Il Vangelo della domenica
CONOSCELESUEPECOREUNAAUNA, PRONTOADARELAVITAPERLORO. EQUANDOANNEGHIAMONELLE DIFFICOLTÀ, ECCOCHECI PRENDE INBRACCIO COME ORME SULLA SABBIA
Nella liturgia della IV Domenica di Pasqua campeggia la figura del “buon pastore”. E da questa immagine prende anche nome. Da diversi decenni è diventata anche la domenica durante la quale si prega il Signore perché mandi tanti “operai” (sacerdoti) nel suo campo di lavoro ( la Chiesa).
La figura del buon pastore da una parte sembra far rivivere reminiscenze bucoliche: una vita calma e quieta di campagna. Ma, solo qualche riga dopo, l’atmosfera cambia. La pagina si rabbuia: i ladri, i rapinatori, i lupi che entrano nell’ovile, devastano, distruggono, divorano.
Si passa da un cielo terso e sereno a uno buio e in tempesta. Ma questa è la vita! Soltanto qualche mese fa nessuno si sarebbe immaginato lo sconvolgimento epidemico, sociale ed economico in cui siamo ancora immersi. Eppure, viviamo in questo disastr
Che cosa succede durante un terremoto? Tutti corrono, scappano alla ricerca di un luogo sicuro dove ripararsi. Anche in qualche film assistiamo spesso a qualche fuga rocambolesca, inseguimenti, tentativi di uccisione… fino a quando chi fugge trova una porta aperta ed, entrato, trova riparo. Perdonate questa digressione. Volevo solo far comprenderemeglio una definizione che Gesù dà di se stesso: «Io sono la porta». Aveva già detto: «Io conosco le mie pecore ad una ad una»; «Io do la mia vita per le pecore». Si passa da un pastore buono, a un pastore “amico” che conosce personalmente le sue pecore; a un pastore che, al momento buono, si trasforma in porta accogliente, rifugio sicuro; a un pastore estremamente coraggioso e altruista, pronto a dare la sua vita, non come il mercenario che “dona” la vita delle pecore! Nell’iconografia e nella scultura dei primi secoli cristiani, troviamo spesso questi temi rappresentati magistralmente: il pastore che porta sulle proprie spalle la pecorella smarrita, o sofferente. Oggi siamo invitati a riflettere su questa tenerezza di Dio. Noi spesso ci rivolgiamo a Lui con tanti dubbi e, nei momenti più bui, ce la prendiamo conLui. Forse farebbe bene a tutti andare a rileggere una poesia di Margaret Fishback Powers: in poche righe paragona il cammino della propria vita a quello di due viandanti su una spiaggia: orme grandi, quelle del Signore, e orme piccole, le proprie. Si accorge, però, che in certi tratti che - guarda caso - coincidevano con momenti difficili della propria vita, le orme piccole, le sue, scomparivano e rimanevano solo le più grandi. E allora si rivolge al Signore, quasi accusandolo: ma perché nonmi sei stato vicino? Perché sei scomparso? Perché non ci sono più lemie orme?… Eil Signore, pacatamente, risponde: «Ma io ti sono sempre stato vicino, come ti avevo promesso; i momenti, i giorni in cui tu hai visto solo un’orma sono quei giorni in cui tu non ce la facevi più, eri stanco… e allora ti ho portato in braccio!». Lui ci sta vicino, ma noi stiamo vicini a lui?