Il Vangelo della domenica
Se non potete andare a Messa
Anche in questa domenica, la liturgia romana e quella ambrosiana ci invitano a riflettere sul medesimo passo evangelico: un fatto stupefacente, la risurrezione di
Lazzaro.
Gesù si trovava fuori dalla Giudea (dove viveva Lazzaro). Maria e
Marta ( le sorelle di Lazzaro) fanno giungere a
Gesù questo messaggio:
«Il tuo amico, Lazzaro, è malato, è grave; vieni subito!». Ma Gesù sembra soprassedere: sapeva bene che inGiudea si stava tramando per arrestarlo e giustiziarlo. Dopo due giorni, tuttavia, decide di andare a sud, a Betania; ma, quando arriva, Lazzaro è già morto da diversi giorni. Gesù si commuove e, al sepolcro, scoppia a piangere. Poi il gesto strepitoso: fa rotolare via la pietra che chiudeva la tomba e si mette a urlare: «Lazzaro, vieni fuori!» e questi esce, come unamummia, avvolto nei lini. «Liberatelo e lasciatelo andare»: le ultime parole di Gesù.
È un brano che lascia tutti a bocca aperta. Alcune volte Gesù aveva definito se stesso come «la risurrezione e la vita». Ma, ovviamente, un conto è proclamare queste definizioni e un altro è far risorgere un morto!
Subito il pensiero corre a quanto sta succedendo in Italia e nel mondo in queste settimane. Forse anche noi, comeMarta e Maria, vorremmo cheGesù fosse qui e operasse qualche guarigione e, magari, anche qualche risurrezione. Ma non è così! Pur lasciando a Dio la possibilità di operare dei miracoli anche oggi… la storia ci ha insegnato e ci insegna che Dio non interviene platealmente come a Betania. Apparentemente, lascia che tanti bambini muoiano di fame e di guerra; che tanti anziani siano lasciati a loro stessi; che tanti, troppi, soffrano e muoiano.
Che cosa ci potrebbe suggerire questo evento? Forse ci invita a puntare i nostri riflettori su Gesù: Lui avrebbe potuto evitare la sofferenza, la morte! Eppure, le ha volute attraversare: tradito da un amico, rinnegato dal capo dei suoi discepoli, ingiuriato da chi aveva beneficato, guarito, sfamato. Processato, percosso, umiliato, calunniato, condotto alla croce tra insulti e sputi; sudore, aceto, sangue, spine, chiodi, umiliazioni, fallimenti! È come se Gesù ci dicesse che anche lui ha voluto attraversare l’esperienza del dolore, della morte perché noi uomini non crediamo a chi non abbia mai sofferto, a chi parla ma non sa che cosa significhi soffrire! Solo così apprezzeremmo l’ultima pagina del Vangelo, la risurrezione, difficile da credere nei meandri oscuri della sofferenza, del dubbio, della morte. Ma questo è il suo Vangelo, la sua “bella notizia”: non tutto finisce con la morte, «Io sono la risurrezione e la vita». Davanti a questo mistero ci sentiamo tutti come un pendolo che va e viene: qualche volta credenti, altre diffidenti, miscredenti o addirittura non credenti. Forse dovremmo pregare così: noi crediamo, Signore, ma tu … sostieni la nostra fede!