IL FRONTE DEL SACCO
Barba e capelli solo all aperto
Milano. Un medico del reparto specializzato in malattie infettive dell’ospedale Luigi Sacco, fondato nel 1927.
compresso a giorni alterni l’orario di apertura dei negozi, farmacie escluse. L’impostazione governativa fu insufficiente. Pesò parecchio l’assenza di un ministero della Sanità, che sarebbe stato istituito nel 1958. All’epoca le malattie infettive erano trattate come un problema di ordine pubblico. I contagiati venivano isolati incasa. Nonera garantita un’assistenza domiciliare. Gli ospedali, dove furono vietate le visite dei parenti, erano inadeguati, per attrezzature e personale, che, anche allora, subì gravi perdite. Qualchemedico abbandonò il servizio, per protestare contro le pessime condizioni di lavoro.
NEL RESTO DEL MONDO
Altrove non andò meglio. La pandemia deflagrò nella primavera del 1918, quando focolai di una influenza emorragica scoppiarono nel nosocomiomilitare di Étaples, nel Nord della Francia. Ebbe il suo picco quell’autunno. Venne spenta soltanto due anni dopo: l’ultimo caso fu certificato nelmarzo del 1920. La “bronchite purulenta” causò tra i 20 e i 100milioni di vittime in tutto il pianeta (le stime oscillano parecchio). Ma non nacque nella penisola iberica. La tragica propagazione coincise con la Prima guerra mondiale. Le trincee si rivelarono un fattore ideale per il morbo. La cosiddetta ragion di Stato spinse le Nazioni impegnate nel conflitto a oscurarlo mediaticamente, per non deprimere vieppiù il morale delle popolazioni. La Spagna era neutrale. La circostanza consentì che le notizie sulla pandemia vi potessero circolare senza troppi vincoli. Del tutto liberamente si diffuse invece il virus RNA H1N1, portato in Europa, secondo attendibili ricostruzioni, dalle truppe Usa sbarcate nel Vecchio Continente, per partecipare alla Grande Guerra. La “Spagnola” cessò senza un perché. Non fu sconfitta né da nuovi farmaci. Né da un vaccino. Forse si creò una immunità di gregge. Altri ipotizzano una mutazione, che rese il virus meno letale. Dubbi che risuonanomaledettamente attuali, a un secolo di distanza.
Il Trattato di Versailles, firmato il 28 giugno 1919, chiuse formalmente la Prima guerra mondiale
mi sono lasciata, non riesco a trovare un lavoro che mi piace, sono in crisi, voglio mollare tutto, mio marito, i figli”: ecco si parte da quello. Poi chiedo loro il tipo di scrittura che amano. E oggi dico, soprattutto, un semplice “Come sta”, ci sono tanti chemi scrivono daBergamo o Brescia».
C’è qualcuno che ricorda particolarmente?
«Moltissimi mi hanno ringraziato. In particolare ricordo una ragazza che era venuta da me disperata. Aveva studiato tutta la vita per fare un concorso in Polizia ma non l’avricordo eva passato e aveva superato i limiti di età. Non sapeva dove indirizzare la sua vita. Le ho dato Patria, lei è tornata ringraziandomi perché aveva deciso di iscriversi a un master sull’antiterrorismo».
E come è le nata l’idea?
«Ho lavorato per tanti anni in una catena libraria e non era quello che