Oggi

In attesa del vaccino Ecco che cosa ci può aiutare

MOLECOLE SPERIMENTA­LI, PREVENZION­E, FARMACI CHE ATTENUANO LE COMPLICANZ­E. I MODI PER CONTENEREI DANNI DELLA MALATTIA CI SONO, DICONO GLI ESPERTI. INTANTO, LA SFIDA PER L’ IMMUNIZZAZ­IONE VA AVANTI IN TUTTO IL MONDO. EGLI ITALIANI SONO IN PRIMA LINEA

- di F. Tinelli

Cosa ci salverà dal Coronaviru­s? Ce lo chiediamo tutti. La buona notizia è che la scienza comincia a regalarci speranza. Un vaccino che già esiste e potrebbe attenuare le polmoniti, farmaci in sperimenta­zione a Napoli che sembrano accelerare la guarigione, la ricerca sul vaccino contro il SARS-CoV-2 che ha messo il turbo in tutto ilmondo, anche grazie all’eccellenza dei ricercator­i italiani. È una dura battaglia, ma la vinceremo. Ecco cosa dicono gli esperti.

UN AIUTO PER I POLMONI

L’articolo è comparso il 18 marzo sul sito del tedesco Koch Institut, centro studi tra i piùaccredi­tati sullemalat­tie infettive: pare che il vaccino pneumococc­ico, in uso da anni, riesca ad attenuare le complicanz­e polmonari nei pazienti infetti da Coronaviru­s. Possibile? «Possibile sì, se parliamo di casi in cui alla polmonite virale si somma una sovrainfez­ione batterica», spiega Paolo Bonanni, docente di Igiene all’Università di Firenze. Dati certi non ce ne sono, è troppo presto. Ma di una cosa Bonanni è sicuro: «Più la popolazion­e a rischio, over 65, è protetta dai vaccini, più il rischio di complicanz­e cala. Lo ripetiamo da sempre anche per l’influenza, un virus che ogni anno in Italia fa 8 mila morti». Peccato però che tra gli italiani over 65 i vaccinati contro lo pneumococc­o siano meno del 10%. E se il ministro della Salute partisse subito, adesso, con una campagna a tappeto? «Somministr­arlo ora non si può, far uscire di casa gli anziani in questo momento è troppo pericoloso», risponde Giorgio Palù, presidente uscente della società europea e italiana di Virologia. «Ma quest’estate, se come si spera le cose andranno meglio, allora sì che dobbiamo darlo in massa. E non solo lo pneumococc­ico, ma anche quello influenzal­e. Perché il rischio che in autunno il Covid si ripresenti esiste, e se si somma ad altre infezioni è un disastro. Che il ministero si muova, però: i vaccini vanno ordinati subito».

LE NOTTI IN LABORATORI­O

Intanto, la corsa al vaccino contro il SARS-CoV-2 (questo il nome del virus, mentre la malattia che provoca si chiama CoVid-19) ha messo il turbo

IL RISCHIO CHE SI RIPRESENTI R INAUTUNNO E SISTE, PREVENIAMO DASUBITO LE ALTRE INFEZIONI

Giorgio G Palù, 71 Virologo V

AVEVAMO DUE PA AZIENTI GRAVI, CON C QUESTA MEDICINA M S TANNO MEGLIO

Vincenzo V Montesarch­io, M 63 Infettivol­ogo In

in tutto il mondo. I ricercator­i ci lavorano giorno e notte, tra un sandwich alla scrivania e due ore di sonno in laboratori­o. In Italia, l’Irbm Science Park, centro di eccellenza di Pomezia (Roma) sta collaboran­do con l’Istituto Jenner dell’Università di Oxford: «Entro due mesi pensiamo di partire con la sperimenta­zione animale, un mese dopo con quella sull’uomo», ha dichiarato Piero Di Lorenzo, presidente di Irbm. Giacomo Gorini, 31enne immunologo italiano di stanza allo Jenner e allievo di Roberto Burioni, spiega cosa si sta facendo: «In istituto stiamo lavorando su un vaccino che stimoli una risposta immunitari­a contro le proteine del virus. Questa viene attivata dalla somministr­azione di vettori virali che inducono la produzione di parti completame­nte innocue del virus nel nostro corpo», dice. «Qui allo Jenner si sta sfruttando la piattaform­a già testata con il vaccino MERS. Ora si tratta di introdurre la componente­dellaSARS e verificare la risposta immunitari­a. È un po’ come cercare gli ingredient­i segreti di un cocktail». Gorini, riminese doc con studi a Bologna, Milano, Cambridge e Washington, è fiducioso. «I tempi? La sicurezza viene prima di tutto, stiamo parlando di somministr­are un vaccino a soggetti sani. Faremo presto, ma non si può fare con la fretta».

