CONTRO GLI ABUSI, ABBIAMOBISOGNODI VOI
NEL 2011 ILMARITOCOSPARGEVALENTINADIBENZINAELE DÀFUOCO. NELROGOMUOREANCHELUI. DAQUELMOMENTO I FAMILIARI DEL RAGAZZO COMINCIANO UNA INCESSANTE CAMPAGNA CONTRO DI LEI E LA TRASCINANO IN TRIBUNALE CONL’ACCUSADI OMICIDIO. «E NON È ANCORA FINITA...»
In questi tremesi in cui l’Italia si è fermata, per tanti dinoi lacasaha rappresentato la salvezza.
Per molte donne, al netto delle enormi fatiche dovute alla coabitazione continua e alla necessità di riorganizzare la propria vita senza aiuti esterni,
conuncarico di lavoro più pesante del solito (emagari con scarsa collaborazione da mariti/ compagni e figli), la casa era comunque lo spazio in cui si sentivano al sicuro. Purtroppo, permolte altre la casa si è trasformata in una trappola.
Provate a immaginare cosa hanno subìtoinquesti tremesi le donne chiuse in casa con un marito o un compagno violento,
inunclimadi tensionecostante - aggravata dalle preoccupazioni legate alla salute e al denaro -, senza mai la possibilità di sottrarsi a una prossimità fisica ininterrotta, logorante, pericolosissima, conpoche o nessuna possibilità di chiedere aiuto, o anche solo di sfogarsi. O di mostrare un livido. Magari cercando anche di protegproteggere i propri figli. Provate a immaginare, di contro, il senso di onnipotenza che devono aver provato i loro carnefici, in questa situazione “sospesa” in cui tutto, più che mai, sembrava loro lecito, perché rimaneva forzatamente circoscritto alle quattromura di casa.
Ci hanno scritto in tante, affidando a una mail la loro richiesta di aiuto perché persino usare il telefono era troppo rischioso. E Doppia Difesa ha fatto il possibile per aiutare ognuna di loro,
nel rispetto delle norme imposte dall’emergenza sanitaria. Abbiamo offerto assistenza e consulenza concordando appuntamenti via Skype e via telefono, ma
soprattutto ci siamo impegnati per non far sentire sole queste donne spaventate e afflitte:
le abbiamo sostenute, incoraggiate, consigliate, perché non si perdessero d’animo, ricordando loro che avevano comunque la possibilità di denunciare. Non ci siamomai fermati.
Dagli inizi di marzo agli inizi di maggio abbiamo sostenuto oltre 150 donne in modalità di lavoro agile, con oltre 300 attività svolte di primo aiuto, sostegno legale e psicologico.
Doppia Difesa,
Se avete fiducia in
se credete nel nostro impegno, unitevi anoinellabattagliacontro la violenza sulle donne: con una donazione ci aiuterete agarantiresostegno legale e psicologicogratuito alle vittime di violenza. Ci aiuterete anche a portare avanti le nostre attività di sensibilizzazione e informazione sul tema della violenza di genere, soprattutto tra i più giovani. Dal2007, infatti,
si batte non solo per assicurare un futuro diverso alle donne vittime di violenza che trovano il coraggio di rompere il silenzio e di chiedere aiuto, ma anche per costruire una società diversa, fondata sul rispetto, la fiducia e la solidarietà. Troverete tutte le informazioni per sostenerci sul sito www. doppiadifesa.it.
Vi ricordiamo inoltre
Difesa Doppia
la possibilità di donare a Doppia Difesa il vostro 5x1000: basta firmare e indicare il codice fiscale della Fondazione Doppia Difesa Onlus ( 97460840156)
nel riquadro dei modelli di dichiarazione riferitoal sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrativedi utilitàsociale. Un piccolo gesto che per noi ha un valore grandissimo.
Grazie di cuore AIUTACI ANCHE TU A DIFENDERE LE VITTIME DI VIOLENZA. SOSTIENI FONDAZIONE DOPPIA DIFESA ONLUS.
Il 4 giugno scorso è stata una giornata importante per Valentina Pitzalis: la Procura di Cagliari ha chiesto l’archiviazione per le accuse che dal 2017 la perseguitano. Valentina è vittima di tentato femminicidio: nel 2011 suo marito, Manuel Piredda, l’ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco. Mentre cercava di ucciderla è morto lui. Così da anni, nonostante già due volte il Tribunale abbia disposto l’archiviazione di ogni imputazione, la Pitzalis è perseguitata dalla famiglia del suo ex che la accusa di omicidio volontario (è lei, secondo loro, che avrebbe ucciso Manuel), di incendio doloso (nel rogo da lei appiccato si sarebbe bruciata) e di istigazione al suicidio (l’ha ucciso o si è ucciso, quindi?).
