MARIA VENTURI
MOLTI DIVORZIATINONSI RISPOSANO, MEMORI DI UN’UNIONE INFELICE. IL PROBLEMAÈ SE, TUTELANDOLALOROLIBERTÀ, PENSANODI NONAVEREDOVERI VERSOIL PARTNER
Cara Maria
convivo da 14 anni con un uomo che non ha mai voluto sposarmi, né avere figli. Ne aveva già due, nati da un brutto matrimonio giovanile e capivo la sua riluttanza. Ma con il tempo ho capito che per lui convivere era ed è ancora una situazione che lo fa sentire psicologicamente libero da doveri e impegni, fedeltà compresa. So di essere la donna che ama davvero, torna sempre da me, però questo non gli impedisce avventurette e tradimenti al volo. Purtroppo non riesco a lasciarlo.
Federica, Roma
L a convivenza è sempre più diffusa tra i giovanissimi, che la vivono come parcheggio economico, e tra gli uomini divorziati “vaccinati” contro una esperienza giovanile o infelice che non replicheranno mai. Sono tanti anche gli anarchici anagrafici, e cioè le coppie per cui il matrimonio è solo il famoso e inutile “pezzo di carta”. La convivenza per loro vale assai di più. A lla base di questa scelta sta la condivisione: se è imposta insorgono i primi problemi.
E se il maschio decide di convivere perché vuole sentirsi psicologicamente non vincolato da regole e impegni, il rapporto è a tempo determinato e avrà fine quando la donna non reggerà più «avventurette e tradimenti al volo». T u, Federica, non riesci a stare lontana da lui. Nonostante tutto sei certa che tornerà sempre da te perché è te che ama e considera la compagna di vita. Non mi permetterei mai di criticare questo eccesso di sopportazione perché credo che sia bene tutto ciò che fa star bene. Ma una tutela è comunque di rigore: fare un testamento a favore di chi tra i due è più debole e stabilire subito con la parentela il ruolo che il/ la partner ha il diritto e il dovere di svolgere.
Speranza sotto accusa
Sono ateo, non credo nella politica, non credo che la mia ex moglie smetterà di ricattarmi, contesto lo slogan che «tutto andrà bene». In breve, sono tra le tantissime persone che non credono in un futuro migliore.
Emilio, Potenza
Io mi discosto. La speranza è l’anestetico dei momenti bui e aiuta ad attenuarli come l’aspirina fa con la febbre.
Perché “malcostume”?
Trovo disdicevole il «ti voglio bene» ripetuto in televisione da personaggi che conducono e vip invitati. L’affetto è un sentimento importante e l’usarlo come se fosse un saluto sta diventando un malcostume diffuso.
Lorenza, e-mail
Non capisco perché criticare questa esternazione, che spesso è sincera. Una lettrice mi ha scritto che le dispiacerebbe morire prima di aver potuto dire «ti voglio bene» a tutte le persone che ama.
È quanto penso anche io.
SÌ AL COMPLESSO DI SUPERIORITÀ SE GLI INTERLOCUTORI SONO MOLTO INFERIORI A NOI