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MATTIA MINGARELLI

LA TITOLAREDI UNRIFUGIO CONFERMAI DUBBI SUL L AMOR T TE DI MATTIA MING ARE L LI :« AVEVA PROMESSOCH­E SAREBBE VENUTODA NOI ALLE 19.30 DEL7DICEMB­RE». E INVECE L’ HANNO TROVATO SENZA VITA IN UN BOSCO LA VIGILIA DI NATALE. ECCO PERCHÉ NON PUÒ ESSERE UN INCIDE

- Dall’inviato Giuseppe Fumagalli

Ecco perché la sua morte non è stata un incidente.

Tutto è possibile. Quindi non si può escludere che Mattia Mingarelli, ragazzo di 30 anni, il 7 dicembre, attorno alle 19.30, con buio pesto e temperatur­e sotto zero di colpo sia come impazzito. In preda a non si sa bene cosa si sia lanciato a rotta di collo per i prati dell’alta Valmalenco, abbia percorso 200metri in discesa, senza una torcia si sia infilato in un bosco di abeti, sia sceso altri 100 metri lungo un sentiero, poi sia inciampato, cadendo abbia preso una botta alla testa e sia crollato tra due lastre di pietra, lì dove un escursioni­sta lo avrebbe poi trovato senza vita il giorno della vigilia di Natale. Possibile, certo. Ma molto, molto strano.

UN BORGO DI MONTAGNA

Salire da Chiesa Valmalenco fino alla frazione di San Giuseppe e seguire i carabinier­i mentre cercano di ricostruir­e le ultime ore di vita di Mattia è un’esperienza che rende tutta la vicenda ancora più misteriosa. La sensazione di un giallo impenetrab­ile, blindato nel ghiaccio e nella roccia tra le quattro case di un borgo di montagna chiamato Barchi e le poche persone che lassù ci abitano o ci vanno a passare le vacanze. Giorgio Del Zoppo, detto il Gufo, titolare del ristoro Barchi è l’ultimo ad aver visto Mattia. Racconta che il ragazzo è arrivato da lui col cane Dante verso le 18, ha preso un aperitivo e un tagliere di prosciutto, ha chiesto di prenotare una camera perCapodan­no, poi verso le 19.30 se n’è andato. Il rifugista aggiunge che durante la notte il cane di Mattia è entrato in casa sua e che al mattino sulla terrazza del locale c’erano tracce di vomito e un telefonino, risultato poi appartener­e al ragazzo scomparso. La procura di Sondrio ha subito posto sotto sequestro il locale, ma in più di una occasione ha ribadito che Giorgio Del Zoppo non è indagato.

In ogni caso, se Mattia si è sentito male nessuno lo ha visto. Di sicuro non è rientrato alla baita presa in affitto dai suoi familiari a un centinaio di metri dal ristoro Barchi. E non è nemmeno passato al rifugio La Gusa, a poche decine di metri da casa sua, dove era atteso per cena.

IL VINO DA FINIRE

«Mattia era stato da noi a mezzogiorn­o», dice Graziella Polattini, titolare della Gusa. «La giornata era bella e aveva pranzato fuori. Aveva ordinato una bottiglia di Inferno Mazer, un vino da 30 euro, ma ne aveva bevuto solometà e quando è venuto a pagare il conto, sapendo che era a casa solo, l’ho invitato per cena a mangiare una minestra con noi. “Bene”, ha risposto lui, “così finiamo di berci la bottiglia”». Sono passati trenta giorni ma i ricordi di Graziella, consegnati fin dal primo giorno ai carabinier­i, sono ancora molto precisi. «Quel giorno minacciava neve», continua la donna, «Mattia aveva paura di rimanere bloccato con la sua Audi e prima di uscire mi ha detto che avrebbe portato la sua auto alla partenza della funivia e sarebbe risalito a piedi». E così ha fatto. L’auto è stata trovata al parcheggio davanti agli impianti, Mattia è risalito col cane fino ai Barchi e ha proseguito fino al lago Palù, in totale un’ora di cammino, pubblicand­o le foto della passeggiat­a sul suo profilo Instagram. «La sera lo aspettavam­o per le 19.30 ( e in effetti a quell’oraMattia se ne va dal ristoro Barchi, ndr)», dice ancora Graziella Polattini, «ma non s’è fatto vedere. Alle 20 sulla nostra terrazza è arrivato il suo cane e abbiamo pensato che prima o poi sarebbe arrivato anche lui. Invece nulla. Abbiamo pensato a un normale cambio di programma e non ci siamo preoccupat­i fino al giorno dopo. All’ora di pranzo dell’ 8 dicembre mi ha chiamato la mamma di Mattia. Il giorno prima

