«Utile e divertente? Attenti a non spendere troppo»
CHI USA I TELEFONININONÈ PIÙ BRAVOA GESTIRE I SUOI SOLDI: «LATECNOLOGIACI FAFAREDI PIÙEDOBBIAMOSAPEREDI PIÙ»
La tecnologia, noi, ora, la “indossiamo” ed è anche divertente e utile, ha enormi potenzialità, ma deve essere usata a nostro vantaggio. E, soprattutto, non si sostituisce alla conoscenza: ci permette di fare di più e proprio per questo dobbiamo sapere di più»: a mettere in guardia è Annamaria Lusardi, presidente del Comitato
per la programmazione e il coordinamento delle attività di Educazione finanziaria e anche autrice di una recentissima ricerca sui comportamenti finanziari dei Millennial americani che usano i cellulari per pagare i propri acquisti ( Millennial mobile payment users: a look into their personal finances and financial behaviors) per il Global financial literacy excellence center (Gflec) della School of business della George Washington University, dove insegna. Ebbene, proprio i risultati di questa ricerca fanno riflettere: gli americani tra i 18 e i 34 anni abituati all'uso del cellulare per i propri acquisti sono pure più portati ad andare sotto nel conto corrente, a gestire le carte di credito in maniera "disinvolta" o a vivere a prestito attraverso servizi finanziari alternativi rispetto ai coetanei che non utilizzano lo smartphone per i pagamenti. Dimostrando che una maggiore vicinanza alle innovazioni nei pagamenti digitali non si sposa necessariamente con pratiche di buona gestione finanziaria. Anzi.
Giovani, tecnologici eppure finanziariamente inesperti?
«Sì, anche per noi è stata una sorpresa scoprire che chi usa questo nuovo metodo di pagamento in realtà nelle scelte finanziarie fa peggio, e prima di tutto va oltre l’ammontare che ha sul conto corrente più di chi non utilizza lo smartphone per i propri acquisti. Del resto, sappiamo bene come molto spesso le scelte economiche hanno conseguenze. E in questo caso la conclusione è che la tecnologia ci invita a spendere di più».
Vuol dire che la tecnologia non ci è amica?
«Abbiamo in genere una grande confidenza nella tecnologia, crediamo che in qualsiasi modo ci aiuti e ci renda più intelligenti. Ma non è sempre detto che ci voglia bene. E il suo passo è più veloce della conoscenza che deve accompagnarla. Diciamo che la tecnologia sta procedendo e ci porterà vantaggi, ma non sostituisce l’educazione finanziaria».
A che cosa deve prestare attenzione un consumatore, usando telefonini o altri strumenti digitali di pagamento?
«Il mondo si sta trasformando, diventa digitale e la moneta diventa invisibile. Con il telefonino o addirittura con il nostro orologio, sembra facile spostare denaro, non abbiamo nessun passaggio fisico. Anche la carta di credito facilita i pagamenti, ma con il cellulare diventa addirittura piacevole. Ecco allora che bisogna avere ancora più accortezza a quello che si spende perché si potrebbe pagare o spendere di più».
Ma il problema dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei non è l’eccessivo utilizzo dei contanti?
« Molti italiani preferiscono ancora pagare con denaro fisico e avere la “percezione” di separarsi dai propri soldi. È una questione culturale, insomma. È anche vero che chi ha studiato esperimenti di cash economy, come quelli di Svezia e India, ha avuto risultati inaspettati: un processo accelerato e forzato potrebbe non andare bene.
Per togliere il contante occorre avere anche l’infrastruttura corretta».
Servono insomma delle regole?
«Questo è un campo dove esiste poca regolamentazione, che invece potrebbe aumentare la crescita e la diffusione dei nuovi sistemi di pagamento. Ma dev'essere elaborata prima che si verifichi un caso negativo e, sull'onda emotiva, si fissino norme magari troppo restrittive, in modo da assicurare una crescita organica, con un’offerta trasparente e utenti che sappiano utilizzare le innovazioni per il proprio benessere».
Ma non dovremmo avere anche un risparmio da queste innovazioni?
«Sì. Perché se è vero che tutti i servizi hanno un costo, in questo caso la tecnologia elimina l’intermediazione e dobbiamo avere la possibilità di pagare di meno, dovrebbe farci risparmiare in commissioni. L'innovazione non può andare solo a vantaggio dell’offerta: se utilizzo i nuovi servizi, devo avere vantaggi e risparmio.
E se questo non avviene, bisogna chiederlo».