Cucionomascherine
Oggi lavora in un call center Alberto Stasi, 39, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, nel 2007. Un mago a riparare macchine per il caffè Una vecchia foto di Massimo Bossetti, 49, all’ergastolo per aver ucciso Yara Gambirasio,
ta sulle colline di Civitella del Tronto. L’ex militare non ha mai confessato e ha perso la patria potestà sulla figlia, ma in poco meno di nove anni di galera, ha accumulato un curriculum impeccabile. Ha seguito un corso in diritto, ha avuto un avvicinamento alla fede e a giorni potrà lavorare fuori dal carcere.
Tra tanti virtuosi fa eccezione un campione della criminalità del secolo scorso. Renato Vallanzasca, ormai settantenne, schiacciato dal peso di quasi mezzo secolo di prigionia per rapine, omicidi e sequestri di persona, è uno dei pochi disoccupati. «Alla sua età, dopo aver battuto tutti i record di detenzione», dice il suo difensore Davide Steccanella, «ha anche il diritto di starsene inpace, in attesa di tornare in libertà. Il bel René di spasimanti non ne ha più, nemmeno una santa donna come Penelope avrebbe potuto tenere
accesa la fiamma della passione per tutti questi anni, andrà probabilmente ospite di una cooperativa».
BOSSETTI PENSA AL CAFFÈ
Tra gli ospiti di Bollate c’è anche Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. L’ex muratore lavora nel laboratorio Second Chance (seconda possibilità) creato da un’azienda e dalla coopertativa sociale Bee4, dove arrivano le più malconce macchine espresso utilizzate nei bar, per essere riportate a nuovo e rimesse sul mercato. Nella sezione femminile del carcere, Rosa Bazzi, condannata a vita per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006, lavora da inserviente. Se le rimane del tempo libero, confeziona borse e accessori in cuoio per una cooperativa.
Stesso delitto, stessa pena, ma carcere diverso, Olindo Romano, marito di Rosa, è rinchiuso a Milano-Opera e fa il cuciniere nel centro clinico del carcere. Pare sia pure bravino. Protagoniste del giallo di Avetrana del 26 agosto 2010, Cosima Serrano e Sabrina Misseri sono rimaste inseparabili. Condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi, dividono la stessa cella del carcere di Taranto e lavorano insieme nel laboratorio di sartoria dell’Istituto di pena pugliese. Dalla confezione di tovaglie, corredi, abbigliamento, nelle ultime settimane sono passate alla fabbricazione di mascherine per l’emergenza Covid. I loro avvocati, Franco Coppi, Nicola Marseglia e Franco De Jaco, sono al lavoro per arrivare a una revisione della processo. E, nelmiraggio di un ritorno in libertà e della riapertura del suo salone di bellezza, Sabrina segue anche corsi da estetista e si tiene in esercizio prendendosi cura delle compagne di carcere.
ZIO MICHELE FALEGNAME
Madre e figlia covano un certo rancore per “zio” Michele, che per loro è rispettivamente marito e padre.
«Lui ne soffre», dice Ennio Blasi di Statte, legale di Michele Misseri. «Ha preso su di sé tutte le colpe, cosa può farci se non viene creduto?». Nel