Oggi

«Per me esiste solo mia figlia»

«DA QUANDO C’ È GIULIA SONO UN’ ALTRA, LAMIA VITA NONC’È PIÙ. LEI VIENE PRIMADI TUTTO» , CONFIDA L’ATTRICE. «SONO SERENA DI NOME E DI FATTO, COLTIVO LA PACE INTERIORE. CON MIO MARITO MAI UNA CRISI»

- di Sabina Donadio

La piccola Giulia non ne voleva sapere di essere circondata dai suoi pupazzi preferiti di Elsa di Frozen e i suoi amici, senza poterci giocare: il fotografo ha dovuto arrendersi e aspettare che lei lo facesse, per cominciare a scattare le foto con mamma Serena. Sei anni e mezzo di autentica energia, ironia e allegria contagiosa, la figlia dell’Autieri e di suo marito Enrico Griselli è davvero una bambina irresistib­ile. Merito di entrambi i genitori che l’hanno cresciuta circondata di amore e attenzioni, mettendola sempre al primo posto rispetto al resto, che nel caso di Serena significav­a impegni teatrali, televisivi e canori non proprio all’acqua di rose. Una mamma equilibris­ta, che, dal trapezio della sua carriera artistica, ha da poco prestato nuovamente la voce a Elsa, la protagonis­ta del sequel del cartone animato della Disney, Frozen. Ma accanto a lei anche la piccola Giulia si è divertita a fare la doppiatric­e, lasciando il segno con la sua tenerissim­a vocina. Molto presto al cinema sarà possibile sentire entrambe.

Bel tipino sua figlia…

«Devo ammetterlo, è davvero molto simpatica. È piena di curiosità ed entusiasmo. L’abbiamo mandata a scuola un anno prima, proprio perché ci siamo accorti che era pronta a spiccare il volo con tutte le sue domande».

E come se l’è cavata? Di solito i bambini anticipata­ri fanno un po’ fatica rispetto agli altri. «Certo, i primi due mesi del passaggio sono stati un po’ più faticosi, ma poi se l’è cavata egregiamen­te. Ora fa la seconda e siamo davvero contenti della scelta che abbiamo fatto».

Scuola internazio­nale anche per Giulia? Tutte le sue colleghe mandano la propria prole in scuole straniere perché i figli

DO ANCORALA VOCE A ELSA DIFROZENN EL SE QUEL DEL C ARTO ON DELLA DISNEY. E ANCHE LAMIA PICCOLASI È DIVERTITAA­FARE LADOPPIATR­ICE

possano essere bilingui…

«No, scuola italianiss­ima. Cinque anni di elementari tradiziona­li non glieli toglierà nessuno. Le basi devono essere solide, mia figlia deve sapere bene l’italiano prima di ogni altra cosa e per l’inglese, che certamente è importante, tre volte a settimana frequenta una scuola di lingue al pomeriggio. Suo padre, che lo conosce perfettame­nte, le parla spesso in inglese e io e lei cantiamo canzoni straniere».

A chi somiglia di più Giulia? «Ho sempre pensato e sperato che assomiglia­sse a suo padre perché se ami profondame­nte un uomo è naturale sperare di avere un figlio che gli assomigli. Ora che è cresciuta però direi che fisicament­e è un mix di entrambi. Fra noi c’è una sintonia speciale, una vera simbiosi. Siamo come due canetti che si annusano, l’uno stempera le ansie dell’altro, sdrammatiz­zando i momenti più complessi, magari con una risata o una carezza. Perché lei è estremamen­te sensibile…».

Che madre è?

«Sono una mamma severa, ogni giorno di più ed è una sorpresa anche per me. Ma sono severa sulle cose importanti. L’educazione, la scuola, la disciplina nello sport e negli impegni che ha preso sono le mie priorità. A volte quando è stanca dopo la ginnastica artistica tenderebbe a mollare, ma io non transigo. Ha scelto lei di farla, come il pianoforte e il canto».

Aggiunti all’inglese, di tempo per giocare alla piccola Giulia ne resta ben poco.

«Io non la parcheggio davanti alla tv, mi piace che viva di stimoli. E il tempo per giocare non le manca certo!»

In cosa l’ha cambiata la maternità?

«Sono un’altra donna, la mia vita non esiste più, perché esiste prima di tutto Giulia. Spesso Enrico mi dice di prendermi del tempo per me, ma mi piace anteporre la famiglia a tutto il resto. Noi facciamo tutto insieme e sottrarre tempo a questo “noi” per dedicarlo a me mi pare folle. Mia figlia mi ha reso senz’altro meno intransige­nte, ma continuo a pretendere sempre tanto da me stessa come madre e come moglie. E anche come artista».

Di cose ne ha certamente fatte. «Lavoro da 23 anni, e il criterio è sempre il medesimo anche a costo di stare ferma. Non mi accontento. Ognimia scelta profession­ale è tutto fuorché casuale».

Sembrate la famiglia del Mulino bianco.

«Ci manca il cane! Di perfetto non c’è nulla nella vita, ma noi tre siamo in sintonia perché ci confrontia­mo continuame­nte, anche con Giulia, con cui parliamo come fosse un’adulta. Non mi piace banalizzar­e, noi la nostra fortuna ce la costruiamo col dialogo: c’è un lavoro anche nella coppia. Ogni quotidiani­tà comporta problemati­che, se le affronti parlando si risolvono. Da più di dieci anni io e mio marito sentiamo il bisogno e la voglia di stare insieme, mai avuti momenti di crisi».

Ed è pure talentuosa: donna fortunata lo è, non lo neghi. «Ci sono parecchie cose che la vita mi ha regalato, ma mi creda che dietro quelle c’è tanto, tanto studio e niente è lasciato al caso. Cerco di recitare sempre meglio, di cantare sempre meglio perché la voce deve essere pronta e pulita. Per farlo mi circondo di persone migliori di me che mi aiutano a coltivare ciò che madre natura mi ha donato».

Pure la bellezza la coltiva?

«Il tempo passa anche per me, inutile negarlo. Ma il mio segreto è la consapevol­ezza di stare bene con me stessa e con chi ho accanto. Io sono Serena di nome e di fatto, la mia pace interiore mi consente di guardare con bontà anche chi tenta di ferirmi. Non porto rancore, non coltivo la rabbia, mi dimentico subito dei torti subiti».

Allora mi dica almeno se ha paura di qualcosa.

«Mi spaventa l’idea di lasciare a mia figlia un mondo così pieno di incertezze, così poco solido. Per quello, da mamma, posso poco».

Il prossimo 13 novembre sarà in tv con Flavio Insinna per Pro

digi - La musica è vita, la manifestaz­ione benefica patrocinat­a dall’Unicef...

«Fare Prodigi mi ha entusiasma­to, ho adorato lavorare con giovani talenti motivati da infinita passione e che mettono impegno totale nella loro crescita artistica e profession­ale. Unicef con Prodigi riesce sia a sostenere comunità svantaggia­te in territori difficili, sia a promuovere modelli di giovani virtuosi che siano di esempio per le nuove generazion­i».

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