Oggi

Il mondo che verrà

Dalle vacanze ai treni dei pendolari

- di Andrea Greco

Come andrà a finire? Ossia, dopo la fase due, la fase tre, magari la fase quattro, torneremo alla normalità, e magari saremo migliori, più saggi? È la domanda che ci facciamome­ntre viviamo in questo romanzo apocalitti­co. Per rispondere forse la persona più appropriat­a sarebbe stata il mago Otelma, ma abbiamo preferito volare più alto e prendere spunto da Slavoj Zizek, il più famoso filosofo contempora­neo. Nel suo saggio Virus, dedicato alla pandemia, risponde prendendo in prestito le parole di Hegel: «Dalla storia abbiamo imparato che dalla storianoni­mpariamo nulla». Quindi, no, non saremo migliori. Però subito aggiunge: «L’unica cosa chiara è che ( il virus, ndr) demolirà i fondamenti della nostra vita... non si ritorna alla normalità, la nuova normalità dovrà essere ricostruit­a sulle fondamenta della vita di una volta». E per “vita di una volta” intende quella ante Covid. L’idea è che un’epidemia, drammatica (ma moltomeno letale dei tumori, per fare un esempio luttuoso) sarà però capace di dividere la storia in a.C. e d.C., intendendo queste abbreviazi­oni come “ante Covid” e “dopo Covid”.

MAURIZIO COSTANZO, giornalist­a

Questa visione a tinte cupe è puntellata da argomenti solidi, sebbene non definitivi. Il primo, ovvio, è che dopo la crisi sanitaria dovremo affrontare una crisi economica senza precedenti. Il secondo invece si avvicina a una presa di coscienza: non potremo liquidare questa epidemia come un disdicevol­e incidente e riprendere la nostra vita di sempre perché verrà naturale

MARIO TOZZI,

TEMO CHE MILIONI DI MASCHERINE E GUANTI FINIRANNO IN MARE geologo e divulgator­e COSA RESTERÀ DI QUESTO PERIODO? QUALCHE VIROLOGO RIMARRÀ IN TV

chiedersi se non sia sbagliato un sistema che si è fatto cogliere impreparat­o daun’emergenza che gli scienziati avevano previsto da anni. E comunque, ora che abbiamo vissuto sulla nostra pelle l’avverarsi di quelle previsioni, quando si concluderà questa prima ondata noi vivremo avendo la sicurezza che prima o poi ne arriverà un’altra. Infine, questi due mesi di emergenza ci hanno costretto a dimenticar­e alcuni riti della nostra socialità (toccarsi, salutare con un bacio sulle guance anche persone non particolar­mente vicine, accalcarsi col gusto di sentire la forza e l’energia della folla) e ci hanno fatto scoprire possibilit­à, prima tra tutte quella di lavorare da casa, che erano riservate a un numero esiguo di persone.

LA MISURA DELLO SPAZIO

L’architetto Italo Rota, che viene dalla scuola di Vittorio Gregotti (morto lo scorzo marzo proprio a causa del Covid), riflette: «Questo è il momento di osservare e imparare. Le soluzioni le troveremo dopo. Certamente noto che, costretti nelle nostre abitazioni, siamo tornati a percepire ilmondo fisico, gli spazi, a capire la differenza tra un soffitto di tremetri e uno di due, e abbiamo avuto modo di valutare gli oggetti che riempiono le nostre case. Ci siamo chiesti: “Sono utili? Funzionano? Valeva la pena acquistarl­i?”. Se invece riflettiam­o sul generale, è inevitabil­e constatare che questa pandemia ci ha dato la misura concreta di quanto sia diventato piccolo il nostro pianeta e di quanto sia necessario un patto che comprenda tutte le specie viventi». Ma le nostre città cambierann­o? «Non dobbiamo pensare a un “restart” ma a un “reset”. Non possiamo cambiare radicalmen­te le città, dove l’umanità ha deciso di concentrar­si, ma cambierann­o alcune abitudini, che entreranno subito nella nostra quotidiani­tà. Per esempio, si incremente­rà la condivisio­ne di auto e due ruote con i servizi di sharing e si diffondera­nno oggetti come i sanificato­ri, magari a raggiUV.

ANDREA GNASSI, sindaco di Rimini

Probabilme­nte, per entrare negli spazi chiusi si dovrà passare per stanze illuminate da una luce blu intensa».

ANDREMO AL MARE?

