La quarantena e l’anima
«A casa, si è mosso qualcosa dentro ?»
Ci sono eventi chemai pensiamo che possano accadere alla vita, a noi. Guardiamo i Paesi poveri e siamo abituati alle immagini di povertà, fame, epidemie, cavallette, guerre. Non ci siamo mai posti il problema che sarebbe potuto capitare a noi.
E mai ancora, che qualcuno, per il nostro bene, ci chiudesse in casa, ci togliesse la libertà, misurasse i nostri passi, controllasse il nostro respiro; mai che qualcuno doveva ricordarci di lavarci le mani, di mantenere un’igiene rigorosa. Chiusi! Controllati nei movimenti pena multe salatissime. Chi lo avrebbe mai detto.
E poi la paura, il terrore. ll calcolo dei morti ogni giorno... Morti, contagiati, ammalati... Per non parlare dei nostri nonni, di una generazione che ha lasciato questomondo senza parole, portandosi via la storia di questo nostro tempo, la saggezza e la ricchezza della memoria. Tutto questo abbiamo vissuto chiusi tra le quattro mura di casa. Chi si è trovato da solo, e chi in troppi a condividere i muri, le porte, le maniglie da non poter aprire, i ritmi necessari della colazione, del pranzo e della cena per non lasciarsi andare al nulla, al vuoto e al niente. Lavorare necessariamente per nonmollare quasi dieci ore davanti a un pc, quasi disperatamente per non perdere i contatti con ilmondo, per farci sentire vivi, quasi a dire... vi prego non vi dimenticate. Noi siamo qui. E lo sforzo di sentire gli amici, mandando giù gropponi di malinconia, facendo finta che tutto andava bene.
Un giorno dopo l’altro, un’ora dopo l’altra. Ci siamo trovati a fare domande e a dare risposte. Per non soccombere ci siamo trovati a dare un significato a ciò che facevamo, ma ora lo sappiamo. Prima non lo sapevamo. Ora ne siamo consapevoli. Prima no.
Siamo passati dalla paura alla rabbia, alla rassegnazione, alla progettazione, alla speranza. E dentro questi sentimenti ci siamomossi prima con furore per non arrenderci, poi rallentando il passo consapevoli che non ci sarebbe statomolto altro da fare. Quei movimenti che all’inizio sembravano convulsi, memori di ritmi già archiviati e divenuti parte di noi, sono poi diventati lenti, non più ricchi di quella fretta
SIAMO PASSATI DA PAURA E RABBIA,
ALLA PROGETTAZIONE, E ALLA SPERANZA
ABBIAMO IMPARATO APRENDERCICURADEL CORPO E DELLO SPIRITO. RICORDIAMOCELO
che ha li sempre abitati. Come ci si può muovere nell’immobilità? Penso a Enzo Bosso, a un corpomartoriato con un’anima vivace. Alla sua immobilità capace di creare arte e sogni, capace di sublimare quel corpo in quell’anima gentile e magnifica che ha fatto di lui e di chi lo ha incontrato, un capolavoro. Ma come lui tanti altri. Penso a Nelson Mandela, alla carcerazione per i suoi ideali nobili. Passato attraverso il dolore, senzamancare di regalarci sogni e di vincere la battaglia. Penso che quando il nostro corpo si ferma per qualche motivo, possiamo decidere di soccombere o possiamo decidere di sognare. Questo tempo ci ha insegnato che si può fare. Che possiamo camminare nella nostra immobilità dando significato al nostro passo che si alimenta del nostro cuore.
Le mille domande che ci siamo fatti sono state movimento. Le altrettante risposte che non sono arrivate, sono state movimento. Quell’andare e tornare dentro e fuori di noi, ci ha permesso di aprire spazi di conoscenza che non sapevamo neppure di avere.
Abbiamo sperimentato la necessità di nutrimento per non arrendersi all’immobilità. Ci siamo presi cura del corpo e dello spirito. Tutto questo è stato necessario per non cedere.
Quanto questa sperimentazione su noi stessi ci aiuterà a immaginare una vita diversa?
Quanto le tecniche affinate dell’ascolto, della pazienza, della scoperta, delle lacrime gonfie e salate che arrivano dal profondo, dello scrivere di se stessi per non perdere i pezzi, per progettare e programmare per dare ragione della nostra storia, sapranno donarci un modo diverso di porci verso il mondo? Speravamo che l’uomo diventasse migliore dopo tutto questo. Io non so se è accaduto o meno. Ognuno di noi sa da sé se è stato un tempo proficuo. Queste conquiste ricordiamocele sempre, quando ci ritroveremo di nuovo a camminare a fianco di chi ha bisogno di noi e del nostro essere.
Ricordiamo il significato dei passi che ci hanno portato fino a qui.