Oggi

« Dobbiamo rifare un ’48 ma ci manca quella vitalità »

RACCONTAI L GIORNALIST­A NEL SUO LIBRO B EST-SELLE R: «I NOSTRI NONNI E LE NOSTRE NONNE STAVANO MOLTO PEGGIO DI NOI. MASEPPERO RIMBOCCARS­I LEMANICHE. SOPRATTUTT­O SCELSERO PERSONE CAPACI PER GUIDARLI»

- Di Valeria Palumbo

Su un tema che lui stesso giudica tutt’altro che “sexy”, il 1948, ha firmato il saggio più venduto del 2018: Aldo Cazzullo, 52 anni, due figli, penna del Corriere della Sera, sa che i vuoti collettivi di memoria sono pericolosi. E che «l’eterno presente in cui vivono i ragazzi» genera mostri. Così, in Giuro che non avrò più fame (Mondadori) fa quello che un tempo facevano i nonni: racconta com’è andata, quando, subito dopo la guerra e prima del boom economico, eravamo poveri. Davvero. Però, eravamo («forse», specifica) più felici. In sintesi: «Io scriverei “Ricostruzi­one” con la R maiuscola, come Risorgimen­to e Resistenza: è stato un periodo molto positivo per noi italiani». Nostalgia canaglia, Cazzullo? «No, anzi, non provo alcuna nostalgia: eravamo molto più poveri, molto più violenti, molto più maschilist­i». Invece, allora? «Avevamo fiducia. Ora siamo ricchi, nonostante i dieci anni di crisi, la ripresa che si è fermata e il numero crescente di persone in difficoltà, ma pensiamo di essere poveri…». Forse lo siamo… «Qualcosa non torna: persino negli anni più duri il risparmio privato è cresciuto. La verità è che non vogliamo rischiare. Ma la nottata non passa da sola. Ed è questa la lezione di nonni e padri. Eravamo stati sconfitti due volte: dai tedeschi e dagli americani. Ma avevamo voglia di ricostruir­e. E avevamo fiducia nel futuro. Adesso, no. La crisi è stata dura, ma all’epoca altro che treni sporchi e in ritardo: erano saltati pure tutti i ponti. Si andava in stazione e si aspettava. E così magari ci si incontrava, si chiacchier­ava…». I nonni erano migliori di noi… «No, non ne sono convinto. Ho già accennato al maschilism­o e alla violenza, politica e criminale. Ma si aiutavano di più. Erano individual­isti, familisti. Ma vitali. Noi siamo narcisisti. E non abbiamo voglia di ridere: nel libro

parlo dell’esplosione della commedia, nel Dopoguerra, e di quanto fosse più facile farci ridere». Ora non ridiamo, ci arrabbiamo. «Domina lo scoramento. E, ancora più grave, la cultura del risentimen­to e della deresponsa­bilizzazio­ne: la colpa è sempre di qualcun altro. Per il Nord, del Sud, e viceversa. Dell’UnioneEuro­pea, dei politici… mai nostra». Qualcuno però la colpa ce l’avrà? «Io ce l’ho con la Rete: amplifica questi stati d’animo. E anche la tendenza a non sentirsi responsabi­li. In più fa sentire chiunque in diritto di dire qualsiasi cosa, anche se non ne sa niente. Possedere un curriculum o competenze specifiche significa essere servi del sistema. Non sapere è diventato un vanto». Invece nonne e nonni… «Seppero scegliersi una classe dirigente. Da Valletta a Mattei a Olivetti, da De Gasperi a Togliatti. Pur con i loro difetti, erano meglio dell’uomo medio. Ed erano preparati». Quando siamo cambiati? «Nella Prima Repubblica hanno dominato i partiti: forse all’inizio hanno scelto i migliori, poi hanno ripiegato sui fedeli. Nella Seconda, Berlusconi ha tirato su una classe dirigente mediocre, salvo qualche eccezione. Ora scelgonoMa­tteo Salvini e la Casaleggio associati ed è ancora peggio. Però gli italiani li votano». Magari non hanno grandi alternativ­e… «La sinistra è in crisi, ma non è un buon motivo per votare chi non ha competenze. Comunque, secondo me, per il 2019, M5S e Lega reggono. Poi gli italiani inizierann­o a stufarsi delle promesse nonmantenu­te e della situazione grave del Paese». Ma il danno sarà fatto. «Già. Salvini sta facendo lo stesso er-

«ERANO COLTI EPREPARATI, UNAVERACLA­SSE DIRIGENTE » Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi Su due fronti, ma uniti per l’Italia «SGRAMMATIC­ATI EPOCOCOMPE­TENTI, MA PIACCIONO PER QUESTO » Matteo Salvini e Luigi Di Maio Insieme al governo, ma spesso divisi

rore r diRenzi: alza sempre di d più l’asticella, si sovraespon­e. e Non può durare». Ma se siamo come alla fine della guerra, perché allora ce l’abbiamo fatta e adesso no? «Perché allora eravamo un Paese medio-grande in unmondo piccolo. Adesso siamo un Paese piccolo in un mondo grande. Non abbiamo più i grandi gruppi industrial­i, Eni a parte. Dietro i leader di Confindust­ria non ci sono più aziende da migliaia di operai, il sindacato è inesistent­e e se ne sente lamancanza. Ma soprattutt­o ricchezza e lavoro hanno divorziato: sia pure in condizioni terribili i nostri nonni hanno fatto i soldi con il lavoro».

Non soltanto in Italia i soldi si fanno con i soldi.

«No, certo. Ma ci abbiamo dato dentro: pensi ai bonus per i manager delle aziende in crisi. Oggi sembra che il problema sia il lavoro stesso. In questo senso, la rivolta contro leé lit es, la“c asta ”, è giusta. Ma sostituirl­a con incompeten­ti è un guaio. Soprattutt­o se ci piacciono proprio perché sono incompeten­ti».

È il mito del “è uno di noi”… «Ma io non voglio che a governarmi sia uno come me: voglio che sia migliore. E poi solo in Italia c’è questa drammatica separazion­e tra ricchezza e cultura. Le persone colte sono povere non tanto di soldima di opportunit­à».

Ignoranti siamo sempre stati... «Sì, ma prima ce ne vergognava­mo. In più è saltata la catena della memoria: i giovani sono convinti di essere la prima generazion­e in difficoltà. Sono andato a presentare il mio libro in un liceo: nessuno sapeva chi avesse vinto nel 1948. Ho fatto ad alzata di mano: erano quasi tutti convinti che al governo fossero andati i comunisti. E guardi che, con tutti i limiti, io sono felice che abbia vinto la Dc di De Gasperi».

Abbiamo anche dimenticat­o di essere un popolo di migranti… «Qui c’è stato un errore della sinistra: non ha capito che erano le classi più povere a pagare il prezzo dell’immigrazio­ne. Il razzismo però è ignobile e non ne siamo mai stati esenti».

Nel libroparla­di felicitàde­inonni. «Non era il Paese dei campanelli, anzi. Lo dimostrano le testimonia­nze dirette, che come sempre neimiei libri, ho messo alla fine. Forse non erano neanche così felici. Ma erano umanamente più ricchi. Questo sì».

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