O.J. Simpson Scampò alla galera per omicidio, fu arrestato per una tragicomica rapina
L’ EX CAMPIONE DI FOOTBALL AMERICANO NEL 1995 FU ASSOLTO DALL’ ACCUSA DI AVER UCCISO PER GELOSIA L’EXMOGLIE E IL SUOAMANTE, NONOSTANTE LE PROVEAPPARISSERO SCHIACCIANTI. MA POI È FINITOIN CARCERE PER AVER TENTATODI RIPRENDERSI I SUOI TROFEI
Spietato assassino o vittima di una macchinazione razzista? A 24 anni e 8 mesi di distanza non è ancora chiaro, ma l’America ha smesso da un pezzo di chiederselo. Orenthal James Simpson, per tutti, semplicemente OJ, ex star di Hollywood nei panni del detective Nordberg della popolarissima trilogia comica Una pallottola spuntata, ma soprattutto ex super campione del football americano (un po’ il Cristiano Ronaldo a stelle e strisce), è comunque incappato nei rigori della legge: per un reato infinitamente meno grave dell’omicidio della sua ex moglie e dell’amante di lei, da cui fu assolto dopo uno dei più controversi processi della storia americana. Per una tragicomica, presunta rapina (sottrasse a dei collezionisti alcuni trofei sportivi che gli erano appartenuti), che da noi gli sarebbe costata al massimo una condanna a qualche mese di reclusione, si è infatti beccato una pena di 33 anni. La giustizia (e l’America colpevolista), insomma, si è presa la sua bella rivincita.
IL PADRE DRAG QUEEN, LA MADRE SEGRETARIA
Nell’ottobre del 2017, dopo nove anni di carcere e una richiesta di grazia (nel 2016) ignorata dall’allora presidente Barack Obama, oramai settantenne, gravemente malato, imbolsito, ridotto praticamente sul lastrico, si è visto riconoscere la possibilità di scontare il resto della pena in libertà vigilata. O.J. Simpson è oggi il fantasma del sexy divo che fu. Se lo merita? Secondo la maggioranza degli americani, la risposta è sì. Questi i fatti, giudicate voi. Bello, famosissimo e ricco sfondato, OJ pareva l’incarnazione perfetta del mito americano secondo cui anche chi nasce poverissimo, con talento e fortuna, può scalare la piramide sociale dalla base al vertice. In effetti, quando il piccolo Simpson venne al mondo, il 9 luglio 1947, a San Francisco, nessuno avrebbe osato scommettere un centesimo su un suo radioso futuro: suo padre Jimmy Lee, scopertosi gay, scappò di casa quando il bambino aveva tre anni, diventando una “drag queen”, un travestito, e fu uno dei primi a morire quando scoppiò la devastante epidemia di Aids. Sua madre Eunice, segretaria in un ospedale, fece i salti mortali per mantenere dignitosamente i 4 figlioletti. Il piccolo OJ peraltro soffriva di una forma di rachitismo e dovette indossare persino dei tutori per camminare
correttamente. Durante l’adolescenza, però, grazie a un’assidua pratica sportiva, il brutto anatroccolo si trasformò in un incredibile, maestoso cigno. Al liceo mostrò un talento più unico che raro per lo sport dei duri, il football americano, e in quattro e quattr’otto esordì nella serie professionistica: è stato il «running back», una specie di ala, più forte di tutti i tempi, quello che ha segnato più punti, imprendibile quando, palla ovale tra le mani, correva più veloce del vento sulla fascia destra. Nel 1977, mentre era ancora sposato con la prima moglie MargueriteWhitley, da cui ebbe 3 figli, OJ conobbe la diciottenne Nicole Brown, biondissima cameriera del night club “The Daisy” di LosAngeles. E fu amore a prima vista.
