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Caso Genovese Parla Daniele

«CHIEDEVO ADALBERTO DI SMETTERLA CON DROGA E SESSO ESTREMO », DICE DANIELE LEALI ,« MANO N MI HA ASCOLTATO ESI È COMPORTATO IN MODO INIMMAGINA­BILE ». E AGGIUNGE :« È GIUSTO CHE PAGHI, MACH I OGGI LO DENUNCIA NON SEMPRE È UNA VITTIMA»

- Di Giuseppe Fumagalli

Daniele Leali, amico e socio di Alberto Genovese, milionario della new economy finito in galera per aver drogato e stuprato per 24 ore una ragazza di 18 anni, sembra fatto di gomma. Più gli vai addosso e più ti rimbalza. È allenato. Da due mesi è sotto il tiro incrociato di chi lo indica come il gran cerimonier­e di Terrazza Sentimento, incaricato di allietare le feste nell’attico milanese del suo anfitrione, procurando­gli droga e ragazze su cui scatenare le sue perversion­i. O come un gran furbo che appena ha sentito aria di manette è fuggito a Bali, in Indonesia. Sono accuse pesanti e Leali le prende di petto. Va in tv, accetta l’uno contro tutti, si fa intervista­re, fa imbestiali­re uomini e, soprattutt­o, donne, ribatte colpo su colpo tutte le accuse e quando non può ribatterle, prova a schivarle. Accomodato su un divano accanto alla fidanzata Marilisa Loisi, in un loft che sembra uscito da una rivista d’arredament­o, consegna anche a Oggi la sua autoassolu­zione: «Ho la coscienza pulita», dice.

Alcune ragazze l’hanno vista girare porgendo piatti di droga. «Balle. La droga c’era, ma era di Alberto, era lui che se la procurava ed era lui a un certo punto della serata che lametteva a disposizio­ne di tutti».

Ne prendeva anche lei? «No».

Come no?

«Questo è un aspetto delicato e certe cose le dirò ai magistrati». È già stato interrogat­o dai magistrati?

«Al momento no. I giornali dicono che sono indagato. In realtà non ho ricevuto avvisi di garanzia e anche in tribunale non risulta nulla».

Se le suonano il campanello di casa a cosa pensa: un pacco di Amazon o i Carabinier­i?

«Ansie non ne ho. Vengano pure i Carabinier­i. So di essere a posto».

Era al corrente delle perversion­i di Genovese?

«So che amava il sesso estremo». È vero che inviava agli amici i video delle sue “imprese”?

«Di certo non li inviava a me. Una voltam’hamostrato un filmato sul suo cellulare. Uno schifo. Gli ho detto di fermarsi, mi veniva il voltastoma­co. Vuole che racconti?».

Sorvoliamo.

«Meglio. Anche perché a monte di tutto c’è la droga. Certe cose da sano non le puoi neanche concepire. Quando ti strafai di cocaina e alcol non ci sei più con la testa».

Non poteva dirgli di cambiare abitudini?

«Non so quante volte l’ho fatto. “Scusa fratello, hai ragione”, mi rispondeva. Ai primi di ottobre m’aveva avvicinato la madre. Mi chiese aiuto per suo figlio, non lo vedeva più presente. Allargai le braccia. “Se non riesce lei che è la mamma…”, risposi».

Ha letto gli atti con la ricostruzi­one dello stupro?

«Lettura orripilant­e. Al di là di ogni immaginazi­one».

Lei forse avrebbe potuto immaginare, non crede?

«Come potevo? La ragazza era finita in ospedale, la Procura aveva aperto un’inchiesta, la casa era sotto sequestro e abbiamo pensato che Alberto si fosse spinto un po’ troppo in là. Ma tutti, vittima compresa, abbiamo sco

LEGGO SUI GIORNALI CHE SONO INDAGATO, MA PER ORA NESSUNO MI HA VOLUTO SENTIRE

perto quel che era successo dopo che i Pm sono riusciti a vedere i filmati».

Prima dell’arresto di Alberto lei se n’è andato a Bali. Fuga? «No, un’altra leggenda. Sono partito per incontrare un italiano che sta a Shanghai, mio socio in un resort a Boracay, nelle Filippine. Volevamo aprire anche a Bali, ma visto il polverone, abbiamo deciso di lasciar perdere. In ogni caso non mi sembra d’aver avuto l’atteggiame­nto del fuggitivo. Ho risposto a chimi chiamava, ho fatto collegamen­ti tv e il 19 dicembre sono tornato. In frontiera mi hanno bloccato: “Abbiamo una notifica per lei”. Dopo due ore mi hanno detto che potevo andare perché non c’era nulla».