Il distanziam­ento sociale diventerà una costante, a partire dalla prossima estate. Come si riuscirà a garantirlo, assicurand­o comunque a ristoranti ed esercizi commercial­i un fatturato sufficient­e a far quadrare i conti? A Rimini sono pronti a combattere per salvare la stagione 2020, e il sindaco Andrea Gnassi ha pronto un piccolo arsenale: «Il turismo è basato su viaggi e relazioni, e quindi è colpito al cuore dal virus. Abbiamo bisogno di interventi del governo, sostegno alle imprese, buoni vacanze alle famiglie. Però il virus sempliceme­nte accelera dei cambiament­i che erano già in corso: non è da oggi che i turisti chiedono spazio, aria pulita, un ambiente tutelato, sono più attenti alla salute. Per questo noi negli ultimi anni abbiamo pedonalizz­ato il lungomare, facendone un parco che sarà lungo 15 chilometri. Il nostro futuro non è mettere una barriera di plexiglass tra gli ombrelloni, ma dare tutto lo spazio che serve ai turisti; per questo terremo aperta la spiaggia e tutti gli spazi verdi fino a tarda sera. Saranno a disposizio­ne di ristoranti e alberghi, per far cenare la gente garantendo gli spazi di sicu

I TURISTI POTRANNO CENARE IN SPIAGGIA E NEI PARCHI: RINASCEREM­O COSÌ

A sinistra,ii un prototipo di una “cupola” di protezione dei sanitari creata alla Harvard’s Graduate School of Design, negli Stati Uniti. Angosciant­e? Un po’. Utile? Forse sì.

rezza. Nei parchi apriremo palestre all’aperto, e sposteremo in ottobre gli eventi che sono saltati in questo inizio di stagione».

ADDIO PENDOLARI

Secondo Roberto Poli, professore esperto nelle previsioni sociali, bisognerà attendere almeno un paio di anni prima dell’arrivo di un vaccino e uno sguardo in avanti offre due scenari opposti, e oggi con le medesime possibilit­à di avverarsi: «Si potrebbe verificare una disgregazi­one sociale, con tanti gruppi in lotta tra loro per le poche risorse disponibil­i. Oppure, se si giocherann­o bene le carte che abbiamo in mano, potremmo far tornare al centro la coesione e l’aiuto reciproco. Preparando­ci agli altri cambiament­i che ineluttabi­lmente arriverann­o: il cambiament­o climatico, l’aumento dell’età media della popolazion­e, le nuove tecnologie che ridurranno i posti di lavoro». Stiamo parlando del macro. Scendendo nel micro? «Ad esempio viaggiare, con imezzi che potranno caricare un terzo dei passeggeri per mantenere le distanze di sicurezza, sarà molto più costoso: questo è un problema. Forse però sarà anche l’occasione per ripensare l’organizzaz­ione del lavoro di tante aziende ed evitare che gli impiegati debbano passare un’ora suun trenoper raggiunger­e fisicament­e la loro scrivania, o almeno che non lo debbano fare tutti i giorni. Se non vogliamo essere travolti da questa crisi dobbiamo essere pronti a cambiare».

La crisi è certa, il cambiament­o molto dubbio: almeno ciò è quello che pensa Mario Tozzi, geologo e divulgator­e

ROBERTO POLI,

ITALO ROTA, filosofo della scienza architetto

scientific­o: «Dovremmo avere ormai l’immagine plastica che il nostro intervento sulla natura ha anche come conseguenz­a lo scatenarsi di pandemie. Ma non credo che abbiamo imparato la lezione. Anzi, temo che i milioni di mascherine e guanti che vengono prodotti alla fine finiranno in mare, e con la scusa della crisi si continuerà a inquinare, piu di prima».

COSA RIMARRÀ

Tra apocalitti­ci e fiduciosi, tra dubbi, se, ma e però, una certezza ce la fornisce Maurizio Costanzo, che sa cosa avverrà quando finirà questa emergenza: «Qualche virologo resterà in circolo negli studi tv e non tornerà in laboratori­o. Per il resto penso che si potrebbe approfitta­re del momento per portare il teatro in tv, ma presto tutto tornerà come prima. La grande scoperta è stata invece vedere, nei collegamen­ti con le case dei vip, tante belle librerie a fare da sfondo. Speriamo che non fossero dei cartonati».

NON POTENDO RICOSTRUIR­E LE CITTÀ

SAREMO NOI A DOVER CAMBIARE ABITUDINI I PENDOLARI HANNO SCOPERTO CHE SI PUÒLAVORAR­E SENZA ANDARE IN UFFICIO

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(a sinistra): Lucia Catenacci, Massimilia­no Brugia, Valerio Campi.
Un’immagine digitale delle cupole di bambù e tessuto progettate dal team Obicua, (a sinistra): Lucia Catenacci, Massimilia­no Brugia, Valerio Campi.
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Ospedali come astronavi anti virus
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