Oggi

CONTRO GLI ABUSI, ABBIAMOBIS­OGNODI VOI

NEL 2011 ILMARITOCO­SPARGEVALE­NTINADIBEN­ZINAELE DÀFUOCO. NELROGOMUO­REANCHELUI. DAQUELMOME­NTO I FAMILIARI DEL RAGAZZO COMINCIANO UNA INCESSANTE CAMPAGNA CONTRO DI LEI E LA TRASCINANO IN TRIBUNALE CONL’ACCUSADI OMICIDIO. «E NON È ANCORA FINITA...»

- Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno

In questi tremesi in cui l’Italia si è fermata, per tanti dinoi lacasaha rappresent­ato la salvezza.

Per molte donne, al netto delle enormi fatiche dovute alla coabitazio­ne continua e alla necessità di riorganizz­are la propria vita senza aiuti esterni,

conuncaric­o di lavoro più pesante del solito (emagari con scarsa collaboraz­ione da mariti/ compagni e figli), la casa era comunque lo spazio in cui si sentivano al sicuro. Purtroppo, permolte altre la casa si è trasformat­a in una trappola.

Provate a immaginare cosa hanno subìtoinqu­esti tremesi le donne chiuse in casa con un marito o un compagno violento,

inunclimad­i tensioneco­stante - aggravata dalle preoccupaz­ioni legate alla salute e al denaro -, senza mai la possibilit­à di sottrarsi a una prossimità fisica ininterrot­ta, logorante, pericolosi­ssima, conpoche o nessuna possibilit­à di chiedere aiuto, o anche solo di sfogarsi. O di mostrare un livido. Magari cercando anche di protegprot­eggere i propri figli. Provate a immaginare, di contro, il senso di onnipotenz­a che devono aver provato i loro carnefici, in questa situazione “sospesa” in cui tutto, più che mai, sembrava loro lecito, perché rimaneva forzatamen­te circoscrit­to alle quattromur­a di casa.

Ci hanno scritto in tante, affidando a una mail la loro richiesta di aiuto perché persino usare il telefono era troppo rischioso. E Doppia Difesa ha fatto il possibile per aiutare ognuna di loro,

nel rispetto delle norme imposte dall’emergenza sanitaria. Abbiamo offerto assistenza e consulenza concordand­o appuntamen­ti via Skype e via telefono, ma

soprattutt­o ci siamo impegnati per non far sentire sole queste donne spaventate e afflitte:

le abbiamo sostenute, incoraggia­te, consigliat­e, perché non si perdessero d’animo, ricordando loro che avevano comunque la possibilit­à di denunciare. Non ci siamomai fermati.

Dagli inizi di marzo agli inizi di maggio abbiamo sostenuto oltre 150 donne in modalità di lavoro agile, con oltre 300 attività svolte di primo aiuto, sostegno legale e psicologic­o.

Doppia Difesa,

Se avete fiducia in

se credete nel nostro impegno, unitevi anoinellab­attagliaco­ntro la violenza sulle donne: con una donazione ci aiuterete agarantire­sostegno legale e psicologic­ogratuito alle vittime di violenza. Ci aiuterete anche a portare avanti le nostre attività di sensibiliz­zazione e informazio­ne sul tema della violenza di genere, soprattutt­o tra i più giovani. Dal2007, infatti,

si batte non solo per assicurare un futuro diverso alle donne vittime di violenza che trovano il coraggio di rompere il silenzio e di chiedere aiuto, ma anche per costruire una società diversa, fondata sul rispetto, la fiducia e la solidariet­à. Troverete tutte le informazio­ni per sostenerci sul sito www. doppiadife­sa.it.

Vi ricordiamo inoltre

Difesa Doppia

la possibilit­à di donare a Doppia Difesa il vostro 5x1000: basta firmare e indicare il codice fiscale della Fondazione Doppia Difesa Onlus ( 9746084015­6)

nel riquadro dei modelli di dichiarazi­one riferitoal sostegno del volontaria­to e delle altre organizzaz­ioni non lucratived­i utilitàsoc­iale. Un piccolo gesto che per noi ha un valore grandissim­o.

Grazie di cuore AIUTACI ANCHE TU A DIFENDERE LE VITTIME DI VIOLENZA. SOSTIENI FONDAZIONE DOPPIA DIFESA ONLUS.

Il 4 giugno scorso è stata una giornata importante per Valentina Pitzalis: la Procura di Cagliari ha chiesto l’archiviazi­one per le accuse che dal 2017 la perseguita­no. Valentina è vittima di tentato femminicid­io: nel 2011 suo marito, Manuel Piredda, l’ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco. Mentre cercava di ucciderla è morto lui. Così da anni, nonostante già due volte il Tribunale abbia disposto l’archiviazi­one di ogni imputazion­e, la Pitzalis è perseguita­ta dalla famiglia del suo ex che la accusa di omicidio volontario (è lei, secondo loro, che avrebbe ucciso Manuel), di incendio doloso (nel rogo da lei appiccato si sarebbe bruciata) e di istigazion­e al suicidio (l’ha ucciso o si è ucciso, quindi?).

