La ginnasta dei record
La storia di Simone Biles
Se volete capire chi è davvero Simone Biles, guardatevi le immagini delle qualificazioni per leOlimpiadi di Rio del 2016. Simone sale sulla trave, tenta una capriola e non le riesce, si lancia in un salto e cade malamente. Il pubblico è stupefatto, per lei la gara sembra finita qui. Mezz’ora dopo, la ginnasta raggiunge la pedana per il corpo libero, ed è oro. Poi le parallele. Oro. Poi la finale all around. Ancora oro. Perché sbagliare si può, ma mollare, mai.
Pochi giorni fa, Simone è entrata nella leggenda: con le sue vittorie ai Mondiali di Stoccarda, è diventata l’atleta più medagliata della storia della ginnastica artistica. Brava, direte voi. Sì, ma c’è dell’altro. Perché la verità è che se questa ragazza di 22 anni avesse seguito quello che il destino aveva scritto per lei, anziché sul podio sarebbe finita in un sottoscala della periferia di Columbus, Ohio, a farsi di crack ed eroina. E invece.
UNA FAMIGLIA SFASCIATA
Quando è nata, Simone non la voleva nessuno. Non sua madre Shanon, alcolizzata e tossicodipendente, non suo padre Kelvin, che mollò la piccola e i suoi tre fratelli senza voltarsi indietro. A tre anni, Simone sta per essere affi
data ai servizi sociali quando i nonni materni Ron e Nellie si ribellano, la portano con loro in Texas e l’adottano. Simone cresce chiamandoli mamma e papà, va in chiesa ogni domenica («La fede è il mio baluardo, Nellie mi ha regalato un rosario e lo porto sempre con me», racconta), s’iscrive a un corso di ginnastica. Ed è la rivelazione. Aimée Boorman, tuttora la sua istruttrice, capisce che quello scricciolo ha fame di emergere: a dieci anni Simone va in palestra anche con la febbre, a 14 lascia la scuola e comincia a studiare da sola, a casa, pur di allenarsi tutto il giorno. I risultati? Biles comincia a 16 anni con l’oro ai Mondiali di Anversa e non la smette più: Mondiali, Olimpiadi, altri Mondiali, fino all’abbraccio di Michelle Obama che con la voce che trema parla di lei come del «meglio degli Stati Uniti».
Come in tutte le favole, a Simone non va sempre tutto liscio. Da teenager si vede grossa, massiccia. «Tutti ammirano i miei muscoli in pedana, ma io vorrei solo mettermi un vestitino ed essere carina», confessa. Dopo le Olimpiadi di Rio, salta fuori che è positiva al metilfenidato e su di lei cade l’ombra del doping, finché il suo team non ammette che Simone è in cura per l’ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività diagnosticatole da bambina. Poco dopo, un brutto infortunio la tiene ferma per mesi: Simone racconta di sentire il suo corpo «andare in pezzi».
HA AMMESSO LE VIOLENZE
La ferita che fa più male a Simone, però, è un’altra. Quando negli Usa scoppia lo scandalo Larry Nassar - il medico della Federazione americana di ginnastica condannato a 175 anni di carcere per aver abusato sessualmente di decine di giovanissime atlete - Biles ammette di essere una delle vittime. «Mi sono chiesta per anni se fosse colpa mia», confessa la ginnasta, «ancora oggi non so mai di chi posso fidarmi davvero».
A 22 anni, Simone non è più giovanissima. I commentatori osservano che alle Olimpiadi di Tokyo, l’anno prossimo, c’è chi potrebbe rubarle l’oro. A chi le chiede se parteciperà, lei si limita a sorridere, sorniona. «Mi hanno già dato per finita molte volte. Lasciamo che lo pensino ancora».