HUNZIKER & BONGIORNO
È UNA SOFFERENZA COSÌ GRAVE CHE, PERLA LEGGE, È COME SUBIRE UN MALTRATTAMENTO
La mia migliore amica e suo marito litigano molto spesso, purtroppo anche violentemente. Quando sono diventati genitori ho sperato che, per amore del bambino, riuscissero a contenersi, invece la situazione è immutata. Adesso il bambino ha quattro anni e, dato che litigano anche davanti a lui, capisce tutto. Ho sentito parla redi“violenza assistita ”, riguardo ai figli che assistono ai litigi dei genitori, e sono preoccupatissima. Può spiegarmi bene di che cosa si tratta? Giulia
Con l’espressione “violenza assistita” si fa riferimento a comportamenti vessatori che non sono rivolti direttamente in danno dei figli minori ma li coinvolgono indirettamente. I figli sono cioè involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono in casa. Quando queste condotte vessatorie sono abituali, e tali da provocare uno stato di sofferenza psicofisica neibambini che vi assistono, si può anche configurare il delitto di maltrattamenti previsto dall’art. 572 del codice penale. Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Cassazione (tra le altre, sentenza n. 18833 del 2 maggio 2018), la norma sanziona la condotta di chi maltratta: in questa definizione possono rientrare non soltanto percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte a unapersona, ma anchegli atti di disprezzoeoffesa alla suadignità che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali; quindi, anche atti che di per sé non costituiscono reato. Inoltre, non necessariamente deve trattarsi di specifici atti vessatori compiuti n nei confronti diqu alcuno: ai fini del rreato, può essere rilevante anche i il“clima” che si instaura all’ interno ddella famiglia in conseguenzadi attti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi acari codi ppersone che si trovano in posizionne di soggezione rispetto al malttrattante. È necessario però che le condottec vessatorie sianoreiterate nel tempo (la cosiddetta abitualità) - seppur per un periodo limitato - e tali da cagionare una sofferenza fisica o morale continuativa nelle vittime. Nella sentenza che ho citato, si specifica propri oche il delitto di maltrattamenti può essere configurato anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano (solo) indirettamente, quali involontari spettatori di liti e scontri all’interno delle mura domestiche. In altre parole, il reato può ricorrere quando essi siano vittime della cosiddetta violenza assistita, così definita perché l’azione è
rivolta a colpirenondirettamenteloro maunodeigenitori, oppureconsiste in una reciprocità di offese tra i genitori. Un fenomeno molto comune, secondo i più recenti dati Istat: nel 2014 la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza sullamadre era pari al 65,2%, un dato in aumento rispetto a quello registrato nel 2006. Anche la Cassazione ha ricordato che è pacifico, per la scienza psicologica, che anche bambini molto piccoli percepiscono quanto avviene nell’ambiente che li circonda: assorbono dunque gli avvenimenti violenti, riportandone ferite psicologiche indelebili e con inevitabili ripercussioni negative sullo sviluppo della loro personalità. Purtroppo, spesso si sottovaluta l’effetto sui minori dell’odio tra i genitori: non si tratta naturalmente di prendere le parti dell’uno o dell’altro, si vuole soltanto focalizzare l’attenzione sul dato di fatto che - a prescindere da torti e ragioni - per i figli è molto doloroso assistere a scontri e litigi. In ogni caso, tenga conto che, proprio perché si fonda su una relazione indiretta fra chimaltratta e la vittima, il delitto di maltrattamenti derivante da una condotta riferita alla cosiddetta violenza assistita implica una prova rigorosa: bisogna infatti accertare da un lato l’abitualità del comportamento come sopra descritto e dall’altro che esso abbia cagionato, secondo un rapporto di causa-effetto, uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi.