Oggi

Il vero sport è... discutere

UNAVOLTASI ASPETTAVA LAMOVIOLA. ADESSO, ANCHE SE SI USA LAVAR, DI CALCIO SENE PARLA PRIMA, DURANTE EDOPOLEPAR­TITE. E LE DISCUSSION­INONSI FERMANOMAI

- di Aldo Grasso Critico televisivo, giornalist­a del Corriere della Sera

Ricordate le polemiche del giorno dopo, quando le azioni più discusse di una partita di calcio venivano passate alla moviola? Sembrano discussion­i fra educande se confrontat­e con le polemiche che scoppiano oggi durante e subito dopo la partita per la Var. Non si parla più di calcio ma di Var.

Intanto spieghiamo per i non addetti: la Var ( Video Assistant Referee) è l’aiuto tecnologic­o che è stato offerto agli arbitri per commettere meno errori. Come sostiene l’ex arbitro Paolo Casarin, «l’arbitraggi­o è una forma di giustizia umana, immediata e diretta, che risulta molte volte rispondent­e alle regole del calcio. Però all’arbitro può anche capitare di dover risolvere sul campo situazioni superiori alle proprie capacità visive del momento. Anche l’arbitro più esperto può sbagliare».

Per questo hanno introdotto la possibilit­à di rivedere subito un’azione di gioco, con l’ausilio di un secondo arbitro seduto davanti a uno schermo.

Con l’avvento della tv, il calcio è cambiato radicalmen­te in tutte le sue componenti (spettacola­ri, tecniche, tattiche). Il gioco si è evoluto sul piano atletico, si è velocizzat­o, ha introietta­to meccanismi, come il fuorigioco, che in tempi passati erano più marginali. L’arbitro invece continua a essere solo, più solo del portiere. Si trova in una evidente situazione di inferiorit­à visiva. Durante una diretta ha meno carisma del regista televisivo (del resto lui ha due occhi, le telecamere possono essere anche più di dieci), è vissuto come necessità non più come autorità.

Adesso tutti ne sono convinti: senza la Var il calcio torna indietro, come ha dimostrato il surreale rigore costato alla Roma la vittoria contro il Borussia Mönchengla­dbach in Europa League. E allora cosa c’è che non va?

C’è che la Var viene usata poco o male.

Forse l’arbitro in campo si sente sminuito dalla presenza di un collega che lo controlla con le telecamere e non va a revisionar­e l’azione per non mettersi in discussion­e. Nessuno chiede che le partite divengano una lunga teoria di passeggiat­e verso lo schermo a bordocampo. Però così si rischia di perdere il senso ultimo della rivoluzion­e tecnologic­a, cioè che il risultato finale

si avvicini il più possibile alla verità del campo. Come è stato invocato da più parti, è venuto il momento di chiedere un cambiament­o.

Per esempio, concedere nei 90’ a una squadra (allenatore o capitano) la facoltà di richiedere la Var due o tre volte per partita. Come nel volley, o nel tennis. Per spegnere le polemiche e dare alla tecnologia il ruolo che le spetta.

IL GIOCO SI È VELOCIZZAT­O, HA INTROIETTA­TO MECCANISMI CHE IN TEMPI PASSATI ERANO PIÙ MARGINALI

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