Marco Durante Il fondatore di LaPresse: «Questa è la Terza guerra mondiale»
IL FONDATORE DI LAPRESSE HA UN FILODIRETTOCON GOVERNO E QUIRINALE E DICE :« L APOLITICA L’ AVEVA PRESOSOTTOGAMBA». E SUL FUTURO: «DOBBIAMO TORNARE A ESSERE LIBERI»
Marco Durante è il proprietario e presidente di LaPresse, una delle più importanti agenzie di stampa italiane, di recente associata con l’americana Ap. Il suo è quindi un osservatorio privilegiato per capire unpo’ meglio cosa sta succedendo. Per questo l’abbiamo intervistato.
Lei parla con lemassime autorità del Paese, dal presidente Mattarella al capo del governo Conte. Ci stanno raccontando la verità? «Voglio essere chiaro: questa è la Terza guerra mondiale. I nostri padri, i nostri nonni sentivano le sirene di allarme e si nascondevano dalle bombe. Qui non ci sono le bombe, le sirene e i rifugi antiaerei, ma c’è un nemico enorme e invisibile, il Coronavirus, e potrebbe essere proprio il nostro vicino a trasmettercelo, senza sirene e senza avvisi. L’unica arma che abbiamo per difenderci è restare in casa. Il capo dello Stato ha avuto subito chiara la situazione, la politica invece ha tardato, ha preso la situazione sottogamba».
Perché?
«Per paura. Il governo ha avuto paura di dirlo ai cittadini. Si sono preoccupati dell’economia, dello spread, dei tassi, dei posti di lavoro, e hanno perso tempo. Ma si rende conto che neanche sei mesi fa si accapigliavano intorno ai 25 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva, e sembrava un dramma nazionale, e adesso sono usciti fuori 25 miliardi per l’emergenza così, senza battere ciglio? E non basteranno».
Può darci una mano l’Europa? «Attraverso l’Agenzia e attraverso Ap ho molti contatti con l’Europa e con gli Stati Uniti. Ho sempre pensato che per LaPresse fosse necessario uscire dagli schemi e guardare al di fuori dell’Italia. Abbiamo fatto un grande lavoro di comunicazione verso l’estero e il frutto di tutti questi mesi di impegno è stato l’invito da parte del nostro partner Ap alla cena di gala di comunicazione che si terrà il 25 aprile alla Casa Bianca. La cena a oggi è confermata, sono onorato di essere stato invitato a rappresentare l’Italia, anche se ho dei forti dubbi che alla fine andremo negli Stati Uniti. Ho avuto quindi modo di sviluppare un pensiero globale: nel panorama che abbiamo intorno tutto è negativo, nulla tornerà come prima, ma se c’è un elemento di speranza è proprio nel fatto che questa guerra planetaria costringerà gli europei a sedersi intorno a un tavolo e cercare misure comuni per affrontare e risolvere i problemi. Dopo le prime gaffe, come quella del
la Lagarde, ci sono segnali che ciò possa avvenire. E noi italiani siamo in vantaggio: prima derisi, ora modello per gli altri. Questa situazione potrebbe addirittura portare a un’unità dell’Italia che da tempo manca nel nostro Paese».
Che previsioni reali si fanno, nelle stanze del potere?
«Posso dire quello che ho capito io. Se saremo fortunati, se tutti rispetteranno le regole, se davvero il caldo contrasterà il virus, ragionevolmente non ne usciremo prima dell’estate. Le scuole non riapriranno. Il campionato di calcio non ripartirà, e semmai se ne riparlerà a settembre, rinviando il torneo successivo. La nostra vita cambierà, è già di fatto cambiata».
E poi?
«Poi a settembre-ottobre dovremo assolutamente avere un vaccino, perché quando ricominceranno i malanni stagionali scoppierà il panico. La gente si chiederà: è influenza o Coronavirus?».
Lei è titolare di una grande agenzia di stampa multimediale. Come si è mosso, secondo lei, il mondo della comunicazione? «Ha perso un’occasione. Però non per colpa sua, ma della politica che la tiene al guinzaglio. Devo dire che la tv, in generale, è andata al traino della carta. Con una menzione particolare per il Corriere della Sera, che ha lanciato allarmi fin da subito, ha raccontato le verità anche scomode, non si è nascosto dietro a nulla. Chapeau ».
Come ha gestito la situazione nella sua agenzia?
«All’inizio, conmisure precauzionali, tipo i dispenser di disinfettante ovunque. Poi abbiamo scoperto di avere due contagiati, su 160 persone in totale. Ma, appunto, siamo un’agenzia di notizie 24 ore su 24, non potevamo fermarci. Abbiamo individuato e isolato coloro che potevano aver avuto contatti diretti e abbiamo introdotto norme di comportamento in azienda per contrastare il fenomeno, ad esempio distanze fra lavoratori, blocco delle trasferte, chiusura di alcuni locali, limitazione all’uso dei distributori di bevande, intensificazione degli interventi di pulizia. Chi poteva, come foto o cine operatori, o il personale delle funzioni di staff, è stato messo in smart working. Alcuni giornalisti daMilano sono stati spostati a Roma e a Torino, abbiamo sanificato tutti gli ambienti. E continuiamo a fornire il servizio a giornali ed emittenti radio e tv».
E la sua vita personale?
«Sono bloccato a Milano. Mia moglie e i miei figli a Torino. Il 24 marzo è il compleanno mio e di Edoardo, dovremo festeggiarlo a distanza. Vorrei portarli al mare, o in campagna, ma non si può, ed è giusto così. Lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli e ai nostri nipoti che sono quelli che hanno reagitomeglio e che si sono resi conto e adeguati alla situazione ma che vanno protetti e aiutati a capire. Dobbiamo essere coscienti che questo virus è imprevedibile, è spaventoso, fa paura la mancanza di attrezzature, nel peggiore dei casi fra otto giorni potremmo non esserci più: ma io i miei figli voglio vederli crescere! Il Coronavirus ci ha già cambiati. Non siamo più liberi. E dobbiamo darci da fare per tornare a esserlo».