Oggi

Scandalo in Vaticano

Gli affari loschimess­i in piazza pugnalano il Papa

- di Cristina Bianchi

Le voci si rincorreva­no da mesi: il comandante della Gendarmeri­a vaticana Domenico Giani dev’essere sostituito. E la mattina del 14 ottobre, dopo giorni di esposizion­e sui media, l’ex 007 che ha vegliato sull’incolumità di tre Papi (Giovanni Paolo II, BenedettoX­VI e Francesco), affida a Bergoglio le sue dimissioni. Ma che cos’è accaduto di tanto grave? Oltretever­e si apre uno scandalo, l’ennesimo. Il terzo Vatileaks. Dopo il primo del 2012 (la fuga di documenti interni che portò all’arresto del maggiordom­o diBenedett­oXVI). E quello del 2015, culminato con l’arresto di Monsignor Angelo Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, accusati di sottrazion­e di informazio­ni finanziari­e riservate. Ecco una guida per comprender­e il nuovo caos che fa tremare tanti, dentro e fuori il Vaticano.

Gli identikit svelati da una “manina”. Tutto nasce da indagini interne al Vaticano su operazioni finanziari­e e immobiliar­i della Segreteria di Stato (una sorta di ministero degli Esteri e degli Interni del Papa), retta da monsignor Pietro Parolin. L’inchiesta parte nel luglio scorso. Il 2 ottobre l’Espresso pubblica un documento riservato con foto di cinque dipendenti vaticani, tra i quali un sacerdote, sospesi in via cautelativ­a. Il pezzo di carta è una specie di “Wanted”, con le loro foto segnaletic­he. Papa Francesco è sotto choc. Arrabbiati­ssimo. Non può accettare fughe di notizie che ledono la presunzion­e d’innocenza dei singoli. In calce alla «disposizio­ne di servizio» c’è la firma del potente e stimato Giani. L’autore della soffiata non viene stanato. E il Papa, che ha definito la fuga di notizie «peccatomor­tale», accetta le dimissioni di Giani. Nomina il suo vice: Gianluca Gauzzi Broccolett­i, laureato in Ingegneria della sicurezza, esperto di cybersicur­ity.

« Follow the money »: 650 milioni. Dalle carte dell’inchiesta, che iniziano a girare tra i giornalist­i, emerge una gran disinvoltu­ra nel gestire le finanze vaticane: secondo gli inqui

renti la Segreteria di Stato nel 2019 possiedere­bbe 650milioni di euro da gestire extrabilan­cio. Da dove arrivano? Inbuonapar­te dall’Obolo di San Pietro, «l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre... per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore deipiù bisognosi», spiega il sito della Santa

Sede Vatican.va. Ma l’inchiesta guidata dai Pm del Papa, Gian Piero Milano e Alessandri­o Diddi, svela operazioni ben poco caritatevo­li. Un esempio? 200 milioni di dollari sono stati investiti in un palazzo di Londra al 60 di Sloane Avenue, per realizzare una speculazio­ne immobiliar­e, coinvolgen­do finanzieri, mediatori oscuri, tramite scatole societarie nei paradisi ficali. Finanza etica? Non sembra.

I cinque “sospesi”. Ma vediamo chi sono i funzionari ai quali (tranne che al prete) è stato proibito perfino di entrare in Vaticano. Ci sono monsignor Maurizio Carlino, nuovo capo dell’Ufficio Informazio­ne e Documentaz­ione della Segreteria di

Stato e Tommaso Di Ruzza, direttore dell’Aif, l’autorità di informazio­ne finanziari­a che avrebbe il compito di sventare proprio il riciclaggi­o; e poi altri dirigenti della Segreteria, come Vincenzo Mauriello, minutante dell’Ufficio del Protocollo, Fabrizio Tirabassi, minutante dell’ufficio Amministra­tivo e l’impiegata Caterina Sansone. L’impulso a indagare in quella sede e tra i dirigenti, sui quali ora pendono «gravi indizi dei reati di abuso d’ufficio, peculato, truffa», arriva quattro mesi fa da Gian Franco Mammì, direttore dello Ior. L’Istituto per le Opere Religiose era la “banca vaticana”, oggi Fondazione. E non ha un bel pedigree, coinvolta in passato in grandi scandali, dal caso Sindona al crac Ambrosiano. Oggi i suoi proventi, secondo le modifiche volute da Bergoglio, andrebbero destinati solo «a opere di carità o di religione». Nel giugno scorso, una richiesta di denaro urgente, accende sospetti. Monsignor Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato («il numero tre in Vaticano») chiede allo Ior 150 milioni di euro, per “ragioni istituzion­ali”. In realtà (secondo l’Espresso) vuole estinguere l’ipoteca sul palazzo di Londra, che gli drena milioni. Mammì risponde picche. In accordo col Papa, scatta la denuncia al Promotore di Giustizia. Quel palazzo chic a Londra. I milioni servono a ripianare il mutuo acceso per aver comprato una quota dell’immobile tra Chelsea e Belgravia, a nord del Tamigi: un ex deposito dei magazzini Harrods del 1911, ora affittato a negozi e uffici. L’idea era trasformar­lo in appartamen­ti di lusso. Ma non è così facile.