L’EX AVEVA DENUNCIATO DI ESSERE STATA PESTATA
OJ e Nicole si sposarono nel 1985, ma il loro, malgrado la nascita di due figli, Sydney Brooke (nel 1985) e Justin Ryan (nel 1988), fu un matrimonio infelice. OJ cominciò a mostrare un’indole violenta e possessiva. Per almeno tre volte, nel corso degli anni, Nicole Brown fu costretta a chiamare la polizia per denunciare violenti pestaggi. Nel 1992, la ragazza chiese e ottenne il divorzio. E questo, se possibile, imbestialì ancora di piùOJ. «Era ossessionato dalla sua ex moglie», ha rivelato il suo compagno di squadra e migliore amico Al Cowlings. «Non poteva sopportare che una “cameriera” che lui aveva fatto diventare una signora, non solo lo avesse buttato fuori di casa con un calcio nel posteriore, ma pretendesse persino di spillargli un mucchio di soldi». E si arriva alla notte tra il 12 e il 13 giugno del 1994. Quartiere di Brentwood, Los Angeles, posto tranquillo per super ricchi, dove risiedono attori ( lì c’era la villa dove morì Marilyn Monroe, lì abitano divi del calibro di Gwyneth PaltroweMichael Douglas), registi, produttori e uomini d’affari. Intorno alle 23.45, il manager Steven Schwab, mentre sta rientrando a casa, si imbatte in un cagnolone di razza Akita in preda a uno stato di forte agitazione. L’animale correva uggiolando per i vialetti come se si fosse smarrito. Schwab riesce ad avvicinarlo e nota che il cane ha le zampe tutte imbrattate di sangue. «L’animale si fece prendere per il collare e mi seguì docilmente a casa», raccontò poi. «Mi resi conto che non era ferito. Il sangue, insomma, non era suo. Allora chiamai il mio amico Sukru Boztepe chemi convinse a riportarlo nel luogo dove l’avevo trovato, nella speranza che ci desse qualche indizio per scoprire la casa dalla quale era evidentemente scappato». Infatti, il cane Akita cominciò a tirare furiosamente il guinzaglio e condusse Schwab e Boztepe al numero 875 di South Bundy Drive. La scena che si presentò ai loro occhi era quella di un film dell’orrore: il vialetto di accesso alla villetta era tutto lordato da grosse pozze di sangue; davanti alla porta di ingresso c’era il cadavere di Nicole Brown che sembrava una bambola rotta; dietro un albero, sull’erba, giaceva invece il corpo del ven- ticinquenne Ronald Lyle Goldman. I primi due poliziotti che, nel giro di pochi minuti, arrivarono sulla scena del crimine, trovarono un guanto di pelle nera tutto intriso di sangue, evidentemente utilizzato dall’assassino. La polizia di LosAngeles cercò subito di mettersi in contatto con OJ Simpson per comunicargli la morte di Nicole, ma al telefono di casa sua non rispose nessuno. Allora fu inviata una pattuglia comandata dal tenente Mark Fuhrman. Siccome la casa sembrava deserta, il tenente Fuhrman, pur non avendo un regolare mandato di perquisizione, pensò bene di scavalcare la recinzione e aprire il cancello agli altri agenti. Sul vialetto di accesso fu ritrovato un guanto di pelle nera, tutto intriso di sangue, compagno di quello repertato sulla scena del delitto.
COLPITA AL COLLO CON VENTI COLTELLATE
La sera del 12 giugno, Nicole Brown e suamadre erano andate a cena alla trattoria italianaMezzaluna. Mamma Brown aveva dimenticato sul tavolo gli occhiali e Nicole aveva chiamato il
ristorante. Rispose il cameriere Ron Goldman che si impegnò a portarle gli occhiali dopo la chiusura del locale. L’ex moglie di OJ e Goldman, modello in cerca di fortuna a Hollywood, infatti, si conoscevano bene. Da alcune settimane avevano preso a frequentarsi e ne era nato un appassionato flirt. Secondo quanto ricostruito dalla polizia scientifica, il duplice delitto era avvenuto tra le 22.15 e le 22.45. Nicole Brown, in sexy abitino nero, aveva aperto la porta, ma invece di Ron si era trovata davanti l’assassino che l’aveva immediatamente sopraffatta con una ventina di feroci coltellate tutte sferrate al collo. Era quasi decapitata. Goldman arrivando pochi istanti dopo il delitto, fu sorpreso alle spalle e ucciso anche lui a coltellate. Quella sera O.J. Simpson si era imbarcato alle 23.45 su un volo Los Angeles- Chicago. Cronometro alla mano, avrebbe avuto tutto il tempo per uccidere i due e raggiungere poi l’aeroporto. Anche il movente, l’ossessiva gelosia, era più che credibile. Eppoi c’erano i guanti, identici, per marca e taglia, a quelli che, si sapeva, era solito indossare. Il 17 giugno, la procura distrettuale di Los Angeles spiccò contro di lui un mandato di cattura, incriminandolo per duplice omicidio volontario e premeditato. Simpson, tramite i suoi avvocati, promise di consegnarsi, ma quando la polizia si recò per arrestarlo se la svignò dalla porta sul retro dando origine al più bizzarro e grottesco tentativo di fuga della storia.
