EDITORIALE
NELL’ITALIADIVISAERANCOROSALOSHOWMANRIESCEINUN’IMPRESAIMPOSSIBILE: PIACEREATUTTI
Finalmente è tornato Fiorello! Prima di chiudere questo numero in tipografia ho fatto in tempo a vedere la puntata d’esordio del suo Viva RaiPlay!, su Rai 1 dopo il tg. E sono rimasto sbalordito, come sempre mi capita quando c’è di mezzo lui. Uno spettacolo esplosivo, un ritmo indiavolato per un varietà 4.0 che dura solo 15 minuti. Una decina di super-ospiti, quasi uno al minuto, che riempirebbero il palinsesto di un’intera stagione tv: Raffaella Carrà e Achille Lauro che sgommano via, Luca Barbarossa e Giorgia che non cantano, Pippo Baudo che sta seduto sul trono in un retropalco, Biagio Antonacci che non riesce a entrare alla Rai ed è ripreso per pochi secondi da una telecamera di sorveglianza. E poi Marco Mengoni, Calcutta, Vincenzo Mollica... Momento top: Rose rosse di Massimo Ranieri cantata con l’auto- tune che distorce la voce, allamaniera “trap”: un ideale ponte che collega la nostalgia con il presente e il futuro, ma anche una presa in giro di un genere “mononota” che piace agli adolescenti (ma Mondo in mi 7a di Celentano è del 1966). Ma allora Fiorello come diavolo fa? E alla sua età, poi, come dice il suo «tiktoker» di riferimento (vedi a pag. 62)...
Ricordo perfettamente le occasioni in cui mi sono scompisciato dal ridere fino alle lacrime, inzuppando fazzolettini di carta: anni fa a uno spettacolo di Gigi Proietti; qualche volta guardando Aldo, Giovanni e Giacomo (quando ancora facevano ridere, ahimè); e sempre, dico sempre, conRosario Fiorello. Nonostante lui non sia propriamente un comico. E anzi non si sappia bene come definirlo. Ha scritto per esempio Renato Franco sul Corriere della Sera: «Non è un comico, ma sa far ridere; non è un cantante, ma sa cantare; non è un ballerino, ma sa ballare; segue il suo copione, ma sa improvvisare». È un intrattenitore puro, e come lui non c’è nessuno, né in Italia né probabilmente nelmondo, se è vero, come hanno detto in tanti, che se avesse tentato la strada americana avrebbe sbancato anche negli Stati Uniti, la mecca dello spettacolo. «Ma una volta ho detto no ad Harvey Weinstein per un film e lui me l’ha giurata», ha raccontato: «Volevano farmi fare una parteminore, un cantante di piano bar, e non sarei stato neppure ripreso. Dopo un po’ mi è arrivata una lettera firmata da Weinstein in persona che diceva: non sai a chi hai detto no, non lavorerai mai più in America».
Ma il vero miracolo di Fiorello, a pensarci, è un altro. In un’Italia divisa e rancorosa, stracolma di gente arrabbiata, faziosa, complottista, schiava delle appartenenze, destra contro sinistra, piddini contro leghisti e leghisti contro grillini, tutti contro tutti, e tutti sempre pronti a criticare e stroncare, in quest’Italia così frantumata lui, “Fiore” riesce a piacere a chiunque. E lo sa, e si prende in giro da solo. «Faccia un po’ di satira politica», gli dice durante il mini-show un vocione fuori campo che si qualifica come «Vertice Rai». Lui risponde: «Ma le pare che voglio rovinare la mia immagine di comico qualunquista, all’acqua di rose, come i comici di sinistra che fanno la satira sulla sinistra?».
Poi, ovviamente, un pizzico di satira politica non se la risparmia: «Avevo detto chemi sarei ritirato dalla televisione e invece eccomi qua: sono il Matteo Renzi della Rai!», alludendo alle promesse (non mantenute) di pensione anticipata fatte a suo tempo dall’ex premier. Ma la tratta in modo lieve, ironico senza essere caustico, centrando il punto ed evitando di sbracare. Con questo suo talento incredibile nello sfiorare la volgarità senza mai caderci dentro, facendo magari battute sul sesso restando però sempre a un millimetro dal baratro dell’osceno. Fiorello sostiene, non si sa quanto seriamente, di essere sopravvalutato («Non sono ’sto fenomeno»). Forse questa è la sua vera forza: l’insicurezza che lo accompagna da sempre e che si trasforma in umiltà, lavoro, impegno e volontà di cercare sempre qualcosa di nuovo. Be’, possiamo dirlo: c’è riuscito anche stavolta.