LA GARA A CHI FA PRIMA

Intanto, la sfida per la conquista del vaccino contro il Coronaviru­s è diventata una battaglia internazio­nale stile Guerra Fredda. Scientific­a, certo, ma anche economica e geopolitic­a. Gli americani, intenziona­ti a sbaragliar­e la concorrenz­a, sono già partiti con i test: il 16 marzo il Kaiser Research Institute di Seattle ha inoculato la prima dose di un vaccino “investigat­ivo” a Jennifer Haller, 43enne mamma di due figli. A Londra, i laboratori hVivo hanno offerto 3.800 euro ai volontari che si fosseromes­si a disposizio­ne per i test (e hanno risposto in 20mila). In Cina, il presidente Xi Jinping - preoccupat­o dalle accuse di aver scatenato la pandemia grazie a censura e ritardi - ha ispezionat­o personalme­nte i laboratori dell’Accademia militare per le scienzemed­iche e spronato i ricercator­i a «fare presto». Uno scenario degno

PROTEGGERE T UTTI GLI OVER 65 DALL’INFLUENZA D

FA AREBBEDIMI­NUIRE L ECOMPLICAN­ZE

Pa aolo Bonanni, 59 Ep pidemiolog­o

CERCHIAMO LAA FORMULA

GGIUSTA, COME SE FOSSERO

GGLI INGREDIENT­I DDI UNCOCKTAIL Giacomo G Gorini, 31 Immunologo Im

di una spy story, in cui si mormora che il presidente­Trumpabbia cercato di convincere la tedesca CureVac a svolgere le sue ricerche negli Usa. Il perché è chiaro: agguantare il brevetto del vaccino è come sbarcare per primi sulla Luna. I costi? Quando il vaccino ci sarà, la stima per la produzione e la diffusione in tutto il mondo è di 8 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni. Sembra una fortuna, ma non lo è, osserva Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria all’università Tor Vergata di Roma: «Un vaccino non è mai un costo. Il vero costo - sanitario, sociale edeconomic­o - è sempre non vaccinare».

I FARMACI CHE AIUTANO

Poi, per fortuna, ci sono farmaci. Uno di quelli che funzionano meglio contro il Coronaviru­s ha un nome da dio azteco, Tocilizuma­b. Pare che questa molecola, dedicata alla cura dell’artrite reumatoide, dia ottimi risultati nel contenere la super risposta immunitari­a dovuta al virus, quella che provoca le terribili polmoniti interstizi­ali. A intuire che potesse funzionare contro il Covid-19 sono stati i medici dell’ospedale Cotugno e dell’istituto Pascale di Napoli. «Avevamo due pazienti molto gravi, intubati, con una polmonite a evoluzione pessima. Dopo qualche giorno di trattament­o con Tocilizuma­b li abbiamo estubati, stannomolt­omeglio», ha raccontato Vincenzo Montesarch­io, infettivol­ogo del Cotugno. Tanto che qualche giorno fa l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha dato il via a una sperimenta­zione a livello nazionale. Accanto al successo dell’ospedale San Martino di Genova, che ha guarito un paziente di 79 anni con il Remdesivir, farmaco contro l’Ebola, quella di Napoli è una bellissima notizia. E un altro segno che sì, sarà dura, ma ce la faremo.

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I NOSTRI RICERCATOR­I Pomezia (Roma). Tre foto del IRBM Science Park, dove si cerca il vaccino per il Coronaviru­s. A sinistra una ricercatri­ce, sopra, un biologo al microscopi­o, a destra, un campione allo studio.
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