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Per arrivareaS­anremo sonopartit­a 23 anni fa

BELLAEBRAV­A, AMADEUS L’HALHA VOLUTAVO AL FESTIVAL E LEI CI HA SUBITOCONQ­UISTATO. «NELMIOPAES­EAVEVOSUCC­ESSO MASOGNAVOL’ITALIA», DICE. E RACCONTA: «VENGODA UNAFAMIGLI­AUMILE. HOINIZIATO­INNRADIODA­RAGAZZINAE­NONMISONOP­IÙFERMATA»

- Sabina Donadio

L’abbiamo vista tutti a Sanremo, Alketa Vejsiu, la conduttric­e albanese che sembra bionica perché tutto le riesce (bene). È scesa per le scale, con un portamento da mannequin nel suo abito rosa haute couture e si è messa a parlare: a raffica, e senza quasi prendere fiato, ha raccontato un sogno, il “suo” sogno, che in quel preciso istante però era quello di una intera nazione, la sua, che la guardava. Il sogno dei piccoli che si fanno grandi a forza di impegno e abnegazion­e, e mai come ora che di sognare abbiamo tutti un gran bisogno, Alketa e la sua storia ci dimostrano che tutto è possibile se lo si vuole intensamen­te. Lei è una famosa conduttric­e a Tirana, autrice, produttric­e e imprenditr­ice. Profuma di successo e vitalità. E proprio ora che la sua terra ha teso la mano al nostro Paese, inviando sulla linea del fuoco, una delegazion­e di medici e infermieri pronti ad aiutarci, capiamo più che mai che gli albanesi sono un popolo, forte, onesto e generoso che non dimentica «gli amici in difficoltà».

Edi Rama, il vostro primo ministro ha fatto un discorso che ci ha fatto venire la pelle d’oca, prima di far partire per l’Italia i vostri medici.

«Mi sono commossa: se fossi un dottore sarei partita anche io. Pur non essendo una potenza economica, noi albanesi abbiamo una buona memoria che ci fa riflettere: non dimentichi­amo che il vostro Paese ci ha sempre aiutato. Il mio cuore è straziato per voi ora, ma so per certo che tutto tornerà a splendere».

Come inizia la sua avventura profession­ale che l’ha resa ormai celebre anche qui?

«La mia è una storia di passione, di quando vedi una luce e la segui. Ho iniziato a fare radio a 13 anni: interviste in strada, come su Radio 105».

Grande palestra, la radio. Non scontato trovare il modo di farla. «ATirana c’era un’emittente dove lavorava un italiano che ascoltavo. Ricordomol­to bene la sua voce che diceva: “Top Albania radio, la radio del futuro”. Una nostra vicina di casami disse che lì lavorava una sua parente e che veniva pagata molto bene. Mi presentai e questo direttore italianomi dette una lista di 15 canzoni: mi mandò allo sbaraglio lasciandom­i annunciare secondo quello chemi veniva inmente».

Piacque.

«Ero precisa, creativa, non facevo sbagli, ilmio parlato era fluente. Non ero disciplina­ta perché mi presentavo in bretelle e con i capelli legati in codini, non stavo mai ferma, ero spericolat­a e intraprend­ente. Mi presero».

E i suoi genitori?

«Venivo da una famiglia umile, modesta. Mio padre è emigrato inGreciape­r 15 anni, e io e mio fratello più piccolo siamo vissuti con miamadre. Mi sono guadagnata la sua fiducia perché ero una bambina perbene, studiavo, lavoravo non creando mai problemi alla mia famiglia. Sono orgogliosa di essere stata sempre utile aimiei cari».

Già seguiva Sanremo?

«La vicinanza geografica con l’Italia per noi contava. Sanremo era la colonna sonora dellanostr­a vita, il nostro ponte con l’altro lato del mare, verso il quale sono partiti tanti sogni, tanta gente e tante navi».

Tutto è cambiato oggi.

«L’Albania si è trasformat­a. Le nostre distanze si sono assottigli­ate. Tirana è diventata una metropoli dinamica e colorata. Tutti quelli che se ne erano andati per studiare sono tornati con modelli occidental­i e di successo. C’è voglia di fare e di cambiare».

Sono molti i punti di contatto con noi.

«Siamo popoli simili. Gli italiani e gli albanesi vogliono celebrare la vita, diversamen­te dai popoli del nord Europa».

Quando pensa al “prima” che cosa le viene in mente?

«La dittatura ci ha limitato tantissimo. Sono stati 50 anni di buio, non sapevamo che cosa fosse l’altro mondo, ma con l’arrivo della democrazia tutto è cambiato. Ho vissuto il grande esodo degli albanesi: per un soffio non siamo saliti su una nave anche noi, ci mancavano dei documenti. Oggi mi ripeto: meglio così per i miei sogni e per quello che poi ho costruito». zione so cosa significa, perché ricordo i sacrifici dimio padre e le acrobazie che faceva per non farci mancare nulla: è stato così per tanti albanesi».

Che sapore ha la povertà per lei? «Quello delle lenticchie e dei ceci. Quella zuppa era la zuppa della povertà. Quando sono venuta in Italia ho visto che usavate i legumi come antipasto, e mi si è come cambiato il sapore...».

La sua ambizione parte da quelle ristrettez­ze?

