EDITORIALE
LE COLPE DI MONTANELLI E IL DILEMMA: È GIUSTO GIUDICARE IL PASSATO CON IL METRO DI OGGI?
Della trimurti del giornalismo italiano, Biagi Bocca e Montanelli, ho avuto la fortuna di conoscere i primi due, ma il terzo no, ed è unmio cruccio. Proprio adesso che faccio il direttore di Oggi, il settimanale al quale il grande Indro ha collaborato per decenni. Proprio adesso che i sacerdoti del politicamente corretto lo processano post-mortem.
La sua colpa è nota, e ne parlano anche Aldo Grasso a pag. 25 e l’inchiesta di Marianna Aprile sul neo-revisionismo storico e cinematografico a pag. 60: Montanelli comprò una sposa dodicenne (ma forse quattordicenne) quando, nel 1935, faceva il volontario nella guerra coloniale in Eritrea voluta da Benito Mussolini. Colpa grave, anzi gravissima, non c’è il minimo dubbio, se giudicata con ilmetro di oggi; ma contestualizzabile se si pensa che in quegli anni l’Italia intera cantava « Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina ». Il dilemma sul quale non solo in Italia, ma in tutto ilmondo, ci si accapiglia è tutto qui: si possono applicare agli eventi e ai personaggi del passato i parametrimorali del giorno d’oggi? Le regole di comportamento, scritte o non scritte, evolvono nel tempo: è giusto applicare quelle attuali all’intera storia dell’umanità?
Per qualcuno è proprio così. Gli anni o i secoli trascorsi non fanno finire nulla in prescrizione. E allora che importa se Cristoforo Colombo è vissuto mezzo millennio fa? Da navigatore diventa colonialista e predatore, e si abbattano le sue statue! Certo, è una china saponosa: da Jean-Jacques Rousseau (sì, quello della piattaforma grillina), che abbandonò i suoi figli in orfanotrofio, a Caravaggio, condannato per assassinio, fino al pluriomicida Benvenuto Cellini, il rischio è che si faccia piazza pulita di tutto il passato. Non solo politici e condottieri, ma anche artisti, scrittori, musicisti... Si faccia un bel rogo di libri, opere, targhe, statue, mostre, vie e piazze intitolate a questo o quell’altro, perché è chiaro ed evidente a tutti: se si scava un po’, non si salva quasi nessuno. A ben guardare, neppure molti papi e molti santi.
Così, tornando a Montanelli, mi spiace non averlo conosciuto, perché in fondo non mi sarebbe importato granché di ciò che aveva fatto o non fatto quando aveva 26 anni, in un’epoca e in una situazione in cui ciò che oggi ci appare ignobile era normale. Non so se sia stato fascista per convinzione o per opportunismo, se avesse capito o no l’enormità di comprare una bambina. Avrei voluto conoscerlo per quello che ha fatto nei restanti 66 anni della sua esistenza, diventando uno dei tre giganti del giornalismo italiano, con la sua scrittura facile e piana, con la sua indipendenza di giudizio, con la capacità di fiutare gli avvenimenti prima degli altri e raccontarli senza fronzoli, facendosi seguire da milioni di lettori che pendevano dalle sue labbra.
Per chi fa il mio mestiere, Indro è stato un Grande Maestro, sì, con le maiuscole, e gli errori che ha compiuto nella vita privata, come il caratteraccio che molti gli attribuiscono, non scalfiscono il monumento che è stato. Come lui, Giorgio Bocca, chemi concesse la prima intervista dellamia vita accogliendomi, giovanissimo “collega”, nella sua casa di via Bagutta a Milano. Come lui, Enzo Biagi, conosciuto a una conferenza che tenemmo insieme (io intimidito apprendista) nella miaBusseto. Tre icone, semplificando, di sinistra (Bocca), di centro (Biagi) e di destra ( Montanelli).
Eh sì, perché alla fine tanto accanimento anti-montanelliano non si spiega se non con il fatto che l’uomo è stato, sempre, convintamente di destra (e lo rimase anche quando divenne suo malgrado l’eroe degli anti-berlusconiani). E fu in ogni momento controcorrente, anche quando sapeva di tirarsi addosso «fulmini e saette», e ribatteva che preferiva «l’eresia all’ipocrisia». Non so voi, ma io, tra l’eretico e l’ipocrita, sto con l’eretico.