Pietro Maso Ora percepisce il reddito di cittadinanza
UNA FONTE RISERVATA SVELA A« OGGI» CHE L’ EX DETENUTO RICEVE L’ ASSEGNO DELL’ INPS.EQUI UN AVVOCATO CISPIEGA PERCHÉ NE HA DIRITTO, ANCHE SE È STATO CONDANNATO
Pare che al Centro per l’impiego di Terni siano rimasti interdetti. «Maso chi, intendi quel Maso?». «Sì, sì, proprio lui». «Ma il Pietro Maso che...». «Lui, lui». Nome e cognome sono quelli. La data di nascita, 17 luglio 1971, coincide. Il luogo di nascita, San Bonifacio ( Verona), pure. Un’omonimia con tanti dati coincidenti pare impossibile. Ma cosa ci fa PietroMaso nelle liste del Centro per l’impiego della cittadina umbra? Semplice: a quanto risulta a Oggi, l’uomo che nel 1991 uccise i genitori a colpi di spranga riceve il Reddito di cittadinanza ( RdC), il sussidio riservato dallo Stato a chi guadagnameno di 9.360 euro l’anno. La notizia, che ha lasciato a bocca aperta gli stessi navigator - gli incaricati di trovare un lavoro a chi percepisce il sussidio - ci giunge attraverso una fonte riservatissima. La lista in cui compare Maso, spiega la nostra fonte, risale alla fine del 2019: oggi, il sussidio potrebbe essere sospeso. Ma secondo le nostre informazioni, fino a qualche mese fa Pietro Maso percepiva un assegno che può arrivare fino a 780 euro almese. Firmato dall’Inps.
IN CARCERE PER 22 ANNI
La notizia farà scalpore. Maso, autore di un crimine orribile, sostenuto con soldi pubblici?, dirà qualcuno. Certo, il suo debito con la giustiziaMaso l’ha pagato: 22 anni filati di pena. Che un ex carcerato abbia diritto al reinserimento nella società, poi, lo dice la Costituzione. E con una condanna sulle spalle, trovare lavoro non è mai una passeggiata. Per Maso soprattutto. Dopo l’uscita dal carcere, nel 2015, l’abuso di cocaina, i debiti e quel «delirio di onnipotenza» denunciato dalle sorelle Nadia e Laura gli hanno creato il vuoto attorno. Aver ucciso chi ti ha messo al mondo non è solo un reato abominevole, è una voragine dell’anima. E non c’è sguardo, là fuori, che non ti ricordi quello che hai fatto. «Pietro si è trovato più volte in difficoltà economiche. Mi diceva: “Appena vedono come mi chiamo mi chiudono la porta in faccia”», conferma a OggiMarco De Giorgio, l’avvocato che l’ha difeso per anni. «Gli avevo proposto di cambiare cognome, di adottare quello della madre, ma è un processo lungo e complicato, non hamai voluto farlo». Quando è uscita la legge sul Reddito di cittadinanza, però, Maso ha fatto richiesta. La domanda è: ne ha diritto? Serve un piccolo preambolo legislativo. Il problema non è tanto che a chiedere il RdC sia l’autore di un
NON LE DIRÒ DOV’È OCOSAFA. POSSO DIRLE CHE STA CERCANDO DI RICOMINCIARE
Don Guido Todeschini, 81, ex consigliere spirituale di Maso
reato. Secondo il Codice Penale, gli unici condannati che non possono godere di «pensioni, assegni e stipendi a carico dello Stato» sono quelli che hanno precedenti penali per reati legati alla criminalità organizzata, al terrorismo o per truffa ai danni dello Stato, e Maso non rientra in nessuna di queste categorie. Rientra però nell’ultima classe ostativa citata del Codice: quella di coloro che a causa della gravità del loro reato sono interdetti dai pubblici uffici (nel caso di Maso «in perpetuo», conferma il suo avvocatoMarco De Giorgio). Quindi, com’è possibile che percepisca il sussidio? A sciogliere l’arcano è Gabriele Fava, avvocato esperto di Diritto del lavoro: «La normativa in materia di RdC ( Decreto Legge n. 4/2019) afferma che può essere escluso dal sussidio solo chi è stato condannato o interdetto dai pubblici uffici nei 10 anni precedenti la richiesta», spiega l’avvocato. E la condanna di Maso è del 22 febbraio 1992, ovvero 28 anni fa. «È vero, sembra una contraddizione, un baco legislativo, ma è il Codice stesso a specificare che l’esclusione vale “fatte salve ulteriori disposizioni di legge”, che qui ci sono. La richiesta di sussidio, quindi, è pienamente legittima». Nel settembre scorso, il caso dell’ex brigatista Federica Saraceni fece esplodere le polemiche: condannata a 21 anni per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona, saltò fuori che Saraceni percepiva 623 euro al mese mentre finiva di scontare la pena ai domiciliari. Ed era tutto legale.
IL CELLULARE È SPENTO
La parola definitiva su questa storia potrebbe metterla solo lui, Pietro Maso. Ma rintracciarlo non è facile: il numero di cellulare in possesso del suo avvocato è disattivato da mesi, al suo indirizzo di Terni pare esserci un garage. «Certo che sono in contatto con Pietro, ma non le dirò dove si trova né cosa fa. Posso dirle solo che sta cercando di ricominciare», ci risponde secco il suo ex consigliere spirituale, don Guido Todeschini. «Maso? Non lo sento da anni e non ci siamo lasciati bene, non riusciva a cambiare», commenta Don Mazzi, che gli fu vicino quando tentava di disintossicarsi dalla cocaina.
L’unica che si dice disponibile a creare un contatto è l’exmoglie Stefania, sposata in chiesa nel 2010. No, Pietro non vive più a Terni, dice lei senza fornire altri dettagli, ma gli comunicherà senz’altro la nostra proposta di intervista. Due giorni dopo, la risposta: «Mi spiace, ma Pietro non è interessato a parlare con la stampa», spiega Stefania. «Dopo tanti momenti difficili oggi sta bene, è un uomo umile che sta cercando di vivere tranquillo. E sì, sta lavorando». Una nuova vita, lontano dai suoi fantasmi. Chissà, potrebbe essere la volta buona.