Adriano Celentano/2 «Da 30 anni si crede il nuovoMessia»
«A METÀ DEGLI ANNI 70 CELENTANO VOLEVA CHE LEGGESSIAL CLAN ALCUNI PASSI DELLA BIBBIA », DICE IL MUSICISTADETTO MARIANO. ENONÈ TUTTO ...
Le è piaciuto Adrian? «Non sono abituato a sparare sulla crocerossa». Dunque non le è piaciuto. «Diciamo piuttosto che è una serie di sermoni delMaestro Celentano, e che io lo preferisco quando fa spettacolo». Però lo chiama “Maestro”. «Dal ’ 99 per me è il Maestro Celentano, prima era Adriano». Perché? «Prima del ’99 eravamo fratelli. Dopo il ’ 99 nemici». MarianoDetto, nome d’arteDettoMariano, storico componente del Clan e autore/arrangiatore di mille successi del Molleggiato, si diverte un mondo a raccontare la sua vita e la sua carriera, tanto da farne unMusical sulla storia della musica italiana col quale presto debutterà nei teatri. «Senta, Celentano ha un grande pregio, è sempre se stesso. Però ha anche un grande difetto: è sempre se stesso. Non finge, non media, non si sposta di un millimetro dalle sue convinzioni». E quali sono le sue convinzioni? «Tra le tante, io credo che sia anche convinto di essere inviato dal cielo per portare il messaggio del “vivere saggio”, una specie di nuovoMessia». I manicomi sono pieni di gente che crede di essere il nuovoMessia. Celentano ci è o ci fa? «Mi sono convinto che lui ci creda veramente e candidamente. Però siccome è per natura spiritoso e ironico, tutto è stato a lungo condito con la leggerezza». Cioè, in qualche occasione le ha detto: «Io sono il Messia»? «No, me lo ha detto come lo può dire Adriano, con i suoi comportamenti, allusioni, battute e silenzi. Adriano, anzi, il Maestro Celentano, in privato è come nei film. Mi ricordo una volta, tanti anni fa, eravamo seduti su un divano, solo che per qualche motivo non stava comodo. Così si alzava di scatto, faceva due passi, due movimenti a scatto, una giravolta, faceva per sedersi di nuovo, si rialzava come una molla, e così per tre o quattro volte. La “colonna sonora” di quei movimenti erano una serie di “tin” “tin” “tin” su ogni ricaduta… come se il divano fosse di metallo! Non faceva certo uno spettacolo per me, lui è proprio così». Divertente, ma che c’entra? «C’entra, lui è geniale e candido. Crede di dover portare un messaggio, una buona novella. Scusi, perchémai sennò nel film Joan Lui, quando appare, la colonna sonora è Tu scendi dalle
stelle? Una volta, doveva iniziare un concerto e lo stadio era strapieno. Guarda gli spalti gremiti e mi dice: “Pensi davvero che siano tutti qui solo per me?”. Intendeva: “Sono qui per ilmessaggio che devo comunicare”». Ma quando lo ha conosciuto era già così mistico? «No, ma già a metà degli Anni 70 qualcosa era cambiato: per un certo periodo ha voluto che il Clan si riunisse per l’ascolto di alcuni passi della Bibbia e aveva scelto me per la lettura». La leggeva lei perché era quello che la conosceva meglio? «Ma no, all’epoca capivo poco di quello che leggevo, ma adAdriano piaceva che la leggessi io. Immagini le facce degli altri componenti del Clan…». Lei conosce Celentano dagli Anni 60. Via Gluck era veramente il paradiso che lui descrive? «Quando lo conobbi, lui abitava già altrove. In via Gluck ha abitato da bambino. Ci portava spesso però in quella zona, ma i prati non li ho mai visti, ci chiudevamo sempre in un baretto all’inizio della via a giocare a biliardo. Che fosse un Eden ci credo poco. La cosa curiosa è che anche Al Bano una volta mi portò nella spiaggia nella quale andava da bambino, entusiasta. Una volta arrivati mi ritrovai su un arenile brullo, pieno di catrame, con una raffineria a pochi metri. Per lui però quello restava il posto più bello del mondo. A molti la nostalgia gioca brutti scherzi» Un’ultima curiosità. Perché lei e Celentano siete nemici? «Non mi sento di raccontare la vera storia perché non si può concentrare la risposta in un’intervista. Posso però farle una similitudine: faccia conto che in una casa ci sia una cassaforte inespugnabile anche da Diabolik, dentro la quale sono custoditi gioielli di valore. Un giorno scompare un gioiello e la moglie lo convince che, a suo avviso, il ladro sono io. Lui, senza neanche provare a chiedermi come fosse possibile che mi fossi macchiato di un fatto così ignobile, mi manda una raccomandata accusandomi direttamente del furto, aggiungendo che sarebbe anche stato disposto a perdonarmi qualora glielo avessi reso... Guardi, è meglio che la finisco qui».