Tassista cuore d’oro
Giada è stata riportata in Italia gratis
Ai tempi del coronavirus succedono cose che sembrano un film e invece sono vere. Belle, anche. Tipo che una studentessa italiana, a Bilbao per unErasmus, cerchi di tornare in Italia in aereo, che al gate la rispediscano bruscamente indietro e che un giovane tassista basco la riporti a casa in taxi, senza pretendere una lira. 1.492 chilometri, tre nazioni, due frontiere, 14 ore filate di guida, così, solo per dare unamano. «Kepa e la sua famiglia sono stati incredibili, non finirò mai di ringraziarli», racconta Giada Collalto, studentessa di lingue di Montebello Vicentino. «Quando penso che sui social c’è chi ha insinuato che lui lo abbia fatto con un secondo fine mi viene una tristezza...».
Andiamo con ordine, Giada. Com’è finita ad attraversare mezza Europa in taxi?
«Quando l’università di Bilbao ha chiuso, ho deciso di tornare a casa in aereo. All’aeroporto di Madrid, però, mi hanno bloccato: il mio cambio di volo a Parigi non era consentito».
Bella grana.
«Eh sì. Non c’erano più voli, ero sola, nessunomi dava informazioni. Finché Markel, un mio compagno di università a Bilbao, al telefono mi ha detto: “Ho un amico tassista, gli chiedo di riportarti qui”. E così è arrivatoKepa. Il piano era di tornare nelmio ex appartamento di Bilbao e poi decidere cosa fare, ma ormai non avevo più le chiavi ed era già l’una di notte. Così, Kepami ha offerto di fermarmi a dormire a casa della sua famiglia: suamamma e le sue sorelle mi hanno perfino preparato la cena a notte fonda».
Chi ha pensato al viaggio in auto? «Kepa. La mattina dopo mi ha detto: “Guarda che un altro volo non lo trovi, ma se vuoi ti porto io. Sia chiaro, mi rimborsi solo benzina e pedaggi, sei in difficoltà e per me non voglio nulla”».
Addirittura. E lei?
«Ero perplessa, ovvio. Conoscevo Kepa da meno di 24 ore, avevo paura ci avrebbero fermato ai confini, non mi sembrava giusto non pagarlo. Ma Markel, il nostro amico in comune, mi ha rassicurato: “Lo conosco da sempre, è un bravissimo ragazzo”. Così ho pensato: proviamoci».
Com’è andata l’avventura? «Siamo partiti, io seduta rigorosamen
te sul sedile di dietro, e alla frontiera fra Spagna e Francia nessun controllo. Le strade erano deserte, era irreale... In Costa Azzurra ci siamo fermati a mangiare un panino, dall’Autogrill si vedeva anche il mare. Alla frontiera italiana però avevo il batticuore: e se ci fermano adesso, che ci siamo quasi? Quando laGuardia diFinanza con la paletta ci ha fatto segno di passare quasi mi mettevo a piangere».
Un taxi è un bel lasciapassare. Come avete passato il tempo? «Kepa è super socievole, abbiamo chiacchierato, lui mi ha parlato della sua famiglia, io della mia. E una volta rotto il ghiaccio ci siamo divertiti a cantare, anche canzoni italiane: Tu vuo’ fa’ l’americano, Fedez, Fred De Palma, le sapeva tutte».
Accoglienza a Montebello? «Pareva fosse arrivato il Papa! Tra la gioia di vedereme e la gratitudine per Kepa che mi aveva riportata, la mia famiglia ci ha fatto un sacco di feste. E lamattina dopo, quando è ripartito per Bilbao, gli hanno riempito il baule di ogni ben di Dio: dolci, vino, grappa».
Vi sentite ancora?
«Certo. E luimi racconta cose che mi fanno rabbia: che in Spagna lo hanno criticato, hanno detto che si era inventato tutto, che chissà a cosa mirava... Lo scriva, per favore: Kepa è solo un ragazzo di 21 anni, eppure è stato capace di compiere un bellissimo gesto. Peccato che la gente non lo capisca».
Perché, secondo lei?
«Perché i gesti gentili ormai sono rari. Così rari che qualcuno non li sa riconoscere neanche quando accadono davvero».