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EDITORIALE

LACANZONE DI ACHILLE LAUROÈUN INNOALLADR­OGA? LUI SMENTISCE. MACHI CI CREDE?

- di Umberto Brindani

Sul Festival di Sanremo c’è un simpatico paradosso. Sono 10 milioni quelli che l’hanno guardato. Tanti, sì, ma stando a ciò che si sente in giro mica gli è piaciuto. Per esempio, cito a caso qualche lettera fra quelle chemi sono arrivate. «Sono cresciuta a paneeBagli­oni, ho tutti i suoi vinili, l’ho seguito nei concerti. Ma per me quest’anno Sanremo non esiste!», scriveMari­na daGenova. «Per essere veramente ilFestival della canzone ogni brano dovrebbe essere interpreta­to da due cantanti», propone Licurgo Lami, evidenteme­nte non soddisfatt­o per la formula attuale. «Finalmente è finita la sagra di Sanremo: ho deciso che non lo guarderòma­i più! Grande Federico Fellini quando disse: “Sanremo? Ma lo fanno ancora?”», conclude Monica da Salsomaggi­ore.

Insomma, se a tanti non piace, perché lo guardano? La risposta potrebbe essere: per poterne parlare. La sera stessa, via social o in famiglia, o il giorno dopo, a scuola, al lavoro. Per dare giudizi in libertà, criticare il criticabil­e, sentirsi parte di un corpaccion­e collettivo esperto di musica, di comicità, di conduzione. In fondo Sanremo non è, o non è più, un semplice concorso canoro: è uno spettacolo circense, in cui vengono esibiti i “fenomeni” e si mettono in piazza i loro difetti e le loro fragilità (sarà per questo che il palco dell’Ariston, dicono, fa tremare le gambe anche ad artisti navigati). Pensateci. Claudio Baglioni? Hanno detto di tutto: è rigido, non sa condurre, ha il conflitto di interessi, vestito di bianco sembra un cameriere. Claudio Bisio? Ha il freno tirato, è di sinistrama non può dirlo, quella giacca è orrenda. Virginia Raffaele? È una imitatrice, non ha identità, è troppo magra. E via così, per ogni personaggi­o, per ogni cantante, per ogni ospite o super-ospite (questi ultimi, per la verità, risparmiat­i dal dileggio, intoccabil­i per definizion­e).

Io stesso ne ho guardato una serata intera e qualche spezzone qua e là, ma per lavoro, perché sapevo che me ne sarei dovuto occupare sul giornale. Fondamenta­lmente, l’ho trovato noioso. Noioso perché eccessivo. Troppe canzoni, troppe luci, troppi «dirige il maestro Caio, canta...», troppe istruzioni per il televoto (che poi, altro paradosso, non è servito a nulla), troppi spot pubblicita­ri. E poi, scusate il bisticcio, troppi trapper, e rapper, cioè troppi cantanti che invece di cantare parlano, e parlano così velocement­e che non ci si capisce una mazza. Anche se forse, come cantava Francesco DeGreg ori( che al Festival non c’èmai andato ), «non c’è niente da capire».

Alla fine, resta il proliferar­e delle polemiche. Sul vincitore morale, Ultimo, e la sua maleducazi­one. SuMahmood, che è italiano ma non si direbbe. Su Loredana Bertè, che ha “vinto” all’Ariston ma non fuori. Sulla Giuria d’onore e sulla sala stampa che hanno dato un buffetto a Salvini. Sugli artisti «raccomanda­ti». E sul presunto «inno alla droga» di Achille Lauro.

Ehg ià.Losc andalo Achille Lauro. Aunpr imo ascoltomie ra anche piaciuta, la sua canzone. Poi è arrivatala rivelazion­e di Strisciala notizia: RollsRoyce non è l’automobile, è una pasticca di ecstasy. A pag. 36 diamo conto della cronaca e delle smentite sue, di Baglioni e della Rai. Ma lo dico chiaro: solo chi è ingenuo o in malafede può credere alle smentite. Il testo è un trionfo di star tossicodip­endenti o morte per droga, con la chiosa «voglio una vita così, voglio una fine così». Lui stesso, LauroDeMar­inis detto Achille Lauro, è un ex spacciator­e, ex ladro di motorini ed ex rapinatore finito per due mesi in carcere: con un tale curriculum, difficile che non sappia che la Rolls Royce è una pillola di sostanze stupefacen­ti piuttosto famosa nel giro. Adesso, imbarazzat­i, inRai dicono: «È una storia di redenzione». Redenzione? Con un invito ai giovanissi­mi, cioè coloro che più ascoltano questo tipo di brani, a fare «una vita così, una fine così»? Ma siamo matti? E il servizio pubblico, non contento di avergli lasciato il palco dell’Ariston, lo incensa pure il giorno dopo in due importanti trasmissio­ni su Rai 1? Mi spiace, questa Rolls Royce non riesco proprio a mandarla giù.

 ??  ?? Achille Lauro, 28 anni, nome d’arte di Lauro De Marinis, ha presentato a Sanremo il brano Rolls Royce, che secondo molti è un inno alla droga.
Achille Lauro, 28 anni, nome d’arte di Lauro De Marinis, ha presentato a Sanremo il brano Rolls Royce, che secondo molti è un inno alla droga.
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