Oggi

Animali al circo: perché io dico sì

- DI VITTORIO SGARBI Critico d’arte

L a gastronomi­a, la television­e, lo sport, la coltura (agricola), qualunque fesseria fa cultura. Il circo no. Così almeno sostiene l’animalismo, espression­e tipica di un tempo che al dominio delle vecchie, grandi ideologie contrappon­e quello dei piccoli integralis­mi di setta. Poco male, se non venissero presi sul serio da chi non riesce a scorgere la loro miseria intellettu­ale. Il circo è storia saana degli uomini, tradizione dello spettacolo nei suoi termini più auautentic­i ed essenziali. In buona parte continua a riconoscer­si nell’ammaestram­ento degli animali. È innaturale, immorale? È emanazione dell’addomestic­amento, chiunque abbia un cane o un gatto a casa ne violenta le attitudini. Ma a conviverci si determina una condizione di vita non valutabile col termine umano (gli animali possono trovare anche convenient­e la cattività). Certo, dovessero usare maniere brute i circensi andrebbero perseguiti perseguiti. Ma sarà solo il pubblico, disertando i loro spettacoli, a decretare la fine di quel mondo, non i diktat dei fondamenta­listi. Un signore era convinto che chi era vegetarian­o e credeva gli animali migliori degli uomini appartenes­se a una stirpe eletta. Adolf Hitler, così si chiamava.

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