Durante questi anni, chi ha puntato il dito contro Valentina, una ragaz
za che nel frattempo non ha più una vita e a causa del fuoco non ha più nemmeno una mano, né il naso, né le labbra, né parte dei capelli, ha di volta in volta sostenuto tesi accusatorie diverse. «QuandoManuel èmorto aveva il cranio fracassato e bucato da un proiettile«, è stato sostenuto. È stato fatto riesumare il cadavere ma nessuna lesione alle ossa del cranio è stata rinvenuta, né alcun foro di proiettile. «Manuel aveva inciso sulla caviglia una sorta di scritta esoterica», hanno detto mostrando relative foto. Ma anche di questa stranezza non si è trovata traccia. Infine, la tesi recente: Manuel sarebbe morto strangolato da Valentina. Sul suo collo non ci sono segni di soffocamento, né di strangolamento, e allora la accusano di averlo ucciso usando un mezzo morbido, una calza, che secondo l’accusa non avrebbe lasciato tracce.
Le relazioni medico legali dei periti del Tribunale hanno stabilito che Manuel è morto per asfissia. Secondo le ricostruzioni, quando Valentina ha preso fuoco è entrata in una stanza e si è buttata per terra nel disperato tentativo di spegnere le fiamme mentre Manuel sarebbe rimasto nell’ingresso della casa, due o tre metri quadri circa, proprio il luogo in cui aveva gettato la benzina e dove il fuoco gli ha tolto l’aria. Lì, è morto. Stava tentando di uscire o ha voluto uccidersi? Questa domanda non ha mai avuto risposta.
BERSAGLIATA DA INSULTI
I muri anneriti dell’ingresso con la strisciata della mano di Manuel proprio in corrispondenza del punto in cui è stato trovato il suo cadavere bruciato testimoniano che lui era in piedi ed era vivo mentre il fuoco già divampava nell’appartamento e Valentina bruciava ( ha aspettato 20 minuti i soccorsi con la pelle in fiamme). Eppure in questi anni la madre di Manuel, sconvolta dal dolore, ha tentato di riscrivere la storia di quella tragica notte, tra il 16 e il 17 aprile 2011. Ha fondato gruppi Facebook in cui ha cercato di dimostrare in ogni modo che Valentina fosse colpevole fomentando un odio contro di lei che le ha reso, se possibile, ancora più difficile sopravvivere.
Per Valentina e per chi le sta vicino, insulti e minacce sono all’ordine del giorno. Esposti e denunce hanno travolto chiunque abbia tentato di aiutare questa ragazza. Persino il pubblico
ministero Paolo De Angelis che aveva archiviato le accuse, è stato denunciato. Quello di Valentina è considerato un caso di vittimizzazione secondaria unico almondo. «Dovevi bruciare sino alla fine, assassina», le hanno scritto sui social. E, sì, l’odio brucia ancora la sua vita, in effetti.
CHI MI ATTACCA EMI INSULTA LO FA PER PARTITO PRESO: NON HA LETTO LE CARTE DEL PROCESSOELEPERIZIE
Valentina, è arrivata la terza richiesta d’archiviazione. Perché lei non voleva rilasciare altre dichiarazioni oltre al comunicato stampa dei suoi legali?
«Èun bel risultato e ne sono contenta ma finché non vedrò la fine di questo calvario non avrò pace. Dopo quello che ho subitomi trovo indagata, è una violenza dopo una violenza. Vorrei potermi dedicare a ricostruire quello che mi resta e, invece, mi viene impedito. Non volevo rilasciare dichiarazioni perché ogni volta che parlo riprendono vigore le pagine con insulti a me, alla mia famiglia, ai miei legali (Adriana Onorato e Cataldo Intrieri), all’associazione che da anni mi sostiene, FARE X BENE, e a tutti coloro che mi aiutano. Vogliono uccidere quel poco dime che è rimasto vivoma non ci riusciranno. Mi hanno sempre considerata colpevole di essere sopravvissuta e chi mi attacca lo fa sulla scia di quello che legge suFacebook, non si informa davvero, non legge gli atti del processo e le perizie. Odia per istinto».
Com’è oggi la sua vita? «Combatto per essere ottimista e sono una persona ironica. Dipendo dai miei genitori perché non sono autosufficiente e percepisco una pensione di invalidità al 100% che sommata all’accompagnamento non arriva a 800 euro mensili. In questi anni mi hanno dato un’enorme forza la solidarietà che ho ricevuto da tante persone e l’impegno preso con FARE X BENE: vado nelle scuole a parlare di violenza, un tema importantissimo. Raccontare ai ragazzi cosa mi è successo, come distinguere l’amore vero da un rapporto malato, mi ha dato forza emi fa sentire
il momento attendo e vado avanti. Ho imparato ad accettarmi tanto tempo fa: nessuno mi ridarà il mio aspetto ma mi vado bene così come sono. Se quando cammino qualcuno gira la faccia dall’altra parte o copre gli occhi del figlio perché non mi veda, non è più un problema. Non sono io a dovermi vergognare».
Valentina, riesce ancora a credere nell’amore?
«Sì, certo. Non mi sono mai più innamorata perché faccio una vita ritirata ed esco solo accompagnata per via delle minacce e delle mie difficoltà. Però sono circondata da persone che mi vogliono bene e ho l’esempio dei miei genitori sotto gli occhi: l’amore esiste. Spero di incontrarlo, come tutti».