UN AMORE TUTTO DA RIDERE
Giorgio Gaber e Ombretta Colli negli Anni 70. Si sono sposati nel 1965: «Ero in ritardo, il prete balbettava e il Papa ci mandò gli auguri», ricorda Ombretta.
Nel suo libro racconta lo sfogo di un’amica tradita. Ma leggendo nasce il sospetto che la protagonista di quell’episodio, in realtà, sia lei stessa. Era gelosa?
«Siamo stati entrambi “gelosetti”. Ma per me c’è sempre e solo stato Giorgio, e per lui era lo stesso. La nostra storia, per noi, è sempre stata più importante di tutto».
Una volta ha detto: «La vita mi ha insegnato a distaccarmi da tante cazzate». Cioè?
«Giorgio, prima di me, aveva compreso che l’unica utopia perseguibile è quella dell’essenzialità. Fino a una certa età è importante acquisire, conoscere, conquistare, poi bisogna fare inversione, spogliarsi di quello che non è più necessario. Ho imparato a lasciar cadere ciò che non serve più».
Negli Anni 70 vi tiravano i topi morti in casa. Perché?
«Giorgio aveva scritto con Sandro Luporini Io se fossi Dio, un pezzo molto violento che attaccava politici, terroristi, giornalisti. Fece scalpore e qualcuno pensò fosse una bella impresa buttarci in casa dalla finestra dei topi morti. Un gesto idiota».
Lei è stata una femminista in prima linea. Cosa resta oggi di quelle lotte?
«Il femminismo è stato il movimento di quegli anni che più ha lasciato un segno. Tante cose che i giovani, soprattutto le donne, danno ora per scontate sono il frutto della nostra determinazione di allora. L’uomo, inteso come maschio, fa ancora resistenza, a volte anche violenta, ma il seme che lanciammo allora non smetterà di crescere. Giorgio diceva che “senza due corpi e due pensieri differenti non c’è futuro”. E intendeva due corpi e due pensieri di identica importanza».
Qual è la persona che più avrebbe voluto avere accanto durante questo isolamento?
«Giorgio. E mia mamma Franca».
Cos’avrebbe detto suo marito, libero com’era, di quest’epoca sospesa, del che abbiamo vissuto, della Polizia per strada che controlla dove vai? «Le riflessioni di Giorgio sorprendevano quasi sempre ancheme, quindi non mi permetto di ipotizzare cosa avrebbe detto. So solo che Gaber avrebbe notato cose che ad altri stanno sfuggendo».
lockdown
Giuseppe Conte, le piace?
«Tra turbolenze politiche ed emergenza Covid non ha avuto vita facile. Vedremo nei prossimimesi i risultati del suo lavoro».
Se dovesse scegliere un pezzo di Gaber come sottofondo di questi giorni assurdi, quale sarebbe? «Ne scelgo due, L’ illogica allegria e L’attesa. Non che ci sia da essere allegri, intendiamoci, per molti è un momento durissimo. Ma questa vita sospesa porta ad apprezzare ancor di più il presente. E non è detto che sia un male».
Il marito di Dalia Gaberscik è Roberto Luporini, nipote di Sandro Luporini, autore di molti testi dei brani di Gaber