L’INSEGUIMENTO IN DIRETTA TELEVISIVA
OJ e il suo amico Al Cowlings, a bordo di un suv Ford Bronco bianco, procedevano sull’autostrada 405 a passo di lumaca, seguiti a distanza da decine di auto della polizia. Gli elicotteri dei maggiori network televisivi volteggiavano in aria, “sgomitando” per la migliore inquadratura e rischiando di continuo disastrose collisioni. Un velivolo, a un certo punto, esaurì il carburante e dovette atterrare su una piazzola d’emergenza. Sui viadotti, migliaia di giovani di colore attendevano il passaggio del fuggitivo, acclamandolo con un tifo da stadio. 95milioni di americani rimasero incollati alla tv per la diretta no stop. La pantomima durò 11 ore: alle 23, dopo aver ripetutamente minacciato il suicidio, O.J. Simpson finalmente si arrese. Il processo iniziò il 9 novembre 1994 e fu, inAmerica, l’evento televisivo più seguito di tutti i tempi, scalzato, anni dopo, dalla sommità del podio solo dalle dirette per gli attentati dell’11 settembre e quelle per l’uragano Katrina che distrusse New Orleans. La Procura aveva raccolto contro OJ una mole impressionante di indizi: capelli identici a quelli di Simpson furono trovati su un cappello da baseball perso dall’assassino sulla scena del delitto; altri capelli furono trovati sulla T-shirt di Goldman; a SouthBundy Drive, non tutto il sangue repertato apparteneva ai due assassinati: c’erano infatti alcune macchie di un gruppo identico a quello di Simpson che aveva peraltro dei tagli freschi sullamano destra; sul guanto di pelle nera trovato accanto ai cadaveri, c’erano dei filamenti di tessuto identico
a quello dei tappetini della sua Ford Bronco; a casa di OJ furono trovati dei calzini con tracce di sangue di Nicole; altre tracce di sangue furono repertate in camera da letto, nel bagno e nel corridoio; sulla scena del delitto e sul tappetino della Ford Bronco c’erano infine le impronte insanguinate di una tipo di scarpa molto particolare: una BrunoMagli, modello Lorenzo, taglia 45. Si trattava di calzature extralusso, vendute in pochissimi esemplari, che in una miriade di foto comparivano ai piedi di OJ. Condanna sicura? Macché. Fin dalle prime udienze del processo, il super team di avvocati difensori di OJ svelò infatti che il tenente Mark Furham, colui che aveva condotto le indagini, era un noto razzista, mai sanzionato per i suoi comportamenti dalla polizia di Los Angeles. Quando fu chiamato a testimoniare, gli fu chiesto di giurare di non avere falsificato nessuna prova, ma Furham, colpo di scena, fece scena muta. In un istante, l’attendibilità del poderoso castello accusatorio costruito contro OJ si sgretolò. L’America non credeva nemmeno più ai risultati prodotti dai laboratori della polizia scientifica. Morale: dopo 253 giornii di udienze,di Simpson fu assolto per insufficienza di prove. Nel tribunale civile, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta danni avanzata dai parenti diNicoleBrowneRon Goldman, le cose andarono nel verso clamorosamente opposto: i giudici ritennero le prove raccolte dalla polizia di Los Angeles perfettamente attendibili e condannarono OJ a pagare 67 milioni di dollari. Si tratta del primo caso della storia in cui a un imputato vengono addebitati i danni provocati dal reato per cui non è stato condannato: un assurdo giuridico. OJ, come abbiamo detto, ci mise poi del suo per scavare la fossa a quel che restava del personaggio bbello,ll riccoi e ffamoso. Ma la pietra tombale sulla sua storia la mise Barack Obama, il primo presidente americano di colore: «In questo Paese», disse, «molti pensano che bianchi e neri non possono andare d’accordo perché vedono le cose in modo diametralmente opposto. Ebbene, si sbagliano: io sono uno di quelli che ha sempre creduto che OJ fosse colpevole e per questo meritava una giusta condanna».