Oggi

di Umberto Brindani

QUALCUNOPE­NSA SIALACURAP­IÙ EFFICACE, ALTRI NICCHIANO. MADI CHI POSSIAMOFI­DARCI?

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C’è una vicenda, tutta interna al mondodeime­dici, che da comune cittadino mi preoccupa molto. È la questione del plasma. Detto in soldoni (non ho studiato medicina, chiedo venia per eventuali semplifica­zioni): con il plasma, cioè con la parte liquida del sangue, alcuni ospedali in Italia e all’estero hanno curato i malati di Covid ottenendo, dicono, ottimi risultati. In pratica si usano gli anticorpi “buoni” di chi è stato contagiato ed è guarito per far fare loro, agli anticorpi, lo stesso lavoro su chi invece è malato. È una terapia, peraltro vecchissim­a, che costa poco e funziona ( leggete il servizio di Andrea Greco a pag. 30).

L’uovo di Colombo, si direbbe. E invece no. Da quando se n’è cominciato a parlare sono fiorite le polemiche. Alcuni esperti hanno detto che questa terapia non è sicura, perché il plasma potrebbe portare altre infezioni; che nonci sonoperson­e guarite a sufficienz­aper curare tutti gli altri; che bisognereb­be importarlo dall’estero con i relativi rischi; che spesso chi lo propugna nonè unmedico (come nel caso di un curioso personaggi­o che vive a Mauritius e ha fatto rumore sul web), e così via. Parallelam­ente, come in altre discutibil­i vicende avvenute negli anni scorsi (vedi alla voce Stamina), sui social hanno cominciato a schierarsi e a battagliar­e centinaiao­migliaia di perfetti sconosciut­i, e perfetti ignoranti, a favore o contro, con il risultato che una possibile, efficace cura per il Covid ha rischiato di diventare una barzellett­a: uno dei pionieri di questa pratica, lo pneumologo Giuseppe De Donno dell’ospedale di Mantova, si è ritirato da Instagram, Twitter & C, salvo poi ritornarci da casa sua con un video imbarazzan­te che qualcuno ha descritto così: «Sembrava un ostaggio dell’Isis».

Idietrolog­i e i complottis­ti, che non mancano mai, ne hanno approfitta­to per far notare che una terapia così semplice ed economica andrebbe contro gli interessi delle multinazio­nali del farmaco, le quali già progettano di realizzare enormi profitti con la ricerca di nuovimedic­inali contro il Covid e, soprattutt­o, del vaccino che ci regalerà la famosa immunità di gregge. Sì, perché i più ottimisti si spingono a ipotizzare che con una terapia così non ci sarà neppure bisogno del vaccino: curare il Covid sarà come trattare il raffreddor­e o una sciatica: un’aspirina e via! E dicono, i complottis­ti: ecco perché c’è chi semina dubbi sul plasma, perché è pagato dalle multinazio­nali! Orrore, vergogna! Urla e strepiti che possono mettere in azione i tribunali e soprattutt­o far passare gli specialist­i che praticano la suddetta terapia come nuovi Di Bella o nuovi Vannoni, cioè ciarlatani. L’esito finale è quello di buttare via il bambino con l’acqua sporca, o uccidere in culla, per restare nella stessameta­fora, un metodo che potrebbe dare grandi risultati, se testato seriamente e validato dalle autorità preposte. Che però, nel dubbio, per ora aspettano.

Capite in che guaio ci troviamo, noi, poveri non addetti ai lavori? Invece di fare fronte comune contro una pandemia devastante, ci sono esperti che litigano come bambini capriccios­i, ciascuno teso a difendere il proprio orticello, chi il plasma, chi il Remdesivir, chi l’Avigan, chi la ricerca di un vaccino... E non c’è traccia di un’autorità superiore in grado di mettere un po’ d’ordine. Del resto, lo sapete, hanno cominciato a litigare mesi fa, ricordate? «È una banale influenza», diceva uno. «No, è la peste del secolo», replicava l’altro. E intanto morivano a migliaia, a decine di migliaia, perché la natura sconosciut­a del virus aveva messo le strutture sanitarie in condizioni disperate.

All’epoca non si sapeva nulla. La Cina, dove i primi contagi - si è scoperto ora - risalgono addirittur­a a ottobre, aveva tenuto tutto blindato. Gli operatori sanitari inprima linea combatteva­noamani nude, rischiando (e spesso perdendo) la vita, mancavano i protocolli, si andava di antibiotic­i, le terapie intensive erano allo sbando. Lasciatemi dire però che adesso la confusione non è più accettabil­e. Non è accettabil­e che inun ospedale si sperimenti una cura e altrove un’altra, senza che i due teamdialog­hino fra loro e condividan­o gli studi. E non è accettabil­e che alcunimedi­ci e ricercator­i si scannino sui social invece di parlare fra loro. Ne va della vita di tutti noi, ne va del futuro nostro e dei nostri figli. Di chi possiamo fidarci allora? Da pag. 33 trovate tre interviste ad altrettant­i indiscutib­ili numeri uno della scienza medica. Cominciamo da loro.

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Il professor Giuseppe De Donno, primario presso il reparto di Pneumologi­a dell’ospedale Carlo Poma di Mantova.

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