Il Pronto soccorso che andava chiuso
Che esista un “caso Lombardia” e che questo caso abbia reso l’Italia il terzo Paese al mondo per morti da Covid-19 dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, è un fatto. In che cosa consista il “casoLombardia” e quali conseguenze debba avere nel processo di “normalizzazione” della vitadegli italiani e nella riaperturadei confini è però più difficile da capire. Innanzitutto, i numeri. Matteo Villa, il ricercatore dell’Ispi esperto in analisi di big data, che sin dai primi tempi avevamesso indiscussione i dati ufficiali ( legati ai tamponi effettuati) e dimostrato che il tasso di letalità di Sars-Cov2 non poteva essere superiore al 10%, oggi stima che il numero effettivo di persone contagiate sia, in Lombardia, di oltre 1,6 milioni, a fronte degli 89mila dichiarate a inizio giugno. Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica medica ed Epidemiologia all’Università degli Studi di Milano, concorda su questi numeri, ma aggiunge: «Contagiati? Diciamo che sono entrati in contatto conil virus: inmaggioranza non hannomanifestato sintomi». Qui veniamo a un punto decisivo (vedi box a pag.32): è evidente che i “positivi asintomatici” sianomeno pericolosi dei malati. Ma quanto?
NON ACCOLTI ALL’ESTERO
I dubbi sulla “libera circolazione” dei lombardi, sciolti in gran parte per l’Italia ma non per l’estero, è legata al fatto che la Lombardia, a livello ufficiale, contava oltre 16 mila morti sui poco più dei 33.400 totali in Italia, il 1° giugno. In compenso registrava, ufficialmente, meno del 40% dei contagi ufficiali. In sintesi, avrebbe un tasso di letalità da Covid-19 del 18%, ben superiore a quello stimato della Sars. Non solo, «alla fine i morti potrebbero essere molti di più, in base ai dati Inps», avverte Villa, che però
Dati Oms: per la popolazione europea si calcolano circa 550 mila morti premature legate all’inquinamento