Chi altropotràessere salvato con la tecnica sperimentata per Alex?
IL PROFESSORE CHE HA CURATO IL PICCOLO AFFETTO DA UNA RARA MALATTIA GENETICA SPIEGA COME È STATO ESEGUITO L’INTERVENTO
La storia del piccolo Alex, che tanto ha emozionato il Paese, ci lascia molti insegnamentimedici e scientifici. In primo luogo, ha contribuito a creare una maggiore culturabio-solidaristicadella donazionedi cellule staminali
emopoietiche (quelle che, nel nostro midollo generano i globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e di questo beneficeranno altri malati che avranno più probabilità di trovare un donatore. Ma questo successo insegna anche che il trapianto da uno dei due genitori uguali immunogeneticamente con il paziente solo per metà (trapianto aploidentico) è oggi realizzabile conmaggior sicurezza grazie a una manipolazione delle cellule da infondere. Infatti possiamo eliminare i T linfociti alpha/beta che causerebbero un’aggressione dei tessuti del paziente, lasciando i linfociti natural killer (o cellule T gamma/delta), utili per il buon esito del trapianto. I primi sono però crucialicontro le infezioni. E allora ecco che, dopo il trapianto, Alex ha ricevuto un’infusione diquei T linfocitimodificaticon un gene suicida che, in caso di aggressione sui tessuti delbambino, sarebbero stati attivatiper distruggere i linfociti infusi. Un approccioutilizzabile non solo per la malattia di Alex (la linfoistiocitosi emofagocitica) maper tutte quelle patologie curabili con il trapianto (leucemie acute, thalassemia, immunodeficienzeprimitive). Oggidunquepoter trapiantarechiunqueneabbiabisognoèunapossibilitàconcreta. Un traguardo raggiunto grazie a uno stretto connubio tra ricerca e assistenza medica. Una buona qualità della secondanonesistesenza investimenti importantisullaprima.
(testo raccolto da Alessandra Franchini)