Testimonianza choc
«Io, salvagrazie a unmedico ribelle»
«Non voglio farmi compatire, né finire sui giornali. Vorrei salvare vite, far capire che servono mille tamponi, soprattutto ai sanitari, altrimenti non ne usciamo più. Vivo chiusa nella stanza da letto della mia villetta con la febbre che un giorno sale e l’altro scende, e vedo mio marito Simone e i miei due figli dalla finestra, in giardino. Li tocca con i guanti di gomma e per dare da mangiare a tutti ha imparato persino a cucinare. Non so neppure se sia positivo. Se si ammala lui, come faccio?». Come rivelato dal sito Tpi, Daniela Lupini, 36 anni, vive a
Bolgare, Comune di 6 mila anime della provincia di Bergamo, martoriata dalla pandemia. Ha il
Covid-19, «una polmonite interstiziale con due grossi focolai» e nonostante i tubicini collegati 24 ore al giorno alla bombola d’ossigeno parla con una foga inarrestabile, inframmezzata a crisi di pianto repentine, che spuntano dal nulla e poi altrettanto velocemente scompaiono. Soprattutto quando ricorda papà Antonio, 69 anni, morto di Coronavirus al San Raffaele di Milano.
Daniela, com’è rimasta contagiata?
«Da mia suocera, che lavora in una RSAaBergamo, dove sonomorti i primi pazientiCovid non verificati. Lei l’ha trasmesso ai bambini, StellaeAndrea, di 9 e 3 anni, e loro a me. Mio padre invece era in vacanza ad Alassio, dove c’era qualcuno febbricitante. Sempre stato sanissimo, con una lieve demenza. È via via peggiorato, con il medico di base irrintracciabile. Il 112 gli ha diagnosticato prima una bronchite, poi, dopounulteriore peggioramento, è stato portato al SanRaffaele. Dov’èmorto solo in un letto d’ospedale».
Intanto lei?
«Dopo un’odissea tra febbre e guardie mediche, grazie alla chat delle amiche ho trovato una persona gentile che aveva il turno alPronto Soccorso di un altro paese, e mi ha portato a fare il tampone e unaTac, che altrimenti non avrei mai fatto. La mia vita non può essere stata salvata dal piacere personale di un medico che ha infranto la legge. È inaccettabile».
Ha scelto lei di restare a casa? «Sì, anche perché posti per il ricovero non c’erano, ma l’avrei comunque rifiutato: avevo comprato un saturimetro, che verifica l’ossigenazione del sangue. Poi è iniziata l’odissea per procurarmi la bombola d’ossigeno. In tutte le farmacie della Bergamasca non si trovano più e te la deve assegnare l’ATS, ex Asl. Qui sono tutti a casa malati con, tra virgolette, “un’influenza”. Che è poiCoronavirus. Tutti
abbandonati a se stessi dalla Sanità».
Non si può fare nient’altro?
«Si vive di espedienti. Sapevo di un’azienda vista su Facebook: due medici che avevano aperto una società che fa i Raggi X a domicilio, facendosi pagare un sacco di soldi. Ma ti può salvare la vita, perché dai raggi riesci a vedere se hai il Coronavirus. Accertato quello puoi chiamare il 112 e allora forse qualcuno ti dà retta. Altrimenti qui lo si chiama solo se si è in crisi respiratoria. C’è il mercato nero delle bombole d’ossigeno: andrebbero restituitema, visto che sono introvabili, quando qualcuno se ne va le teniamo e le giriamo a chi ne ha bisogno».
Tutto il paese in ginocchio. «Muoiono mediamente sette persone al giorno. Prima due almese. I negozi ci stanno consegnando generi alimentari e altro e lasciano tutto vicino al cancello, facendoci credito. Pagheremo. Nessuno nelle istituzioni ha capito che cosa stiamo vivendo qui, dove tutti hanno almeno un morto o un malato in casa».
Quali sono gli errori nella prevenzione?
«È tutto inutile se ci sono file ai supermercati da 45 minuti, con gente che esce a prendere acqua e uova. E anche voi giornalisti, smettetela di scrivere: aveva patologie pregresse. Stiamo morendo di Coronavirus, non di asma! Non siamo numeri, ma persone».
Che lavoro fa? «Ho un’azienda di rottami e rifuti, la Lupini metalli, ma per ora l’ho chiusa: “Fanc… i soldi, fanc… tutto”. E ho fatto mettere in quarantena la mia babysitter e la mia impiegata, era inevitabile». È vero che ha festeggiato il suo compleanno a letto, con l’ossigeno?
«Sì, anche quello di mia figlia, a cui suo padre ha piantato una tenda da campo in giardino. A me hanno passato la torta e lo spumante dalla finestra. Ieri sarebbe stato quello di papà. Dovevamo andare in un ristorante con 40 persone che gli volevano bene».
Quando finirà, quale sarà la prima cosa che farà? «Abbracciare mio marito e i miei figli. Sonomolto fisica, e ciòmimanca. Poi un salto a Jesolo, che mi lega a mio padre. E a settembre una crociera tutti insieme. Lui aveva girato tutto il mondo sulle grandi navi e ne avevamo in programma una per giugno. Conmia madre sono stati 47 anni d’amore. Ce la faremo. Tutti. Torneremo a essere felici. Più soli, ma felici».