si erano sentiti e lui le aveva detto che sarebbe stato a cena da noi. Ho detto che non lo avevo visto e da quel momento è successo il finimondo. Sono arrivati carabinier­i, polizia, Ris e uomini del soccorso alpino, hanno cominciato a girare elicotteri, mezzi fuoristrad­a e cani molecolari. Il cadavere è stato ritrovato a poche centinaia di metri da qui, ma le forze dell’ordine sono sempre qui e stanno cercando qualcos’altro».

INDAGINI IN CORSO

Cosa stiano cercando è cosa nota. Vogliono la prova del delitto. E una ricostruzi­one dei tempi e delle modalità utilizzate dall’ipotetico assassino per portare il cadavere nel bosco. «Mattia era un ragazzone alto quasi due metri, difficile da spostare per chiunque», dice un uomo del soccorso alpino, «ma una volta caricato e immobilizz­ato su uno di quei toboga ( barelle in plastica rigida, ndr) utilizzati per raccoglier­e i feriti in alta quota, sarebbe bastata una persona per trascinarl­o qualche centinaio di metri attraverso i prati e i sentieri nel bosco». Gli esami tossicolog­ici diranno nei prossimi giorni se Mattia avesse in corpo sostanze in grado di alterare le sue capacità di intendere e volere, ma chi oggi piange la suamorteme­tte la mano sul fuoco. Familiari, amici e colleghi di lavoro descrivono vita, carattere, comportame­nti e interessi di un ragazzo equilibrat­o. Nessuno ricorda colpi di testa o comportame­nti eccentrici e tutti escludono l’uso di droghe. Di Mattia, originario di Albavilla in provincia di Como e rappre- sentante di commercio per una ditta di bevande, era nota la passione per il vino. Ma più che un bevitore, era uno di quegli appassiona­ti che si perdono tra profumi e retrogusti facendo roteare il vino in un calice da degustazio­ne. Eppure, tutto è possibile. Lo dice l’autopsia eseguita da Paolo Tricomi che attribuisc­e la morte a un doppio trauma cranico (alla nuca e in zona orbitale), compatibil­e con una caduta ma anche con la dinamica violenta di una aggression­e. Lo conferma il PmAntonio Cristillo, il magistrato di Sondrio che indaga sulla morte del ragazzo e per ora tiene aperte tutte le piste, disgrazia compresa. Carabinier­i e polizia non mollano la presa. I sopralluog­hi per capire cosa possa essere successo si contano ormai a decine, ma più gli inquirenti salgono e ridiscendo­no per prati e boschi della Valmalenco e più l’ipotesi di incidente si manifesta in tutta la sua assurdità.

E TUTTI ESCLUDONO L’USODI DROGHE

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 ??  ?? ERA UN RAGAZZO MODELLO Sopra, Mattia Mingarelli, morto a 30 anni nei boschi della Valmalenco. Gli amici e i colleghi di lavoro parlano di lui come di un ragazzo modello. m A sinistra, Graziella Polattini, P titolare del rifugio La Gusa, do ve Mattia era atteso per la cena.
ERA UN RAGAZZO MODELLO Sopra, Mattia Mingarelli, morto a 30 anni nei boschi della Valmalenco. Gli amici e i colleghi di lavoro parlano di lui come di un ragazzo modello. m A sinistra, Graziella Polattini, P titolare del rifugio La Gusa, do ve Mattia era atteso per la cena.
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