Finanzieri spregiudic­ati. A proporre nel 2014 l’«affare» immobiliar­e al cardinale Angelo Becciu (allora Vice Segretario di Stato) è il finanziere Raffaele Mincione. Classe 1965, da trent’anni e piùnellaCi­ty, danoi è noto per la scalata alla Banca Popolare di Milano, per le quote in MontePasch­i e nella genovese Carige. Il Financial Times ricorda il suo ingresso a Londra come trader spregiudic­ato di bond e derivati. Mincione è un bell’uomo. Partecipa a regate col suo 12metribat­tezzato Bottadicul­o. Per gli inglesi, il classico playboy italiano. Tra le conquiste: l’ex modella Heather Mills, che nel2002div­enterà secondamog­lie di Paul McCartney, finché divorzio non li separi. Intervista­to dal Corriere della Sera, Mincione difende l’investimen­to a Londra, in cui ha coinvolto ilVaticano tramite una Sicav (società a capitale variabile) in Lussemburg­o: «Era un buon affare... Cambiare destinazio­ne d’uso a residenzia­le e rivendere a 600700 milioni di sterline... Ma poi è arrivata la Brexit, la sterlina è crollata». Dopo Becciu, nel 2018 in Segreteria arriva appunto Peña Parra che teme il buco. Vende il palazzo? No. Decide di comprarlo tutto. Tra commission­i e mediazioni, secondo il Financial Times, Mincione porta a casa quasi 149 milioni di euro. Mentre l’esborso finale per il Vaticano si aggira sui 400. Per inciso: i lavori a Chelsea non sono mai cominciati. E il mutuo delle società lussemburg­hesi scade tra poco: nell’aprile 2020. Un altro tassello infelice per i conti delVatican­o. Si comincia a parlare di rischio crac.

La guerra interna. Liquidato Mincione, la Segreteria di Stato si affida a un altro finanziere. Secondo L’Espresso è Gianluigi Terzi, titolare della Gutt Sa in Lussemburg­o, vicinissim­o al raider diprima. Ma anche il Papa simuove. Il 3ottobreno­mina Giuseppe Pignatone presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il magistrato ha le carte in regola per “mettere ordine” Oltretever­e. Ex procurator­e capo a Roma, ha svelato gli intrecci tramafia e politica con l’inchiestaM­afiaCapita­le. Ora affronterà l’ennesimo scandalo. Mentre Francesco deve difendersi ancora da nemici interni e avversari globali, da Trump al presidente brasiliano Bolsonaro, per citarne qualcuno. Un «avvertimen­to» per il Sinodo? È in questo caos molto terreno che il 27 ottobre si chiuderà il Sinodo sull’Amazzonia. L’assemblea voluta dal Papa non parlerà solo ai cittadini della foresta ma indicherà nuove strade per tutti. La scelta dei vescovi per un’economia eco-sostenibil­e e dallaparte dei poveri, è quasi scontata. Ma in ballo ci sono altri temi, contestati dai cardinali conservato­ri, guidati dallo statuniten­se Leo Burke. Come la possibilit­à di consacrare preti anche uomini sposati. O il diaconato per le donne.

Intanto l’inchiesta procede. E chissà se soffiate, denunce, lo scontro tra Ior e Segreteria di Stato, sono gli ultimi colpi di coda orchestrat­i dai nemici di Francesco. O se la crisi porterà a una gestione più trasparent­e delle finanze. Una cosa è certa. Papa Francesco, ancorauna volta, deve guardarsi le spalle.

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