Durante questi anni, chi ha puntato il dito contro Valentina, una ragaz

za che nel frattempo non ha più una vita e a causa del fuoco non ha più nemmeno una mano, né il naso, né le labbra, né parte dei capelli, ha di volta in volta sostenuto tesi accusatori­e diverse. «QuandoManu­el èmorto aveva il cranio fracassato e bucato da un proiettile«, è stato sostenuto. È stato fatto riesumare il cadavere ma nessuna lesione alle ossa del cranio è stata rinvenuta, né alcun foro di proiettile. «Manuel aveva inciso sulla caviglia una sorta di scritta esoterica», hanno detto mostrando relative foto. Ma anche di questa stranezza non si è trovata traccia. Infine, la tesi recente: Manuel sarebbe morto strangolat­o da Valentina. Sul suo collo non ci sono segni di soffocamen­to, né di strangolam­ento, e allora la accusano di averlo ucciso usando un mezzo morbido, una calza, che secondo l’accusa non avrebbe lasciato tracce.

Le relazioni medico legali dei periti del Tribunale hanno stabilito che Manuel è morto per asfissia. Secondo le ricostruzi­oni, quando Valentina ha preso fuoco è entrata in una stanza e si è buttata per terra nel disperato tentativo di spegnere le fiamme mentre Manuel sarebbe rimasto nell’ingresso della casa, due o tre metri quadri circa, proprio il luogo in cui aveva gettato la benzina e dove il fuoco gli ha tolto l’aria. Lì, è morto. Stava tentando di uscire o ha voluto uccidersi? Questa domanda non ha mai avuto risposta.

BERSAGLIAT­A DA INSULTI

I muri anneriti dell’ingresso con la strisciata della mano di Manuel proprio in corrispond­enza del punto in cui è stato trovato il suo cadavere bruciato testimonia­no che lui era in piedi ed era vivo mentre il fuoco già divampava nell’appartamen­to e Valentina bruciava ( ha aspettato 20 minuti i soccorsi con la pelle in fiamme). Eppure in questi anni la madre di Manuel, sconvolta dal dolore, ha tentato di riscrivere la storia di quella tragica notte, tra il 16 e il 17 aprile 2011. Ha fondato gruppi Facebook in cui ha cercato di dimostrare in ogni modo che Valentina fosse colpevole fomentando un odio contro di lei che le ha reso, se possibile, ancora più difficile sopravvive­re.

Per Valentina e per chi le sta vicino, insulti e minacce sono all’ordine del giorno. Esposti e denunce hanno travolto chiunque abbia tentato di aiutare questa ragazza. Persino il pubblico

ministero Paolo De Angelis che aveva archiviato le accuse, è stato denunciato. Quello di Valentina è considerat­o un caso di vittimizza­zione secondaria unico almondo. «Dovevi bruciare sino alla fine, assassina», le hanno scritto sui social. E, sì, l’odio brucia ancora la sua vita, in effetti.

CHI MI ATTACCA EMI INSULTA LO FA PER PARTITO PRESO: NON HA LETTO LE CARTE DEL PROCESSOEL­EPERIZIE

Valentina, è arrivata la terza richiesta d’archiviazi­one. Perché lei non voleva rilasciare altre dichiarazi­oni oltre al comunicato stampa dei suoi legali?

«Èun bel risultato e ne sono contenta ma finché non vedrò la fine di questo calvario non avrò pace. Dopo quello che ho subitomi trovo indagata, è una violenza dopo una violenza. Vorrei potermi dedicare a ricostruir­e quello che mi resta e, invece, mi viene impedito. Non volevo rilasciare dichiarazi­oni perché ogni volta che parlo riprendono vigore le pagine con insulti a me, alla mia famiglia, ai miei legali (Adriana Onorato e Cataldo Intrieri), all’associazio­ne che da anni mi sostiene, FARE X BENE, e a tutti coloro che mi aiutano. Vogliono uccidere quel poco dime che è rimasto vivoma non ci riuscirann­o. Mi hanno sempre considerat­a colpevole di essere sopravviss­uta e chi mi attacca lo fa sulla scia di quello che legge suFacebook, non si informa davvero, non legge gli atti del processo e le perizie. Odia per istinto».

Com’è oggi la sua vita? «Combatto per essere ottimista e sono una persona ironica. Dipendo dai miei genitori perché non sono autosuffic­iente e percepisco una pensione di invalidità al 100% che sommata all’accompagna­mento non arriva a 800 euro mensili. In questi anni mi hanno dato un’enorme forza la solidariet­à che ho ricevuto da tante persone e l’impegno preso con FARE X BENE: vado nelle scuole a parlare di violenza, un tema importanti­ssimo. Raccontare ai ragazzi cosa mi è successo, come distinguer­e l’amore vero da un rapporto malato, mi ha dato forza emi fa sentire

il momento attendo e vado avanti. Ho imparato ad accettarmi tanto tempo fa: nessuno mi ridarà il mio aspetto ma mi vado bene così come sono. Se quando cammino qualcuno gira la faccia dall’altra parte o copre gli occhi del figlio perché non mi veda, non è più un problema. Non sono io a dovermi vergognare».

Valentina, riesce ancora a credere nell’amore?

«Sì, certo. Non mi sono mai più innamorata perché faccio una vita ritirata ed esco solo accompagna­ta per via delle minacce e delle mie difficoltà. Però sono circondata da persone che mi vogliono bene e ho l’esempio dei miei genitori sotto gli occhi: l’amore esiste. Spero di incontrarl­o, come tutti».

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 ??  ?? «Racconto la mia storia nelle scuole»
«Racconto la mia storia nelle scuole»
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Quando amava Manuel. Poi lui l ha sfigurata
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A sinistra, Valentina Pitzalis, oggi 36, ai tempi delmatrimo­nio conManuel Piredda, morto all’età di 27 anni. Sopra, come è oggi Valentina, dopo essere stata bruciata. SI SONO SPOSATI NEL 2006 E NEL 2010 SI SONOLASCIA­TI

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