietti nella fiction Il Maresciallo Rocca, ha fatto la serie Turbo con Roberto Farnesi, oltre a diversi spot pubblicitari insieme a Fiorello per una nota compagnia telefonica. Si figuri che lo facevo andare sul set in taxi. I macchinisti scommettevano su chi avrebbe sbagliato prima tra lui e gli attori».
Recita anche lei, qualche volta? « Qualcosina. Capita soprattutto quando si girano scene di azione un po’ pericolose dove il cane deve mordere. In Romanzo criminale, per esempio, interpretavo un maresciallo della Guardia di Finanza».
Un suo Chihuahua ha ricevuto la Palma Dog per il miglior interprete canino dell’anno grazie al film Dogman. Com’è stato lavorare con Matteo Garrone? «Bellissimo. È riuscito a rendere determinate sensazioni sulle quali, all’inizio, ero scettico. Mi ha sorpreso. Nel filmc’erano circa 15 cani, in realtà, ma la scena premiata per la recitazione è stata quella del Chihuahua».
È difficile far recitare un cane? «Il mio lavoro è riuscire a emozionare il pubblico ricreando, con un’espressione o un gesto, un sentimento che chiunque abbia a che fare con un cane ha vissuto. Alla fine, dentro un film l’animale non fa nulla di diverso da ciò che fa nella vita: gioca».
Ma è più semplice trovare attori cani o cani attori? «Una volta, un regista mi disse: “Abbiamo fatto 36 volte lo stesso ciak. Il cane non ha mai sbagliato…”».
Dopo Totò Cascio, ha avuto a che fare con altri attori terrorizzati dagli animali? «Sì, ma non farò nomi. Però posso dire che, a volte, gli attori sono gelosissimi dei cani. Specie quando sono belli e hanno parti simpatiche, perché gli rubano la scena».
Il cinema è un mondo di gelosie e concorrenza anche per voi addestratori? «Tanti ci provano, ma la mia scuola rimane la prima. Le produzioni statunitensi, quando vengono a girare in Europa, si rivolgonoame. E le assicuro che non è facile, gli americani hanno un libretto nero: se sgarri, non lavorerai mai più con loro. Ricordo che per il primo film recitato da George Clooney in Italia, The American, mi chiamarono dopo avere cacciato un altro team di addestratori. George si innamorò di me, mi raccontò di quanto aveva sofferto per la perdita del suo maialino Max».
Ai padroni, specie quelli con cani particolarmente impegnativi, che suggerimento darebbe? «Di cercarsi un buon istruttore che dia loro dritte. Quando deve acquistare un’auto, una persona si informa su tutto. Per un cane, ciò avviene di meno. E invece gli animali sono una grande responsabilità, oltre a essere sempre più presenti nelle famiglie».
È vero che i cani assomigliano ai loro padroni? «Altroché. Quando arrivano dei clienti, mi basta dare un’occhiata al cane per capire con chi sto parlando».
I suoi saranno impeccabili. A proposito, a casa quanti ne ha? «Una quindicina, ma non tutti vivono dentro casa. A seconda delle stagioni e dei periodi di riproduzione delle femmine, una metà sta dame e l’altra metà rimane nel centro».
Qual è la cosa più importante che ha imparato in questi anni? «Il rispetto. Una buona convivenza con gli animali è fatta di rispetto. E l’importanza del gioco: grazie a loro, sono un eterno bambino».