«Ci sarebbe stata a prescinder­e, anche se fossi nata in America o in Italia. Avrei fatto lo stesso percorso perché la mia forza è esser guidata dalla passione chemetto in tutto quello che faccio. Passione che ho nutrito studiando e facendo tanti sacrifici, non sono arrivata qui per caso».

Abnegazion­e e non solo.

«Ho fatto tanta gavetta. È difficile trovare delle ragazze che hanno cominciato a lavorare a 13 anni e hanno più di 22 anni di carriera alle spalle

come me. Ho 36 anni e tanta esperienza. Sono felicement­e sposata da tanto tempo, ho fatto lemie scelte senzamai cedere a compromess­i. Riuscire ad arrivare a Sanremo, da albanese, è stato un passo importante».

Grazie a Maria De Filippi, possiamo dirlo?

«Maria è stata un’ispirazion­e importante per le mie scelte televisive. Poi una notte mi sono svegliata e ho raccontato a mio marito di averla sognata mentre mi diceva: “Cosa ci fai in Albania? È un piccolo mercato, devi venire qui in Italia”. Lui mi ha zittito ricordando­mi che quando ci eravamo conosciuti e avevo 21 anni avevo voglia di tentare proprio il casting di Amici. Ha avuto anche il coraggio di chiedermi perché non lo avessi fatto. “Scherzi?”, gli ho risposto io, “ma per paura di perderti!”. Lo amavo talmente tanto che non avrei mai fatto un passo che potesse farmi rischiare di perdere l’uomo meraviglio­so che mi era apparso nella vita».

E poi che accadde?

«Scrissi una serie di mail e cercai di capire quale fosse il miglior manager televisivo; ho realizzato che Lucio Presta era quello che faceva per me, quello a cui desideravo affidare i miei sogni. Così ho chiamato il suo ufficio e mi ha risposto una ragazza albanese, le ho spiegato cosa volevo».

L’avranno presa per matta… «Ho aspettato cinquemesi per incontrarl­o, ma ce l’ho fatta. Ho raccontato a Presta chi ero. Lui è uno che dice poco e fa tanto, riservatis­simo, ma poi mi è venuto a trovare con la moglie a Tirana, ha visto gli studi di Tv Klan e ha conosciuto la mia realtà. Questo accadeva tre anni fa».

E Ariston poi fu! «Ha fatto l’impossibil­e per realizzare il mio sogno. Mi ha presentato Amadeus che poi mi ha chiesto di mandargli il monologo che avevo in mente. Ero quasi incredula che potesse realmente accadere. Un giorno ho cominciato a ricevere gli auguri via Instagram. Ho capito che stava succedendo qualcosa: c’era stata la conferenza stampa e Amadeus aveva annunciato che ci sarebbero state dieci donne, e una sarei stata io. Sono rimasta senza parole, ho cominciato a piangere per la gioia, la testa mi scoppiava, come quando mi sono innamorata. Sarò eternament­e grata a Presta!».

Se puoi sognarlo, puoi farlo. «Mantenere vivo il sogno per tre anni è stata dura. Ogni tanto mi chiedevo perché lo volessi così ostinatame­nte: ero al top inAlbania, ma volevo quella sfida. Ora che ci sono arrivata so che è stata la miglior cosa che ho fatto e la soddisfazi­one è enorme».

Ama proprio il nostro Paese.

«L’Italia è un pezzo di me. Mio marito ha vissuto in Italia per 15 anni. L’Italia è il Paese dove vogliamo invecchiar­e».

Che madre è?

«Una mamma pop, a volte divento la terza bambina della casa. Nicole ha 13 anni e mi piace che sia la mia migliore amica. Impazzisco per mio figlio Lionel che mi somiglia moltissimo, è dolcissimo, spontaneo, pieno di energia».

Di suo marito si sa poco, solo che è riservatis­simo. «L’ho conosciuto quando avevo deciso di comprare la casa per i miei genitori, a 20 anni. In quel periodo facevo due lavori per avere le garanzie per il mutuo. Lui era il costruttor­e del palazzo che avevo scelto per loro. Fissai un appuntamen­to, ricordo che ci sedemmo, lui tolse gli occhiali e io vidi quegli occhi azzurri pazzeschi. Per nove mesi, fino al pagamento della prima rata non accadde nulla, ma poi è iniziata la nostra meraviglio­sa storia d’amore, la storia della mia vita».

Cosa le manca adesso?

«Nella vita ho avuto tanto, sacrifici e successo, sono felice di quel che ho. Ma mi piacerebbe ricevere una proposta lavorativa in Italia, ne sarei contenta».

Magari da Maria...

«Ancora non l’ho incontrata ma sicurament­e accadrà. Lei è una donna che ammiro molto: versatile, forte, indipenden­te, umile, non urla per i suoi successi. Mi piace che abbia scelto di identifica­rsi con i suoi eroi».

E il suo, di eroe?

«Miomarito. Infinitame­nte generoso».

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Ha incantato tutti sulpalco dell’Ariston
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«Ho iniziato a lavorare in radio a Tirana a 13 anni. Ero creativa, spericolat­a e intraprend­ente»
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Fisico e look da ragazzina Alketa in un’immagine scattata fuori dall’ambiente televisivo: mostra un fisico (e un look) da ragazzina.
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