Dagli atti risulta che Alberto abbia cercato di cancellare i video. Nel mese intercorso tra la festa e l’arresto, non le diceva di essere preoccupat­o? «No e non lo dava nemmeno a vedere. Il giorno del suo arresto doveva fare un trapianto di capelli, poi voleva sparire dalla circolazio­ne per non farsi vedere con bende e cerotti sulla testa. Gli avevo proposto di venire con me e Marilisa a Bali. Ma lui preferiva Zanzibar. L’avevo accompagna­to in questura per rinnovare il passaporto e quel passaggio deve aver fatto pensare a un piano di fuga. Subito dopo è scattato l’arresto. Del resto, se davvero sono successe certe cose...».

Perché “se”? È tutto filmato, dubbi non ce ne sono.

«Il resoconto degli inquirenti è sconvolgen­te. Non condivido la ricostruzi­one dei media. Vogliono far passare la storia di Cappuccett­o Rosso finita tra le grinfie del lupo mannaro».

Non è così?

«Spero solo che i Pmvadano a vedere chi sono le vittime o presunte tali».

Presunte mica tanto. Il medico legale che ha visitato la ragazza seviziata da Genovese dice di non aver mai visto nulla di simile.

«Ribadisco il concetto. Alberto deve pagare. Però, se l’inchiesta non si ferma tra le quattro mura della stanza da letto e qualcuno ha voglia di guardarsi attorno ci sono tante cose interessan­ti da scoprire sulla vita milanese. Potrebbero essere utili a prevenire altre storie come questa».

Se è per questo l’inchiesta s’è già allargata e a denunciare Genovese si sono aggiunte altre cinque ragazze. «Appunto. Quando c’era da andare con Alberto su un jet o in un beach club a bere champagne andava bene, adesso è diventato un mostro. Fino a ieri condividev­ano le sue perversion­i, vivevano in casa sua, usavano la sua carta di credito e oggi, di colpo, si accorgono di aver subito violenza e di aver diritto a un risarcimen­to».

Vedremo... Secondo lei come può un uomo che dalla vita ha avuto tutto, finire bruciato in un fuoco fatuo di orge e droga?

«Materia per psicologi. La deriva è iniziata quattro anni fa quando ha smesso di lavorare. Voleva riscattare il suo passato, i 25 anni che lui diceva persi, segregato davanti a un computer. Voleva prendersi una rivincita, godersi la vita. Avvicinars­i alla droga e alle donne, avendo a disposizio­ne tanto tempo e danaro in quantità illimitata, è stato per lui letale».

Chi è per leiGenoves­e? Un socio o un amico?

«Tutti e due. Ci siamo conosciuti sei anni fa quando lui è entrato in società nel Tipic, il mio locale di Formentera. Sentivo una gran fiducia da parte sua, ma io lavoravo estate e inverno e non abbiamo mai avuto il tempo per frequentar­ci. Col Covid tutte le mie attività si sono fermate, abbiamo cominciato a vederci più spesso ed è nata un’amicizia».

Feste su feste.

«No facevamo anche progetti. Lui metteva soldi e idee, io le capacità managerial­i. Mi sentivo in un percorso importante. Dovevamo aprire una catena di locali in giro per il mondo, partire con un resort alle Baleari... si è fermato tutto. Sono a casa conMarilis­a, mia compagna da dodici anni. Non faccio niente e aspetto tempi migliori».

 ??  ?? DASEI ANNI ERANOSOCI INUNLOCALE A FORMENTERA Sopra Daniele Leali conAlberto­Genovese, 43. «Eravamo soci da sei anni», dice Leali, «ma col Covid i miei locali sono stati chiusi, ci siamo frequentat­i di più e siamo diventati amici».
DASEI ANNI ERANOSOCI INUNLOCALE A FORMENTERA Sopra Daniele Leali conAlberto­Genovese, 43. «Eravamo soci da sei anni», dice Leali, «ma col Covid i miei locali sono stati chiusi, ci siamo frequentat­i di più e siamo diventati amici».
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 ??  ?? SONO TORNATI A MILANO Milano. Daniele Leali, 39, con la fidanzata Marilisa Loisi, 34 anni, rientrati in Italia dopo un mese e mezzo a Bali.
SONO TORNATI A MILANO Milano. Daniele Leali, 39, con la fidanzata Marilisa Loisi, 34 anni, rientrati in Italia dopo un mese e mezzo a Bali.
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INSIEME DA DODICI ANNI Sopra, Daniele Leali e la compagna Marilisa, nel loft di Milano, dove convivono. Stanno insieme da dodici anni.

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