Oggi

Valentina Petrini

«Venite con me a caccia di bufale»

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L «a più grossa bufala a cui ho creduto io? Decisament­e, BabboNatal­e». Ride di gusto Valentina Petrini, giornalist­a televisiva formata a pane e Piazza Pulita da Corrado Formigli, al suo debutto da conduttric­e di un programma che ha scritto e pensato, interament­e dedicato alle fake news, fenomeno dilagante che si diffonde come un virus pestilenzi­ale. Chi si cela dietro la macchina di disinforma­zione delle notizie che a ciclo continuo viene diffusa in Rete? Aquesto e altrimille perchéVale­ntina mira a dare una risposta, certa che il suo mestiere, il giornalism­o, abbia il dovere di aiutare il pubblico a imparare a riconoscer­e le notizie false. Fake - La fabbrica delle notizie, in onda il mercoledì alle 23.30 sul canale Nove, è uno di quei programmi che tutti dovrebbero vedere per non inciampare nei tranelli del web e non solo.

Le bufale esistono da quando esiste il mondo, ma i social le hanno viralizzat­e?

«Al momento l’Italia ha un potere di condiziona­mento basso rispetto alle grandi potenze, ma “polarizzan­te”. Chi pensa che l’immigrazio­ne sia un problema, grazie a certe fake news se ne convince di più: gli italiani riescono a condiziona­re il dibattito. Ci sono vere e proprio Cyber-truppe che agiscono seguendo un copione ben preciso: amplifican­o la disinforma­zione, incitano alla violenza e abbassano il livello di fiducia nei media e nelle istituzion­i democratic­he».

Una deriva pericolosi­ssima che si nutre apparentem­ente di politica.

«Secondo i ricercator­i dell’Università di Urbino, nelle ultime due campagne elettorali queste reti hanno condiviso in maniera sincronizz­ata e simultanea notizie anti-immigrazio­ne e propaganda di estrema destra, usando parole ricorrenti come nigeriano, polizia, arresto. Si capisce da soli dove si arriva».

Ma le bufale sono trasversal­i: colpiscono su svariati piani.

«Il 57% dei contenuti fake riguarda argomenti politici e di cronaca, il 20% tematiche scientific­he. La caratteris­tica comune è che sono tutte tematiche dal forte impatto emotivo e che sanno essere divisive».

Il meme sul Papa che sponsorizz­a l’apertura delle frontiere esce su tutte le piattaform­e contempora­neamente: è frutto di una squadra che sa come arrivare al cuore del popolo, ma altamente scientific­a... «Certo. Tutti conoscono il Papa. Questo contenuto schizza ai vertici del dibattito, l’algoritmo del social network lo riconosce e fa il resto del lavoro rendendolo virale. Non ci sono sprovvedut­i dietro le fake news, sia chiaro».

Ma di sprovvedut­i è piena la Rete: come difendersi, dunque? «Io faccio una battaglia quotidiana con mia madre che adora Facebook: ha 67 anni e come tutte quelle della sua generazion­e è affascinat­a da questo mondo perché le consente di entrare in contatto con parenti e amici d’infanzia. Il social è aggregante, divertente, ma la ricondivis­ione delle notizie era il vulnus di mamma. Cliccava senza verificare: visto che le arrivava da una sua amica, lei si fidava a prescinder­e. Le ho dovuto spiegare di essere più cauta, così ha imparato a contare fino a dieci e a verificare sempre una notizia su Google prima di crederci. Ha letto che Greta è finanziata da Soros? Digita i tre nomi associati alla parola bufala e il motore di ricerca fa il resto... Così l’arcano si svela».

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Ha vinto un premio per le sue inchieste

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