Paternità
«Buoni padri si diventa»
Ouando i figli sono diventati quattro, si è dato da fare. Più di prima. Luca Ruggeri, modenese, rappresentante di prodotti per parrucchieri, sposato con Emanuela, maestra elementare, e papà di Raffaele, 11 anni, Filippo, di 7, e dei gemelli Sebastiano e Lucia, di 5, si è inventato un manuale di paternità. E sì, anche un po’ di sopravvivenza. E lo ha messo anche nero su bianco nel volumetto Fecondo me, sottotitolo La gravidanza non è una malattia ma può essere contagiosa, che ha scritto e ha pubblicato da solo. Perché lui lo sa e lo dice: «Non si finiscemai di imparare a diventare padre». E sì, certamente anche madre. Insomma, genitori. Qui però si parla di papà. Luca Ruggeri, 39 anni, ha perfezionato la sua idea di paternità quando sono nati i gemelli. «Ho cominciato a pensare al libro nelle notti insonni, mentre tenevo in braccio, a turno, Sebastiano e Lucia, perché continuavo a vedere davanti agli occhi tutti gli errori fatti fino ad allora nel ruolo di papà». Così ha cercato soluzioni per evitarli e la strada per condividerli. «A dir la verità, ci homesso un po’ a finire il libro, diciamo che la scrittura non è proprio ilmiomestiere. A scuola non me la cavavo bene neppure con i temi», ammette. «Ma volevo evitare di fare gli sbagli che avevo fatto con i primi due figli».
Quali? Ecco un piccolo elenco secondo papà Luca, e non manca qualche consiglio. «Prima di tutto dobbiamo riconoscere che noi maschi ci facciamo prendere dalla pigrizia: la gravidanza non ci coinvolge e continuiamo a fare la vita di prima. Certo, la pro
tagonista principale è la donna, ma forse bisognerebbe considerare anche il ruolo paterno, per esempio nei corsi di preparazione al parto», dice. Sarà per questo che oggi spesso partecipa a questo tipo di incontri raccontando l’attesa di un figlio dal punto di vista maschile e la sua esperienza.
2O MINUTI PER CAMBIARE UN PANNOLINO
«Quindi, per cominciare ad affrontare bene l’attesa di un figlio, bisogna imparare a cavarsela anche nelle cose pratiche: far la lavatrice, la spesa e cucinare, se non si è abituati a farlo, può servire a evitare di mangiare tutti i giorni pasta in bianco», spiega partendo dall’Abc. E continua ragionando sull’importanza della consapevolezza nel passaggio da maschio a padre: «L’uomo deve saper ascoltare la compagna in attesa e nei primi mesi dell’arrivo del bambino e imparare a tutelare le sue scelte. Insomma, deve sviluppare un istinto paterno, o, forse, è meglio dire materno. E deve fare anche da salvagente verso chi, di solito parenti e amici, è sempre pronto a esprimere opinioni e a dare consigli.
Per esempio, su dove partorire». Il vademecum considera anche il rischio di andare in confusione. «Spesso ho dato retta ai suggerimenti di mia madre e da qui sono nate discussioni. Certo, anche piccole, magari sulla scelta della carrozzina, ma forse potevano essere evitate. E la prima volta che ho cambiato il pannolino ci homesso 20minuti», elenca. E se gli chiedi quanto tempo ha impiegato a diventare il padre che è oggi risponde in questo modo: «Ci ho messo tanto. Per dire, all’inizio, la pancia che cresceva mi faceva paura. Non volevo ammettere che era il principio di una nuova fase della mia vita e di nuove responsabilità».
E volete sapere come ha reagito quando gli hanno chiesto se voleva tagliare il cordone ombelicale? Così: «La prima volta avrei preferito tagliare la corda, ma mi sono fatto coraggio e, senza svenire, ho compiuto il mio dovere».
Nel libro Fecondo me, Ruggeri elenca alcuni ingredienti che possono aiutare a diventare un bravo papà. Eccoli: amore, dedizione, pazienza, delicatezza, passione, gentilezza, forza di volontà, positività. Poi, oltre a questa lista, ha cercato di dare un senso alla parola padre. Con cinque consigli, uno per ogni lettera: pensa, ascolta, decidi, rispondi, educa. Detto questo, osserva che «nessuno potrà mai dare il patentino di padre pronto» e che si sente di appartenere al club dei papà imperfetti.
Papà Luca, a quota quattro figli, non si è fermato alla pubblicazione del libro Fecondo me. Anzi, proprio questo titolo ha fatto nascere anche unmarchio di abbigliamento. «Presentando il libro e incontrando altri genitori mi sono reso conto che nessuno avevamai dedicatouna griffe o un’azienda ai papà. Per dire, quando nasce un bambino, un padre quasi mai riceve un regalo. Cosìmi è venuta l’idea di realizzaremagliette e cappellini dedicati a lui, e poi anche a tutta la famiglia. E in seimesiho già trovato oltre 30 rivenditori in Italia», spiega. Curiosi di sapere che voto gli dà la mogliemaestra? Ecco: «Mi dà 10. Ma all’inizio, meritavo un sei scarso».