Oggi

La quarantena e l’anima

«A casa, si è mosso qualcosa dentro ?»

- di don Antonio Mazzi

Ci sono eventi chemai pensiamo che possano accadere alla vita, a noi. Guardiamo i Paesi poveri e siamo abituati alle immagini di povertà, fame, epidemie, cavallette, guerre. Non ci siamo mai posti il problema che sarebbe potuto capitare a noi.

E mai ancora, che qualcuno, per il nostro bene, ci chiudesse in casa, ci togliesse la libertà, misurasse i nostri passi, controllas­se il nostro respiro; mai che qualcuno doveva ricordarci di lavarci le mani, di mantenere un’igiene rigorosa. Chiusi! Controllat­i nei movimenti pena multe salatissim­e. Chi lo avrebbe mai detto.

E poi la paura, il terrore. ll calcolo dei morti ogni giorno... Morti, contagiati, ammalati... Per non parlare dei nostri nonni, di una generazion­e che ha lasciato questomond­o senza parole, portandosi via la storia di questo nostro tempo, la saggezza e la ricchezza della memoria. Tutto questo abbiamo vissuto chiusi tra le quattro mura di casa. Chi si è trovato da solo, e chi in troppi a condivider­e i muri, le porte, le maniglie da non poter aprire, i ritmi necessari della colazione, del pranzo e della cena per non lasciarsi andare al nulla, al vuoto e al niente. Lavorare necessaria­mente per nonmollare quasi dieci ore davanti a un pc, quasi disperatam­ente per non perdere i contatti con ilmondo, per farci sentire vivi, quasi a dire... vi prego non vi dimenticat­e. Noi siamo qui. E lo sforzo di sentire gli amici, mandando giù gropponi di malinconia, facendo finta che tutto andava bene.

Un giorno dopo l’altro, un’ora dopo l’altra. Ci siamo trovati a fare domande e a dare risposte. Per non soccombere ci siamo trovati a dare un significat­o a ciò che facevamo, ma ora lo sappiamo. Prima non lo sapevamo. Ora ne siamo consapevol­i. Prima no.

Siamo passati dalla paura alla rabbia, alla rassegnazi­one, alla progettazi­one, alla speranza. E dentro questi sentimenti ci siamomossi prima con furore per non arrenderci, poi rallentand­o il passo consapevol­i che non ci sarebbe statomolto altro da fare. Quei movimenti che all’inizio sembravano convulsi, memori di ritmi già archiviati e divenuti parte di noi, sono poi diventati lenti, non più ricchi di quella fretta

SIAMO PASSATI DA PAURA E RABBIA,

ALLA PROGETTAZI­ONE, E ALLA SPERANZA

ABBIAMO IMPARATO APRENDERCI­CURADEL CORPO E DELLO SPIRITO. RICORDIAMO­CELO

che ha li sempre abitati. Come ci si può muovere nell’immobilità? Penso a Enzo Bosso, a un corpomarto­riato con un’anima vivace. Alla sua immobilità capace di creare arte e sogni, capace di sublimare quel corpo in quell’anima gentile e magnifica che ha fatto di lui e di chi lo ha incontrato, un capolavoro. Ma come lui tanti altri. Penso a Nelson Mandela, alla carcerazio­ne per i suoi ideali nobili. Passato attraverso il dolore, senzamanca­re di regalarci sogni e di vincere la battaglia. Penso che quando il nostro corpo si ferma per qualche motivo, possiamo decidere di soccombere o possiamo decidere di sognare. Questo tempo ci ha insegnato che si può fare. Che possiamo camminare nella nostra immobilità dando significat­o al nostro passo che si alimenta del nostro cuore.

Le mille domande che ci siamo fatti sono state movimento. Le altrettant­e risposte che non sono arrivate, sono state movimento. Quell’andare e tornare dentro e fuori di noi, ci ha permesso di aprire spazi di conoscenza che non sapevamo neppure di avere.

Abbiamo sperimenta­to la necessità di nutrimento per non arrendersi all’immobilità. Ci siamo presi cura del corpo e dello spirito. Tutto questo è stato necessario per non cedere.

Quanto questa sperimenta­zione su noi stessi ci aiuterà a immaginare una vita diversa?

Quanto le tecniche affinate dell’ascolto, della pazienza, della scoperta, delle lacrime gonfie e salate che arrivano dal profondo, dello scrivere di se stessi per non perdere i pezzi, per progettare e programmar­e per dare ragione della nostra storia, sapranno donarci un modo diverso di porci verso il mondo? Speravamo che l’uomo diventasse migliore dopo tutto questo. Io non so se è accaduto o meno. Ognuno di noi sa da sé se è stato un tempo proficuo. Queste conquiste ricordiamo­cele sempre, quando ci ritroverem­o di nuovo a camminare a fianco di chi ha bisogno di noi e del nostro essere.

Ricordiamo il significat­o dei passi che ci hanno portato fino a qui.

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 ??  ?? A sinistra, gli arcobaleni dipinti dai bambini di una quinta elementare per la foto ricordo on
line: durante la pandemia, i più piccoli con il loro ottimismo hanno donato speranza. I bambini ci danno speranza
A sinistra, gli arcobaleni dipinti dai bambini di una quinta elementare per la foto ricordo on line: durante la pandemia, i più piccoli con il loro ottimismo hanno donato speranza. I bambini ci danno speranza
 ??  ?? Sopra, Nelson Mandela ( 1918-2013): prima di diventare presidente del Sudafrica, aveva trascorso 27 anni dietro le sbarre per non rinnegare la sua lotta anti apartheid. «Anche dal carcere riuscì a regalare sogni al suo popolo», dice don Mazzi. Mandela: in prigione per i suoi ideali
Sopra, Nelson Mandela ( 1918-2013): prima di diventare presidente del Sudafrica, aveva trascorso 27 anni dietro le sbarre per non rinnegare la sua lotta anti apartheid. «Anche dal carcere riuscì a regalare sogni al suo popolo», dice don Mazzi. Mandela: in prigione per i suoi ideali
 ??  ?? Sopra, Enzo Bosso, morto lo scorso 15 maggio a 48 anni. Era direttore d’orchestra, compositor­e e pianista. Nonostante avesse una malattia neurodegen­erativa, non si è arreso. «Il suo corpo martoriato ha sempre avuto un’anima creativa», dice donMazzi. Bosso: la malattia non lo aveva piegato
Sopra, Enzo Bosso, morto lo scorso 15 maggio a 48 anni. Era direttore d’orchestra, compositor­e e pianista. Nonostante avesse una malattia neurodegen­erativa, non si è arreso. «Il suo corpo martoriato ha sempre avuto un’anima creativa», dice donMazzi. Bosso: la malattia non lo aveva piegato

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