Beppe Fiorello
«Il mio ultimo film l’ha scelto Mattarella»
L’eroe ddellall porta accanto. GiGiuseppe Fiorello, 50 anni a marzo, il 19 febbraio torna in tv con Il mondo sulle spalle. L’attore catanese narra una storia vera, come predilige. E veste i panni di Enzo Muscia, un tecnico specializzato, lasciato in mezzo alla strada da una multinazionale, che chiude dall’oggi al domani lo stabilimento in cui lavora. Nello stesso drammatico frangente esistenziale, l’operaio deve affrontare anche il parto prematuro del suo primogenito, che viene alla luce con una gravemalformazione cardiaca. Ce ne sarebbe abbastanza per frantumare qualsivoglia resistenza umana. Non quella diMuscia, che, in un contesto economico a dir poco ostile, getta il cuore oltre la recessione, ipoteca la casa, evita scorciatoie individuali e trova il coraggio di rilevare l’azienda. Per P salvare il lavoro di 35 compagni. Uno slancio solidale e socialmente rilevante nell’epoca della precarietà istituzionalizzata. Il Quirinale non resta insensibile a un tale grido di generosità e nomina il neoimprenditore Cavaliere. «In pratica il soggetto dell’opera l’ha scritto Mattarella, che ha portato Enzo sotto le luci della ribalta», spiega pimpante Fiorello. «Il Presidente è la mia stella polare, in unmomento così confuso. Lui incarna il mio ideale di comunità, dove tutti si rimboccano le maniche in un clima di rispetto reciproco. Il personaggio che interpreto è un giovane visionario. Ci spiega che bisogna tentare di fare tutto il possibile per cambiare la situazione. Senza aspettare l’assistenzialismo statale». Mi sorge il sospetto che non sia entusiasta del Reddito di Cittadinanza… «Per carità, non intendo esprimermi su misure che ancora dobbiamo capire. Voglio soltanto dire cheMuscianon ha aspettato il navigator governativo. È andato sul concreto. Nonostante stesse vivendo in contemporanea un dramma privato. Non ha mollato». Sul piccolo schermo ha sempre incarnato personaggi positivi. Non è un caso, immagino. «È una precisa scelta umana, prima che artistica. Sono rimasto fermo due anni, proprio perché mi sono messo a studiare. Non ho la smania di girare a tutti i costi. Cerco le storie giuste. Le valuto. E poi le seguo a 360 gradi. Anche in fase di sceneggiatura. L’ho fatto in passato, è accaduto anche con Il mondo sulle spalle. Ci metto la faccia
e voglio essere sicuro che il risultato finale sia coerente con il progetto». A proposito: qual è il suo “progetto”? «Mi piace l’idea di rappresentare un altro Paese. Un’Italia propositiva. C’è troppa informazione ansiogena in giro. E circolano troppi luoghi comuni. Nel film I fantasmi di Portopalo, andato in onda nel febbraio del 2017, non ho raccontato soltanto la tragedia degli immigrati annegati, sulla quale era caduto uno dei silenzi politici più devastanti della storia nazionale. Da siciliano, ho anche cercato dimostrare che esiste un’altra Sicilia. Una terra generosa, molto diversa dai consolidati cliché a base di mafia e lupara». La stessa operazione che ha realizzato con la fiction su Riace,
Tutto il mondo è paese, prodotta, e purtroppo congelata, dalla Rai, per le traversie giudiziarie del sindaco, Mimmo Lucano. «Esattamente. Emi piace approfittare della nostra intervista per rinnovare la mia stima nei confronti del primo cittadino calabrese, che è innanzitutto un mio amico. Mi auguro che la sua vicenda personale si possa chiarire al più presto. L’ho sentito di recente, è molto stanco e provato. Prima i domiciliari, poi il divieto di dimora a Riace, recentemente confermato, con
l’accusa di fa avoreggiamen- to dell’immigrazione clandestina. E, soprattutto, l’attacco o a un modell lo di accoglienz za degli extracomunitari. Un modello di integrazione che funziona, e io l’ho toccato con mano, quando ho girato il film, che la Rai giustamente non manderà in onda, finché non si chiude il processo. Mimmo è una persona che ha fatto del bene. Al di là di alcuni errori veniali, che lui stesso ha ammesso». Un grande motivo di conforto può trovarlo nella candidatura di Riace al premio Nobel per la Pace. «È una designazione che mi riempie di gioia. Sono stato tra gli artefici dell’iniziativa. Lucano meriterebbe un simile riconoscimento. Il mondo deve comprendere il senso della sua opera umanitaria. A dire no siamo bravi tutti. Trovare un’idea per accogliere èmolto più difficile. Ci vogliono cuore e coraggio. Io a Riace ho visto con i miei occhi persone inserite nel tessuto sociale, con un lavoro, e bambini felici, che andavano a scuola. Ho vissuto una favola moderna, straordinaria e senza precedenti. Una favola che ha dato fastidio a qualcuno, pe rché dimost tra che l’integrazione t è possibile, se gest ita con c umanità e con l’aiuto de llo Stato». Perché P non por ta sul grande schermo il suo impegno civile? «Magari! Non sono io a schivare il cinema. È il cinema a rifiutare me. Tut ta colpa delle etichette. Non è dietrologia. L’ho sentito con le mie orecchie. Io sono considerato un “attore da piccolo schermo”. Mi consola soltanto che ormai tanti colleghi abbiano scelto la strada della fiction tv». A proposito di colleghi, lei in famiglia ne ha uno molto particolare. Avete recitato insieme nel video di Biagio Antonacci Mio fra
tello. È immaginabile che in futuro facciate qualcos’altro insieme? «Dipende dal progetto. Se ci fosse l’idea giusta, chissà. Rosario non si ritiene un attore. Del resto, interpretare un personaggio richiede uno sforzo psicanalitico su se stessi. E lui non se la sente di farlo. L’ha sempre detto con grande schiettezza. E nel nostro mestiere, è questa la cosa più importante: essere onesti con il nostro pubblico».